Ieri notte, a Roma, è deceduto Paolo De Crescenzo, il creatore del marchio editoriale Gargoyle Books.
Malato da molto tempo, Paolo si era ritirato cedendo la casa editrice che aveva fondato, per proseguire la sua lotta contro la malattia. Purtroppo, questa notte, il cancro contro cui combatteva da anni l’ha spuntata e se l’è portato via, lasciandoci un vuoto enorme e tanti, tantissimi ricordi…
E se sono solo i ricordi quello che resta di noi dopo che ce ne siamo andati, condividerli è come far rivivere una piccola parte della persona che non c’è più. Quindi invece di tessere le lodi dell’uomo che era e non è più, vorrei condividere con voi qualcuno di questi ricordi, come se parlassimo tra amici, anche se – ammetto – in questo momento preferirei tenere la bocca chiusa ed elaborare il lutto in silenzio. Glielo devo. Lo devo a Paolo e, conoscendolo, se avessi solo accennato a fare il melodrammatico, mi avrebbe carbonizzato con una delle sue battutacce da romano verace. E quando faceva battutacce era cattivissimo. Quindi adesso proverò a essere il più lieve possibile mentre vi spiego perché mi mancherà tantissimo quest’uomo dal volto rassicurante e sornione e perché credo sia una grave perdita per tutto l’ambiente horror italiano.
Conobbi Paolo quando curavo Horror Mania, la rivista che andava in edicola. Mi scrisse una mail annunciandomi la prossima nascita della sua casa editrice e proponendomi un’anteprima del suo programma editoriale. Ne fui entusiasta, così ci accordammo di incontrarci a Milano per intervistare il suo primo autore, Joe Nassise (l’allora presidente della Horror Writer Associations) che aveva invitato in Italia per un tour promozionale. Gli dissi che era o un pazzo o un eroe perché stava facendo quello che nessuno aveva mai osato fare prima di allora (una casa editrice che pubblicasse solo dvd e libri horror non si era mai vista in Italia), ma ci trovammo subito in sintonia.
Era un pazzo circondato da altri pazzi, evidentemente.
Da quel giorno consolidammo un rapporto di amicizia e collaborazione che durò per anni. Ci sentivamo spesso al telefono e aveva sempre la cortesia di chiedermi cosa ne pensassi di alcuni progetti che desiderava sviluppare. Non che avesse bisogno della mia benedizione, ma c’era questa specie di tacito accordo che quando uno dei due faceva una stronzata, l’altro poteva dirglielo chiaro e tondo. Io, ad esempio, gli continuavo a ripetere che faceva libri troppo belli, con una carta e una rilegatura che nemmeno i grandi editori si permettevano, e lui insisteva col dire che i suoi erano oggetti da collezione, che dovevano essere belli e durevoli. Non sono mai riuscito a convincerlo a usare una carta meno costosa per i suoi libri, e alla fine forse è stato meglio così.
Paolo amava quello che faceva. Tantissimo. Ci metteva una passione sconfinata. Aveva una conoscenza enciclopedica del genere, e aveva un palato finissimo. Amava tutto il genere, ma sapeva distinguere l’oro dalla tolla. Era spietato con le schifezze così come si esaltava per i romanzi di valore. Quando chiuse il contratto per Robert McCammon, al telefono era raggiante. Mi chiese di scrivere la prefazione per Hanno Sete e accettai al volo. Si offrì pure di pagarmela, il che – capite bene – parlando di editoria italiana era un autentico evento! Visto che non ero abituato a ricevere compensi, dissi che gliela avrei scritta gratis.
Ricordo ancora le parole che mi scrisse dopo averla letta.
Parole che terrò per me. Scusate.
A un certo punto ci mettemmo anche in testa di fare un film insieme. Due pazzi veri. Paolo aveva un passato nel cinema (aveva collaborato con Cecchi Gori) e mi chiese di pensare a una pellicola low budget da distribuire direttamente in DVD. Fu un periodo pazzesco: scrissi una sceneggiatura a tempo di record, sceneggiatura delirante che ricordava vagamente un film che sarebbe uscito due anni dopo e che forse conoscerete (Zombie Strippers), e che ci garantì alcuni importanti appoggi. Con un amico regista, Mariano Equizzi, mettemmo in piedi la produzione e avevamo già praticamente tutto pronto, ma il progetto si gonfiò a dismisura (ve l’ho detto che eravamo dei pazzi) e si arenò a causa della mancanza dei fondi sufficienti. Ma fu un’avventura che ricordo con piacere, anche se per quasi un anno avrò dormito si e no quattro ore scarse per notte…
Purtroppo, il ricordo più bello che serbo della nostra collaborazione coincide anche con un momento buio per la sua salute. Era da tempo che Paolo mi chiedeva di ricavare un romanzo dalla storia che avevo iniziato a pubblicare su Horror Mania, il Diacono e nel 2009 decidemmo di partire col progetto. Purtroppo, a mano a mano che avanzava il progetto, la sua salute peggiorava. Ci sentivamo quasi ogni settimana per parlare del romanzo, e lo sentivo sempre più stanco, sempre più scoraggiato. C’era una sorta di copione non scritto: io non gli avrei chiesto niente della sua malattia se non avesse iniziato lui il discorso. Così se aveva voglia di scherzare, lo potevamo fare senza tirare in ballo il male che lo stava consumando.
C’erano volte, però, in cui lo sentivo talmente esausto che non ce la facevo a fingere che andasse tutto bene e allora, timidamente, mi limitavo a buttare lì un “come va?” tra una parola e l’altra. Solo quelle due parole. Come va. Se dopo averle dette, la pausa che seguiva era troppo lunga, cercavo di cambiare subito discorso, senza farlo in maniera troppo palese. Del resto, immagino che le nostre telefonate interminabili passate a parlare di film e libri e personaggi, fossero per lui un modo di non pensare alla malattia che lo affliggeva. Immagino che la sua passione per il genere che tutti noi amiamo, lo abbia aiutato a distrarsi tra un’operazione e l’altra, ma alla fine era tutto talmente duro e difficile che anche un ottimo libro non poteva essere certo di grande sollievo. Cerco di non pensare ai suoi ultimi mesi, lo ammetto. Mi pesava troppo non avere parole degne di essere rivolte a una persona che stava per morire. Non sono bravo con gli adii, specie con quelli definitivi. Provo troppo dolore all’idea di saperlo in quello stato e cerco di ricordare l’uomo con cui ridevo e scherzavo come fossimo coetanei.
Con la morte di Paolo si è chiuso un ciclo, quello di una breve ma intensa “età dell’oro” dell’horror italiano di cui Paolo è stato certamente uno dei protagonisti. Credetemi se vi dico che la malattia e la scomparsa di quest’uomo coraggioso, siano per la scena italiana un’autentica sciagura. Posso solo immaginare quello che insieme a Paolo (un Paolo pieno di salute, vigore ed entusiasmo) tutti noi avremmo potuto fare. Per questo credo che la sua morte sia una perdita non solo per chi gli voleva bene e gli era vicino, ma per tutti voi che leggete da anni queste pagine.
Paolo De Crescenzo era un sognatore ed era uno di noi.
Per questo mi mancherà.
Per questo, credo, mancherà a molti.
About Andrea G. Colombo
E’ qui praticamente da sempre. Ha dato vita a Horror.it, Horror Mania (la rivista da edicola) e Thriller Mania. E visto che si annoiava, ha pure scritto il romanzo Il Diacono. Si occupa della gestione del sito rinchiuso nel suo antro dal quale non esce quasi mai. Risponde alle mail con tempi geologici.