Insieme agli amici più cari, al fratello che non vede da tempo e alla ragazza di quest’ultimo, Mia (Jane Levy) si ritira nel cottage di famiglia con lo scopo di venir fuori una volta per tutte dai problemi di droga che da tempo la attanagliano. Costretti all’isolamento più totale, i nostri fanno i conti con le violente crisi d’astinenza di Mia e le inevitabili tensioni interpersonali che la situazione comporta.
L’ipersensibilità della ragazza spinge gli amici ad addentrarsi nel cuore della vecchia cantina della casa, dove scoprono i i macabri resti di un incomprensibile rituale esoterico apparentemente legato alla presenza di un misterioso libro. Determinato a studiare il minaccioso volume, Eric (Lou T. Pucci) finirà per formularne ad alta voce alcuni passaggi ed evocare le spaventose forze lì dentro custodite: forze capaci di possedere uno dopo l’altro i ragazzi e – forse – di eliminarli senza pietà uno dopo l’altro.
Nei lunghi mesi di febbrile avvicinamento a una pellicola che finirà inevitabilmente per segnare – quantomeno – l’intero 2013, la misteriosa figura di Fede Alvarez è andata delineandosi ben oltre i confini professionali ed effettivi del suo essere regista e giovane uomo di cinema, radiografata e analizzata da fans del cult di Raimi come solo iper-protettivi e gelosissimi padri di famiglia potrebbero fare nei confronti di qualcuno avvicinatosi in maniera del tutto illegittima a quanto di più prezioso in loro possesso. Non fosse stato per il fondamentale paravento mediatico e produttivo dello stesso Raimi, la figura del trentatreenne di Montevideo sarebbe stata facilmente e preventivamente fatta a pezzi alla stregua di un ignaro – o coraggioso, o arrogante, fate voi – pivello che si avvicini senza il dovuto rispetto a qualcosa di decisamente più grosso di lui, per finirne inevitabilmente e meritatamente schiacciato. Se, in una dinamica solo apparentemente analoga, nell’approcciare a un altro mostro sacro come Halloween Rob Zombie ebbe come garanzia da gettare sul banco una certa famiglia Firefly, il nostro, tolti un paio di corti e il gioiello di CGI Ataque de Pànico!, non ha avuto nulla in fondina in grado di spaventare gli aggressori. Ma il cordone di sicurezza e fiducia costruitogli attorno dalla premiata ditta di produttori Raimi&Campbell&Tapert gli ha permesso di lavorare con la giusta tranquillità, studiare e testare alchimie, soluzioni, innesti e idee per venire a capo di una sfida che avrebbe fatto tremare le gambe a colleghi ben più scafati ed esperti.
E se siamo d’accordo che la prima, irrazionale risposta alla paura è uno slancio alla conservazione, allora Fede Alvarez è senza ombra di dubbio un regista coraggioso. Perché al netto di tutto ciò che può essere stato predetto a fronte dell’uscita della pellicola, la prima cosa di cui si rende contro trovandosela davanti è che in Evil Dead c’è un’evidente e assolutamente determinata idea di cinema horror. Nessun mestiere, calcolo, concertazione o manovra conservativa: coraggio e cognizione di causa, piuttosto. Cosciente che alle attuali condizioni in alcun modo sarebbe stato possibile – né avrebbe avuto senso – cercare di riproporre l’esperienza storica e filmica del primo Evil Dead semplicemente aggiornandola, Alvarez, coadiuvato dal fido sceneggiatore Rodo Sayagues, è andato dritto per la sua strada, mantenendo dell’originale una manciata di idee e iconicità e rielaborandone altrettante secondo un gusto personale della cui formazione Raimi ne è comunque ed evidentemente co-responsabile. Innanzitutto perché Evil Dead 2013 è una pellicola che si prende dannatamente sul serio, che, pur mantenendo un certo, analogo gusto per l’eccesso visuale fumettistico poco o nulla concede alla debordante comicità slapstick dell’originale, impegnata com’è a cercare di non affogare nelle centinaia di litri di sangue e vomito che sono stati riversati sul set, secondo un gusto decisamente più gore che splatter capace di non perdere mai un saldo collegamento all’impianto narrativo e deragliare lungo i pericolosi crinali della violenza gratuita stile torture-porn.
Alvarez maltratta a turno i suoi protagonisti oltre ogni immaginazione: soprattutto Eric, il disgraziato responsabile dell’evocazione cui ne succedono di tutti i colori, tanto che ad un certo punto una sottilissima vena tragicomica sembra investirne le disgrazie, quasi a voler stemperare parzialmente la tempesta di violenza in atto e strizzare l’occhio al modello di riferimento. Tutt’altro che dimentico dell’importanza degli oggetti nell’immaginario de La Casa, Alvarez tempesta la sceneggiatura di oggetti iconici su cui far cadere sistematicamente l’occhio e attorno ai quali fissare l’ingombrante bagaglio di violenza della pellicola: che si tratti di un coltello elettrico, una sparachiodi, una siringa, un fucile o l’irrinunciabile motosega, la furia delle entità si scatena sulle vittima attraverso l’uso di specifici oggetti tutt’altro che casuali, così come è profondamente identitaria e ricercata la scelta di non ricorrere quasi per nulla alla CGI, preferendogli in tutti momenti clou soluzioni old school, che si tratti di eccezionalmente efficace trucco prostetico o la vecchia, cara stop motion come nella scena dell’inseminazione di Mia, perfetto esempio di come il ricorso a soluzioni tecnicamente superate non debba necessariamente essere rubricato alla voce revival.
L’idea forte e di rottura di Alvarez e Sayagues è quella di obbligare la pellicola a un iniziale, forte bagno di realtà e dramma – l’ennesimo tentativo di detox di Maya come spunto narrativo – e di avvicinarla senza fretta alcuna al delirio di irrealtà che investirà il gruppo di giovani, seguendo uno schema tutt’altro che rigido e prevedibile; quella che colpisce i ragazzi più che i tempi dell’escalation ha quelli dell’esplosione: orizzontale, deflagrante, improvvisa e onnicomprensiva. Consci dell’assoluta impossibilità di far raccogliere l’eredità di Bruce Campbell/Ash a chicchessia, i nostri decidono molto saggiamente di suddividere la responsabilità tra i due protagonisti, i fratelli Mia e David (Shiloh Fernandez), la cui alternanza al centro della ribalta arriva a chiudere un efficace balletto dell’intero gruppo lungo una geografia interna della casa che non tralascerà nessuna stanza e possibile soluzione, pur dando l’ovvia prevalenza alla dicotomia salone/cantina, dove una Mia posseduta e imprigionata dagli amici passerà buona parte della pellicola. Un uso certosino della geografia della casa che da diverso fiato a una sceneggiatura che, tolto il pretesto iniziale, non aggiunge nulla di davvero innovativo alla ricetta, asservita com’è all’idea squisitamente visuale del cinema di Alvarez, tanto che nell’ultimo terzo di proiezione arriverà a proporre sì qualcosa di decisamente nuovo, ma solo per dare il la e lasciare campo libero alla chirurgica, brutale visionarietà horror del regista nella momento più potente e immaginifico di tutto il film. Trentadue anni cinematografici di distanza sono un’infinità e forse l’eta giusta per maturare l’idea di un remake, ma decisamente troppi per pretendere che il nuovo progetto mantenga un filo ovvio e direttissimo con il modello di riferimento, quasi potesse esserne figlio diretto: Alvarez è riuscito nell’intento tutt’altro che scontato di affermare una propria, moderna specificità autoriale pur lasciando intuire forti vincoli di parentela con il capolavoro di Raimi, inevitabilmente passati attraverso tre decenni di cinema del terrore. Era forse lecito pretendere di più?
httpvh://www.youtube.com/watch?v=oE3s4rE50vk
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.
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set 20, 2013Posted By
Liviofilm ovviamente non accostabile alle opere inestimabili di Sam Raimi, però è di certo un prodotto superiore rispetto ai film horror usciti di recente… finale discutibile….
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ott 03, 2013Posted By
LendFilm secondo me carino, si nota il volere di Alvarez di fare un film che si regesse su se stesso e non il classico remake… Aspetterò il secondo, che ora è quasi certo che si faccia. Speriamo non rovini il lavoro fatto finora…