La storia dell’ Horror- Sci Fi. Questo è Alien. Era il lontano 1979 quando questo piccolo film prodotto con “soli” nove milioni di dollari cambiò per sempre la storia del Cinema moderno.
Prima esisteva la fantascienza classica, con gli umanoidi, i raggi laser, le astronavi luccicanti e indistruttibili, poi arrivò Alien, e i prodromi del genere furono sconvolti per sempre attraverso paradigmi interpretativi fino a quel momento inimmaginabili.
La Nostromo è un’astronave da carico con sette passeggeri in stato d’animazione temporaneamente sospesa, una sorta di criogenesi all’interno di celle simili a camere iperbariche: Alla guida del gruppo c’è il comandante Dallas, un personaggio caratterizzato da Scott come figura secondaria, sebbene l’idea originale dello script lo posizionasse al centro della narrazione. il ruolo di eroe della pellicola ( e successivamente dell’intera saga) fu affidato a una giovanissima Sigourney Weaver, aka comandante in seconda Ripley. A completamento dell’equipaggio l’ufficiale scientifico Ash, il comandante in seconda Kane, i due meccanici Brett e Parker e la navigatrice Lambert, interpretata da Veronica Carwright, pensata inizialmente dalla produzione come idonea al ruolo di Ripley e relegata alle retrovie solo poco prima dell’inizio delle riprese.
La Nostromo viaggia in direzione Terra quando il cervello elettronico Mother sveglia i passeggeri dallo stato d’ibernazione invertendo la rotta verso LV-426, un minuscolo pianeta dal quale è partito un segnale di soccorso.
Il mercantile, atterrando, collide con le asperità del suolo, riportando diversi danni meccanici. A questo punto parte una piccola spedizione di ricerca della fonte del segnale che si scopre provenire dai resti di una navicella aliena dalle fattezze biomeccaniche. Gli esploratori ritrovano i resti di un umanoide fossilizzato con tanto di cassa toracica divelta dall’interno. Il comandante in seconda Kane si spinge dentro una fossa scoprendo una moltitudine di uova simili a piante grasse tropicali. La schiusura di una di queste si rivelerà fatale, Kane infatti, si troverà avvinghiato al casco una piccola creatura a metà strada fra un ragno e una mano filiforme. L’uomo, ricondotto sulla Nostromo nonostante le perplessità dell’ ufficiale Ripley, viene soccorso con ancora la creatura incollata al viso. L’ equipaggio constata con terrificante stupore che Kane è tenuto in vita dall’alieno che pompa ossigeno e nutrimento dalla trachea dell’umano. Mentre la Nostromo si allontana dall’inospitale asteroide, il parassita si distacca da kane e muore.
L’ufficiale si risveglia apparentemente in buona salute e molto affamato ma, proprio nel mentre di un lauto pasto si accartoccia su se stesso per delle violente convulsioni. Da li a poco un orribile essere serpentiforme evacuerà dal suo torace, con il resto della squadra incapace di fermare la fuga nei meandri dell’astronave del piccolo mostro.
L’alieno comincia una inesorabile mutazione ingrandendosi e diventando ancor più feroce. L’equipaggio della Nostromo passerà improvvisamente dal ruolo di cacciatore a vittima predestinata della creatura, in una caccia all’uomo divenuta ormai leggenda.
Parlare di Alien significa necessariamente indagare in un senso ontologico la genesi di un nuovo modo di concepire la fantascienza. I topoi del thriller-fantascientifico vengono rivoluzionati, si assiste entusiasti- e forse un poco storditi- alla commistione archetipica di sottogeneri differenti. Ridley Scott da vita a due creature nuove e seminali: l’alieno- bestia per l’appunto e l’horror- sci fi di nuova generazione, qualcosa di mai visto e forse nemmeno concepito sino a quel momento. Alien non è solo un horror tecnologico, è qualcosa di più, di diverso, è una graduale deflagrazione crescente verso un genere indefinito eppure stra imitato da flotte di epigoni dalle alterne fortune. Alien esce negli Stati Uniti in piena era colonialista stellare, sotto l’egemonia di Jimmy Carter, il Presidente che registrò il messaggio per la nazione direttamente su di un disco d’oro inviato nello Spazio sulla navicella Voyager 1.Eravamo in pieno clima da Guerra Fredda, la teocrazia post rivoluzionaria iraniana aveva dichiarato ostilità al “demonio a stelle e strisce” e il retaggio della crisi energetica del 1973 era ancora assai vivida. La contestualizzazione storica è fondamentale per interpretare le radicali mutazioni visive e narrative introdotte dal capolavoro di Scott, volte all’annullamento del paradigma iper trionfalista della scienza su pellicola. Alien vira lungo un twist pessimista e decadente, scegliendo di archiviare la figura dell’uomo del futuro come cowboy senza macchia. I personaggi di Alien sono anti- eroi, trasportatori sottopagati, frontalieri nostalgici vittime di un liberismo scientifico senza scrupoli e della disumana rinuncia alla vita in nome del profitto.
Non è un caso che il villain di turno sia un androide, Ash, una macchina nella macchina, un orpello industriale progettato per sacrificare l’equipaggio e per fare ricerche su una bestia (l’alieno), anch’essa in un certo senso vittima perchè pensata come arma a favore dell’industria. In questo senso Alien è un film progressista, quasi libertario. la visione d’insieme è cupa, gotica. Alien appare allo spettatore come un’ opera compatta, coerente, in cui tutte le componenti dalla fotografia alla messa in scena, dallo script alla colonna sonora lavorano di sostanza per favorire un pensiero pessimista, un’atmosfera algida, claustrofobica, soffocante. L’essere umano da colonizzatore spavaldo perde le sue sicurezze primordiali, trovandosi smarrito nell’ignoto più profondo e in balia dell’alieno in quanto altro da sè. Il progresso e la tecnologia sono per Scott tutt’altro che rassicuranti, tanto che egli fornisce un simbolismo chiaramente ricondotto alla paura nucleare che in quegli anni aleggiava fortemente sulle famiglie americane.
L’orrore e la fantascienza, sono mescolate in Alien con sapienza, senza lasciare mai che un genere possa sopraffare l’altro. Questa mossa si è rivelata assai azzeccata anche da un punto di vista commerciale perchè permise a fruitori di diversi generi di godere di uno spettacolo nuovo e accattivante. L’investitura a sommo eroe di una donna fu un’altra geniale scommessa vincente voluta fortemente dallo stesso Ridley Scott, che impose il suo pensiero ai produttori Walter Hill, Gordon Carroll e David Giler e allo stesso sceneggiatore Dan O’Bannon, sponsor di Tom Skerritt e del suo comandante Dallas come da classico copione. Tuttavia Alien nacque come ricettacolo di simbolismi al femminile e l’ingerenza di quel genio sessualmente malato di Hans Reudi Giger nelle modifiche del plot pare fu determinante. Già, Giger, il fuoriclasse al servizio della squadra. La sua mente malata partorì tutto o quasi rende aberrante e così affascinante questa pellicola, eccetto il “cherstbuster”, lo “spaccatorace”, ovvero il cucciolo alieno, inventato da Scott stesso. Alien è nel suo insieme un affresco biomeccanico, un’orgia di sottotesti disturbanti. La simbologia che riconduce ad un’atavica sessualità antropologica è ovunque: un’ eroina vagamente androgina, astronavi che paiono uteri materni, un parassita che emerge da un ventre maschile dilaniando il suo ospite in un cesareo grandguignolesco, un alieno asessuato che si rifugia in posizione fetale, una dentatura affilata che fuoriesce dalla bocca aliena come un fallo assassino che, oltretutto, emana secrezioni acide, e ancora, uova che si schiudono con sembianze vaginali e movenze aliene che ricordano il gattonare dei bambini. Scott e Giger riescono nell’impresa di “stuprare” lo spettatore mettendolo a contatto con i propri limiti naturali attraverso l’aberrante sensazione di essere penetrato, posseduto e ucciso.
Alien, destinato in prima battuta al produttore Walter Hill, finì nelle talentuose mani di Ridley Scott per permettere a Hill di dirigere un altro cult straordinario come I guerrieri della notte (The Warriors, 1979). Alien, fu per l’esordiente Scott, il primo capitolo del suo personale percorso critico nei confronti del futuro culminato qualche anno dopo con la realizzazione di Blade Runner (1982) e Legend (1985) . Scott si rifà a Romero per sottolineare attraverso l’orrore il declino dell’essere umano stravolto da valori effimeri, vittima della corsa sfrenata verso un insensato progresso all’insegna di logiche consumistiche e, ça va sans dire, alienanti. La messa in scena, divisa in due tronconi netti, il primo molto dialogato, il secondo costruito sull’azione, permette un decollo graduale della tensione molto efficace, in cui lo spettatore si ritrova spiazzato da un’ansia ambientale e narrativa sempre più consistente man mano che il film scorre.
La censura dell’epoca non fu tenera con Scott e compagni. Oltre al ridimensionamento dell’effetto splatter nella scena del parto dell’alieno, la scena dell’uccisione di Lambert fu ridotta ai minimi termini (la penetrazione della coda aliena nelle grazie della ragazza venne solo accennata in un fotogramma), mentre quella di sesso fra Ripley e il comandante Dallas èfuaddirittura tagliata di netto per rendere ancor più mascolina la figura interpretata dalla Weaver. Oggi è possibile vedere Alien in versione integrale unrated procurandosi il cofanetto “Alien quadrilogia” edito nel 2002. Se partiamo dal fatto che Scott centellina solo sul finale le inquadrature riservate all’alieno, i tagli applicati ridimensionano di netto la potenza visiva di questa pellicola. L’approccio timido, giocato sull’inquietudine generata dalla sottrazione dell’immagine, non sempre è sinonimo di classe. Sebbene Alien non si possa che definire un capolavoro assoluto, tuttavia la presenza più massiccia del costume indossato dal gigantesco studente nigeriano Bodejai Bodejeo (in barba alle moderne tecniche CGI) sarebbe stata cosa assai gradita. Carlo Rambaldi era un genio si sa, ma fa comunque un effetto straordinario vedere come gli effetti speciali di un film vecchio 33 anni siano ancor oggi credibili. Pochi film hanno questa prerogativa, Alien può fregiarsene ampiamente nonostante il budget relativamente basso col quale fu prodotto.
Sull’onda dello straordinario successo de Lo Squalo (Steven Spielberg, 1975), Alien ammaliò gli spettatori di mezzo mondo per la sua capacità di farli sentire vulnerabili, prede di una forza animale che riporta per antonomasia a contatto con gli istinti primordiali di sopravvivenza. Il successo del film di Scott fu sensazionale con un incasso che superò negli States i duecento milioni di dollari consacrandolo nell’olimpo delle pellicole immortali sebbene, inizialmente, i critici americani lo bollarono come manieristico e troppo scontato. Ma Alien nel giro di pochi mesi dopo la sua prima proiezione vinse due Golden Globe, fu nominato agli Oscar di quell’anno e fece incetta di premi riservati al cinema di genere. Allo stato attuale è un lungometraggio ancora molto godibile e come poco fa detto, invecchiato assai bene. Alien è un manifesto all’ignoto dentro ognuno di noi, alla consapevolezza del limite, all’accettazione della paura come forma di autoconservazione. Primo – e forse migliore – capitolo di una saga che appare ancora assai in voga nei lussuosi salotti di Hollywood.
About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.