The Barrens

Il diavolo del Jersey è solo una leggenda metropolitana o abita veramente le foreste dei Barrens? A scoprirlo una famiglia in campeggio guidata da Richard, padre a dir poco problematico, nel nuovo film di Darren Lynn Bousman

Richard, la moglie Cynthia e i figli si mettono in viaggio per un weekend di campeggio nelle foreste dei Barrens del sud del New Jersey: un cervo moribondo con le interiora all’aria sarà solo l’inizio della loro avventura in quei boschi dove la leggenda vuole vi abiti il diavolo del Jersey. Darren Lynn Bousman, dopo il deludente 11-11-11, torna straight to video con un film prodotto e interpretato dal “vampiro” Stephen Moyer, girato in appena venti giorni e che cerca di mescolare a tratti in modo infelice thriller psicologico e survival horror di “blairwitchiana” memoria. Prendendo spunto da una vera leggenda locale – molti sostengono di aver avvistato nei boschi questa mostruosa creatura – si cerca di mantenere l’interesse dello spettatore tra sbudellamenti di animali, campeggiatori misteriosamente scomparsi e un padre di famiglia non troppo in forma. Moyer infatti interpreta – anche discretamente bene- Richard intenzionato a disperdere le ceneri del padre nei boschi dei Barrens in cui andava da piccolo e che, in cerca della quiete, si dimostrerà stranamente nervoso e preoccupato per una misteriosa ferita al braccio: a tutto ciò vanno aggiunte le preoccupanti allucinazioni che hanno per protagonista il leggendario diavolo del Jersey.

Per tutta la durata del film, tra altalenanti momenti di tensione e lunghe camminate nei boschi, si dubiterà sulla reale causa dei fatti che stanno accadendo: è Richard definitivamente impazzito oppure quel diavolo dalle ali di pipistrello e dalla testa di cavallo esiste davvero? Come dicevo la tensione latita, ci si perde da subito nei classici stereotipi del genere; la figlia adolescente che non sopporta la nuova moglie del padre (una convincente Allie McDonald), i rapporti forzati tra i membri della famiglia, il bisogno di staccare anche forzatamente dalla routine, la follia collegata all’isolamento, i racconti del terrore intorno al falò e l’ambientazione tipica completa anche di feticci appesi agli alberi che fanno sempre tanto horror. La struttura narrativa, per quanto persa in questi luoghi comuni, porta lo spettatore a dubitare di qualsiasi cosa fino al finale ad effetto, la parte migliore del film forse un po’ sbrigativa ma sicuramente a effetto.

Per quanto riguarda poi i momenti più gore, siamo in presenza del minimo indispensabile dovuto al budget limitato e forse perché si preferisce giocare con l’aspetto psicologico della faccenda: Shining è solo un vago riferimento e Moyer, padre pericolosamente affezionato alla sua famiglia, è lontano anni luce da Nicholson, ma nel suo piccolo se la cava. Tutto sommato quindi un film che si lascia guardare, gioca e si prende gioco anche dello spettatore più attento, penalizzato da una messa in scena forse troppo televisiva (i titoli di testa fanno pensare alla sigla di una tipica serie tv) e una sceneggiatura banalotta che annaspa tra momenti di noia e situazioni già viste altre volte, ma che cerca di riscattarsi con un finale se non altro buono. L’unica nota forse veramente positiva è che oltre a Bigfoot, l’uomo falena, Boogeyman, Lochness, Troll e quant’altro anche il Diavolo del Jersey ha trovato un posto nell’immaginario cinematografico.

Altri articoli: