Alla Triennale di Milano, la mostra “Dracula e il mito dei Vampiri“, breve, mediocre e deludente, tradisce non solo la promessa allettante che il titolo in sé lascia intendere, ma anche le (legittime) aspettative del target di riferimento a cui si dovrebbe rivolgere.
Sul personaggio di Dracula e, ancor più in generale, sul mito del vampiro nella storia e nella cultura italiana e straniera si sarebbe davvero potuto realizzare una mostra dai contenuti affascinanti e densissimi, una rassegna lunga e interessante. La mostra organizzata alla Triennale di Milano, invece, lascia davvero insoddisfatti, nella sua pochezza qualitativa e quantitativa.
La prima sezione dovrebbe avere lo scopo di introdurre il personaggio di Dracula, tessendo una cornice storica attorno al mito. E così, vengono mostrati alcuni ritratti di Vlad Tepes III, principe di Valacchia (tra cui, quello più antico e celebre di un anonimo tedesco), nonché alcuni oggetti ottenuti in prestito dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Ci si rende conto, tuttavia, piuttosto in fretta, di come già questo primo excursus storico abbia evidenti limiti contenutistici: su tele nere, attaccate alle pareti sono indicate alcune informazioni piuttosto generiche sul periodo storico rilevante e sulle pratiche di impalamento; un turbante turco, libri, un piatto di cuoio e arco e frecce dell’Impero ottomano, tutti accuratamente racchiusi in pompose teche di vetro, fanno poi da contorno al Nulla, e generano il sospetto che i curatori abbiano voluto solo riempire la sala di oggetti antichi, al fine di dare un qualche spessore alla mostra, di per sé scarna. Il pezzo forte di questa sezione dovrebbe essere la prima edizione del romanzo “Dracula” di Stoker, racchiuso anch’esso in una teca e di interesse tutto sommato davvero limitato.
Nella seconda sala troviamo alcune casse gigantesche. In una di esse, si cerca di ricostruire quale sia il “Design del vampiro”, ovvero come il vampiro arrederebbe il proprio antro (sic!). L’installazione, realizzata dall’architetto Italo Rota, mostra, tra le altre cose, un tavolo sul quale vi è un set di cazzuole, che un breve filmato dello stesso architetto ci indica rappresentare la natura di Dracula quale “collezionista e fondatore di città”. Ci asteniamo, per il momento, da qualsiasi commento sull’opera in questione e ci limitiamo a ricordare il titolo della mostra, che è “Dracula e il mito dei vampiri”.
Un ruolo centrale è affidato al Cinema e al Dracula di Francis Ford Coppola in particolare (i primi minuti di questo film, infatti, sono riprodotti proprio all’inizio della mostra). In un sala buia, tre schermi proiettano a nastro alcuni spezzoni di film a tema vampiresco, per lo più tratti da pellicole quali Nosferatu, Twilight, il Dracula di Coppola, quello di Tod Browning e poco altro (durata del ciclo di proiezione, circa 7 minuti).
Si prosegue nella mostra e in un’altra sala troviamo la riproduzione dell’armatura rossa che Dracula indossa all’inizio del film di Coppola (realizzata, nel film originale, dalla costumista giapponese Ishioka Eiko, recentemente scomparsa). In un breve filmato, di una decina di minuti, la Eiko spiega le difficoltà di realizzazione di tale costume. Ricordiamo ancora che il tema della mostra è: “Dracula e il mito dei vampiri”.
Totalmente privo di senso, poi, è il passaggio dal tema di Dracula (e del mito del vampiro) alla “donna vamp”. Vengono esibiti, sulla base di questo singolare passaggio logico, alcuni abiti dagli spettacoli teatrali della Turandot, dell’Aida e del Flauto Magico di Mozart, dell’Edipo Re, e persino un burqa (nell’ottica di una “vampirizzazione” della donna moderna…). Termina questa sezione, un set di foto dalle passerelle di moda e dalle collezioni di alcune celebri maison che si sarebbero ispirate, per le loro creazioni, al look dei vampiri. Ancora: ripetiamo, per favore, tutti insieme il titolo della mostra: “Dracula e il mito dei vampiri”. Infine, chiudono l’esibizione, appese in un angusto cubicolo 4×4 “VM18”, alcune tavole di Crepax a tema.
L’impressione complessiva è di una mostra assai raffazzonata, priva di criterio e realizzata con molta fretta e senza cura, piena di spunti che, nella loro originalità, tradiscono molto e si allontanano drasticamente dal tema di indagine che la mostra proponeva di approfondire nel suo titolo. Diciamolo chiaramente: cosa importa a chi voglia saperne di più del mito del vampiro, di vedere come sarebbe arredato il suo antro? Cosa importa e quale attinenza hanno le sfilate di moda dell’ “Uomo Vogue” di Gucci, Prada e compagnia? Come arricchiscono il visitatore rispetto al tema di ricerca oggetto della mostra, i vestiti presi in prestito dall’Aida o dal Flauto Magico? I piatti di cuoio turchi? E non è certo un filmato fatto di pochi minuti di collage di pezzi di film in bianco e nero, che può salvare una mostra così ingiustificatamente deludente.
Il sapore amaro che si sente in bocca, ahimè, non è sangue, ma quello di un’operazione smaccatamente commerciale: sito e pagina facebook dedicata, manifesti, interviste sul web, filmati, lo slogan natalizio che recita: “Per un Natale da brivido, Dracula ti aspetta in Triennale” e così via (per poi assistere a un’assoluta desolazione al bookshop). Un’operazione che vuole sfruttare l’onda di recente ritorno del mito del vampiro, senza alcun successo e che, anzi, danneggia soltanto (nella sua assenza di contenuti) ciò che aveva il compito e il proposito di approfondire. Stupisce, anzi, che non abbiano inserito, debitamente protetto da una teca, anche un vocabolario Zanichelli del 1992, nella mostra. D’altronde, è vecchio, ha la stessa data del film di Coppola e c’è la parola “vampiro” all’interno.
La mostra è aperta fino al 24 marzo prossimo e sono disponibili visite guidate. Il biglietto, a tariffa piena, costa 8 Euro. Affrettatevi e accorrete numerosi. Ah, alla Triennale, ci sono anche altre mostre.
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