“Sentinel” (1977) di Michael Winner: un horror demoniaco che fa davvero paura
Il grande regista Michael Winner (inglese ma attivo soprattutto negli USA), scomparso il 21 gennaio scorso, è diventato famoso per i suoi action-movie e polizieschi (Il giustiziere della notte 1/2/3, Professione assassino, Scorpio, L’assassino di pietra). Non tutti, purtroppo, ricordano la sua straordinaria incursione nell’horror con Sentinel (1977). Grande produzione con parata di star hollywoodiane, si colloca nel filone demoniaco, aprendo però una strada alternativa al modello dell’Esorcista (1975) di William Friedkin, unendo suggestioni del suddetto film con altre del Presagio (1976) di Richard Donner e di Rosemary’s Baby (1968) di Roman Polanski.
Sentinel, un horror che fa veramente paura, unisce infatti, con la maestria dei grandi autori, vari temi: la casa infestata, la porta dell’inferno, la predestinazione, la possessione diabolica, il tutto condito da una forte dose di mistero e suspense. Cristina Raines interpreta Alison Parker, una fotomodella di New York, che decide di trasferirsi in una grande casa con vista su Manhattan. La ragazza nasconde però un passato difficile, avendo tentato due volte il suicidio: una prima volta dopo aver scoperto il padre a letto con due prostitute, e una seconda dopo la morte della moglie del suo attuale fidanzato Michael (Chris Sarandon). La nuova e misteriosa casa risulta abitata solo all’ultimo piano da Padre Halliran (John Carradine), un inquietante prete cieco che sta sempre alla finestra. Alison incontra però dei vicini alquanto strani (un vecchietto che parla con gli animali, due lesbiche, alcuni anziani signori dall’aria misteriosa) ed è perseguitata da rumori e visioni (una notte incontra addirittura gli “zombi” del padre defunto e delle sue due amanti). La sua mente inizia a vacillare, e comincia a soffrire di strani malesseri e svenimenti. Intanto, nell’ombra, è seguita da Monsignor Franchini (Arthur Kennedy), che nel prologo abbiamo visto riunirsi in Italia con alcuni cardinali per fronteggiare un’oscura minaccia.
Degno di nota è, innanzitutto, il cast, tutto americano. La bella e brava Cristina Raines (Nashville, I duellanti) e Chris Sarandon (Quel pomeriggio di un giorno da cani, Osterman Weekend, Ammazzavampiri, La bambola assassina) preludono a un cast di stelle che non necessitano di presentazioni. Oltre ai già menzionati Arthur Kennedy e John Carradine, anche Eli Wallach, Christopher Walken (i due detective della polizia), Martin Balsam (il professor Ruzinsky, esperto di latino), José Ferrer (il cardinale), Ava Gardner (Miss Logan, l’agente immobiliare), Burgess Meredith (Charles Chazen, il vicino che parla con gli animali).
Ma non è solo il cast a rendere grande questo film, sicuramente uno dei migliori horror di sempre: Sentinel è un film dove tutto funziona alla perfezione, tanto da far sobbalzare lo spettatore sulla sedia più di una volta, uno di quei film di paura di cui si sente la mancanza nella produzione di oggi. Il prologo ambientato in Italia, in cui viene svelata la minaccia del male, ricorda un po’ quanto succede a Max Von Sydow all’inizio dell’Esorcista, ma assume una connotazione ulteriore: qui troviamo infatti un gruppo di alti prelati che si riuniscono di nascosto, quasi come una congregazione segreta, per parlare di un pericolo incombente, che Monsignor Franchini si assume il compito di combattere. E una “setta”, anche se operante a fin di bene, risulta sempre inquietante.
Ma questo è solo il preludio all’atmosfera arcana e spaventosa che si respira per tutto il film, raggiungendo lo zenith in alcune sequenze. Sentinel gioca molto sull’enigma che si svela man mano allo spettatore come in un puzzle, e sull’alternanza fra il “visto” e il “non visto”, cioè sull’alternanza fra l’angoscia prodotta da un mistero invisibile e l’orrore che periodicamente si manifesta. La scena più paurosa del film è senza dubbio l’apparizione del “padre-zombi”: una figura spettrale che esce dall’ombra (prima di Michael Myers in Halloween) e si mostra alla protagonista in tutto il suo orrore, emaciato e minaccioso (ottimo il make-up), venendo pugnalato dalla donna con grandi fiotti di sangue (ottimi anche gli effetti speciali). Un’altra sequenza che rimane impressa è l’improvvisa apparizione di Padre Harrigan in primo piano, col pallido volto magrissimo e gli occhi bianchi. Altre situazioni, pur non essendo di per sé orrorifiche, risultano però fortemente perturbanti (come tutto il film, del resto), per via del cosiddetto “perturbante freudiano”, cioè quella paura che risulta tanto più forte nella misura in cui riguarda situazioni solitamente comuni e rassicuranti (come la casa e la famiglia): penso, per esempio, alle figure dei misteriosi vicini, che ricordano un po’ le atmosfere surreali de L’inquilino del terzo piano (1976) di Polanski; oppure al momento in cui la Raines inizia a leggere alcune frasi in latino su un libro che invece, agli occhi di Sarandon, appare scritto in inglese. Tutto nel film fa paura, a cominciare dal tetro edificio e dalla figura stessa del prete cieco che “guarda” il nulla alla finestra, proseguendo coi rumori sinistri che si sentono la notte e con gli incubi (virati in bluette) della donna riguardanti i suoi vicini e il suo fidanzato.
Una menzione a parte merita poi tutta la lunga sequenza finale, un vero e proprio distillato di cinema horror. Le porte dell’inferno celate nella casa si stanno spalancando, e l’edificio si tramuta in una sorta di inferno dantesco dove arrivano non solo i malefici vicini (che sono in realtà alcune anime dannate), ma anche una serie di freaks e creature mostruose: uomini e donne deformi, visi deturpati, esseri striscianti che avanzano verso la terrorizzata protagonista.
A completare il tutto, contribuiscono le ottime musiche di Gil Melle: suoni “pesanti” e melodie ancestrali per far sentire allo spettatore tutto il peso dell’atmosfera maligna che permea il film.
httpv://www.youtube.com/watch?v=YMIssiMkt04
About Davide Comotti
Davide Comotti. Bergamasco, classe 1985, dimostra interesse per il cinema fin da piccolo. Nel 2004, si iscrive al corso di laurea in Scienze Umanistiche dell’Università degli Studi di Bergamo (laurea che conseguirà nel 2008): durante gli studi universitari, ha modo di approfondire la sua passione tramite esami di storia, critica e tecniche del cinema e laboratori di critica e regia cinematografica.
Diventa cultore sia del cinema d’autore (Antonioni, Visconti, Damiani, Herzog), sia soprattutto del cinema di genere italiano (Fulci, Corbucci, Di Leo, Lenzi, Sollima, solo per citare i principali) e del cinema indipendente di Roger A. Fratter.
Appassionato e studioso di film horror, thriller, polizieschi e western (soprattutto italiani), si occupa inoltre dell’analisi di film rari e di problemi legati alla tradizione e alle differenti versioni di tali film.
Nel 2010, ha collaborato alla nona edizione del Festival Internazionale del Cinema d’Arte di Bergamo.
Scrive su "La Rivista Eterea" (larivistaeterea.wordpress.com), ciaocinema.it, lascatoladelleidee.it. Ha curato la rubrica cinematografica della rivista Bergamo Up e del sito di Bergamo Magazine. Ha scritto inoltre alcuni articoli sui siti sognihorror.com e nocturno.it.
Ha scritto due libri: Un regista amico dei filmakers. Il cinema e le donne di Roger A. Fratter (edizioni Il Foglio Letterario) e, insieme a Vittorio Salerno, Professione regista e scrittore (edizioni BookSprint).
Contatto: davidecomotti85@gmail.com
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