LA PORTA SBAGLIATA – FABRIZIO VALENZA

A Verulengo c’è una villa in cui succedono cose insolite, dipende da quale porta si apra.

Enrico Malera è un bravo ragazzo, un amico sincero e fedele. E per fare un favore al migliore dei suoi amici, Gianfranco, decide di accettare l’incarico di custode della splendida villa vicino Verulengo. Durante il suo soggiorno accadranno cose tremende che gli cambieranno la vita per sempre.

Primo episodio di un ciclo intitolato Le Sette Case, edito dalla GDS, questo romanzo horror dell’autore fantasy autarchico Fabrizio Valenza, sorprende e avvince. Scritto in modo semplice, garbato, lineare, con uno stile apparentemente piatto e privo di increspature autoriali, lo scrittore tesse una tela robusta che avvolge il lettore senza che se ne accorga. Sfida non facile visto che la storia presenta un solo personaggio e un solo luogo se escludiamo la breve escursione nel paesino di Verulengo, desolato e sinistro più della villa stessa. Enrico è un personaggio che come lo stile dell’autore ha una complessità tutta sotterranea e noi impariamo a capirlo sul serio solo nella seconda metà della storia; il simpatico protagonista ritrova nel fondo di una cantina vecchi rimorsi mai sopiti. Ogni tanto l’autore lancia dei fili verso la letteratura italiana (citando Elsa Morante) la filosofia illuminista (Voltaire) e soprattutto la squallida realtà del nostro paese, vista attraverso il megatelevisore di lusso sempre sintonizzato su La7 e i suoi sterili, volgari dibattiti politici, ma il tutto sembra sempre più separato dalla patina di stregoneria che avvolge la dimora.

La storia si muove tra il Pupi Avati del gotico rurale e le storie di fantasmi giapponesi, soprattutto con la scena dei peli canini che spuntano nella gola del protagonista e il fantasma di Loredana, lascivo e carnale, morta suicida nel cortile della villa, due anni prima. L’equilibrio, l’ironia e soprattutto la misura con cui viene sviluppata la vicenda ricorda anche Tiziano Sclavi e il suo Dylan Dog. Anzi, sarebbe perfetta per una trasposizione a fumetti Bonelliana. La cosa viene in mente anche per la confezione ideata dalla GDS. Le dimensioni del libro sembrano le stesse di un albo a fumetti e sia lo stile della copertina che le poche illustrazioni interne si rivelano poco adatte a una storia di spettri suggestiva e malvagia, rischiando di farla sembrare una goffa imitazione fuori tempo dei quei gotici cinematografici inglesi degli anni ’60. La mancanza di notizie sull’autore nel retro di copertina è un altro errore a cui si dovrà porre rimedio nelle prossime edizioni, se ce ne saranno. Speriamo di sì, perché il romanzo lo merita. Fa paura sul serio, specie se si è soli in casa e fuori si avvicina un temporale.

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