Dopo la recente uscita del controverso Lords of Salem vale la pena tirare un bilancio sui primi dieci anni da director del rocker del Massachussets.
Le aspettative per l’uscita di Lords of Salem erano altissime per milioni di horrormaniaci in tutto il mondo come testimonianza del fortissimo appeal di Rob Zombie sugli appassionati del genere. Tralasciando un commento approfondito sull’ultima fatica di Zombie (a tal proposito vi rimando alla lettura della nostra recensione) non si può celare un certo senso di smarrimento quasi infantile per una delusione, o meglio per una non piena comprensione, di un film con pecche formali evidenti che danza sibillino lungo il confine fra maturità autoriale e manierismo d’ accatto. Sembrano lontanissimi i tempi de La Casa Dei Mille Corpi (2002) e il sentiero artistico del nostro barbuto cineasta appare acclive, faticoso, una salita verso nuovi territori del linguaggio cinematografico che non è sinonimo immediato di qualità evolutiva. Verrebbe da credere che Rob Zombie (all’anagrafe Robert Cummings) si sia un po’ perso per strada alla ricerca di se stesso, ostinandosi nel brevetto di uno stile inimitabile, accanimento che comporta come ovvia conseguenza innaturalità a profusione, una deviazione artistica in laboratorio, un modus operandi denso di retrogusto corposo e asfittico, lontano, troppo lontano, dalla freschezza fracassona e irresistibile dei primi due film.
Eppure dopo La Casa del Diavolo (2005) e fino al primo tempo di Halloween: The Beginning (2007) Rob Zombie pareva aver sottoscritto un accollo con tutti gli appassionati del genere in quanto testimone e depositario di un Cinema fresco, aggressivo, cattivo, maleducato, spassoso intorno a cui riflettere il giusto,attribuendo significati e allegorie ben dosate, senza privarsi in sostanza del dolce gusto spensierato dell’entertainment nudo e crudo.
L’adito della narrazione dalle acescenti gesta della famiglia Firefly fino al revisionismo del delirio omicida di Michael Myers sembra essere con acribia il punto di rottura, come se Zombie si fosse ubriacato di dosi eccessive di albagia nel tentativo di rinverdire la somma opera carpenteriana, fino a scadere nell’acedia e nel cattivo gusto con il secondo episodio di Halloween, a ora peggiore capitolo fra i suoi credits.
Con Salem ci si aspettava la “remuntada”, il ritorno alle origini o quantomeno il ritorno al cool style di Captain Spaulding e soci. Invece Zombie spiazza tutti e modifica sostanzialmente la sua cifra stilistica regalandoci Cinema a rilascio prolungato, un film a digestione lenta che lascia strascichi emotivi, immagini che ti porti a casa e che fanno incazzare per quanto non diano risposte esaurienti, per come non soddisfino pienamente.
Come spiegare l’ambage stilistica? C’è il rischio di avventurarsi in discorsi anodini perché la verità è che Rob Zombi si rifarà. Lords of Salem era già in partenza un progetto ambizioso così come lo era Halloween e la precedente apologia di contorno ai primi due film è stata un tantino eccessiva da parte di molti. Viene da dire che probabilmente Rob Zombi è bravo ma non è un fenomeno e che la pressione eccessiva da parte di fan e addetti ai lavori potrebbe averlo condizionato. Un’altra chiave di lettura sta nella maggiore libertà nel trattare i personaggi dei primi due film in antitesi alle cornici formali di Halloween e Salem, asserzione ancor più apodittica e giustificata dall’ottimo primo tempo di Halloween: The beginning dove Zombi lavora di fantasia nel raccontarci la deriva psichiatrica infantile di Myers.
Nonostante i dubbi sollevati dalla visione di Salem (che comunque è piaciuto a moltissimi fan in rete) l’affetto e la stima per il fortunato maritino di Sheri Moon appaiono immutate e sembra lontanissima l’apostasia del credo zombiano. C’è da scommettere che rivedremo ancora le sale piene e giovani (e non) inneggiare sulle note di Dragula all’antesignano (nel bene e nel male) della nuova scena horror a stelle e strisce.
About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.