Hannibal 1×05 – Coquilles

Il quinto episodio della serie sembra farsi portatore di una confortante, implicita dichiarazione di forza da parte di Fuller.

I disturbi di Will, così profondamente legati all’uso/abuso che fa del proprio dono nei casi in cui è coinvolto, non fanno che peggiorare, tanto che il nostro inizia un’intensa attività sonnambolica capace di trascinarlo nottetempo a chilometri di distanza da casa. E mentre il dott. Lecter prova a insinuare nella sua mente il dubbio che questo nuovo sintomo possa essere in qualche modo correlato al suo rapporto umano e professionale con Jack Crawford (Laurence Fishbourne), un nuovo, spaventoso assassino batte le strade americane. Un uomo capace di trasformare i corpi delle proprie vittime in angeliche sculture di carne dalle oscure finalità…

Quasi arrivati al fatidico giro di boa, il quinto episodio della serie, Coquilles, sembra farsi portatore di una confortante, implicita dichiarazione di forza da parte di Fuller e compagnia scrivente: nessuna vena creativa è esaurita, le frecce al nostro arco sono ancora molte e, soprattutto, molte ancora sono da scoccare.

Momentaneamente rallentato lo sviluppo del rapporto Will/Hannibal, vero cuore narrativo di tutta la serie, i nostri decidono di concentrarsi chissà quanto episodicamente su un co-protagonista che fino a questo momento sembrava effettivamente un po’ lasciato da parte e poco sfruttato rispetto alle proprie potenzialità, un elemento capace di spostare, anche se in minima parte, l’ago della bilancia nel sempre più saldo e sibillino binomio Graham/Lecter. Jack Crawford è, alla pari della dottoressa Alana Bloom, il character più sacrificato in questa prima metà di stagione, schiacciato in un angolo dalla prepotenza narrativa dei protagonisti: ora, complice l’arrivo in scena della moglie Bella (Gina Torres, moglie anche nella vita reale di Laurence Fishbourne/Jack Crawford) e del loro dramma famigliare, viene data l’occasione all’imbolsito capo del boreau di lasciare il segno non solo in termini di minutaggio, ma anche e soprattutto in termini di equilibri narrativi: sono infatti lui e la sua tragedia, nelle battute conclusive dell’episodio, a mettere sul piatto un ulteriore, inedita faccia del diamante-Will Graham, quella dell’uomo anche capace di una semplice empatia solidale tra esseri umani, sganciata da necessità professionali e sensi di colpa per le conseguenze estreme delle proprie azioni.

Un Will Graham mai così combattuto tra dovere e sopravvivenza che, parallelamente, forse inizia a sospettare che qualcos’altro si nasconda dietro al puro dovere professionale nelle attenzioni di un Lecter mai così sensorialmente predatorio e animale, di cui viene finalmente rivelata la celeberrima e anormale capacità olfattiva.  E’ al solito eccezionale l’impatto scenografico dell’ennesima coreografia gore del team agli effetti, che vede le vittime di turno trasformate in creature angeliche dal folle di turno con il solo ausilio di filo da pesca, ami e delle loro stessa muscolatura dorsale, ennesimi freaks al servizio di una metafora che, pur non aggiungendo, come ci si sarebbe invece augurato, granché di sostanziale alla trama orizzontale, si presta perfettamente al parallelo con la componente episodica della puntata. Una regola, quella delle componente episodica sempre più slegata dal plot principale, che forse avremmo preferito non veder prendere così piede, ma che a conti fatti al momento non inficia la qualità generale della serie, sempre piuttosto elevata.

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