Horror indipendente troppo sbilanciato tra buona regia e cattiva sceneggiatura.
E’ un mostruoso caso di cannibalismo oppure è qualcosa di ben più terribile e pericoloso? E’ a questa domanda che l’ispettore Rialto dovrà rispondere, indagando su un misterioso massacro in collina narrato attraverso gli occhi dell’unica superstite. L’unica pista, oltre alla testimonianza della studentessa, è una strana password. Ma il risultato potrebbe essere sconvolgente: dietro l’orrore della cronaca potrebbe nascondersi l’orrore della Storia. Quella vera.
Dispiace alla fin fine non dare un giudizio positivo ad Holomodor – carne cruda, soprattutto in virtù dell’evidente passione che ha spinto i due giovani registi a girare un horror in un panorama italico di morti viventi e vivi morenti, ma, si sa, la strada dell’inferno è sempre lastricata di buone intenzioni. Eppure, a favore dell’opera, si denota una certa cura formale, soprattutto nella regia, che non è proprio da buttare, ma è proprio il resto a mostrare i suoi evidenti limiti.
Diciamo subito che Holomodor si divide in due tronconi, uno nel passato e uno nel presente, con differenze qualitative tra i due girati, soprattutto a livello narrativo. Se il racconto delle sventure di un gruppo di malcapitati in una casa degli orrori può ancora funzionare (anche se l’effetto deja vu è dietro l’angolo), lo stesso non si può dire di tutta la parte moderna virata verso il thriller poliziesco con deliri di agghiacciante impegno sociale e una messa in scena lazzarona orecchiata e improponibile. Sembra, ma siamo nel piano delle ipotesi, che proprio questa parte sia stata allestita per salvare un girato, probabilmente mai ultimato, che, anche nel volto dell’unica sopravvissuta alla strage (Diana Dell’Erba), tradisce uno scarto netto di tempo tra i due tronconi. Se questo fosse vero, spiegherebbe come mai il film risulti talmente gratuito e sempliciotto nel tirare le fila di tutta la vicenda con la preferenza, volgarotta, dell’urlare le poche idee (il genocidio ucraino, il cannibalismo) senza sapere dove andare a parare. Certo è che, come già detto, anche il racconto della strage puzza di vecchio, soprattutto nella sciaguratezza di mettere in scena l’ennesimo Texas chainsaw massacre o Wrong turn, ma possiamo dire che, per lo meno, questa parte è realizzata egregiamente pur con attori tra l’imbarazzato e l’imbarazzante.
Holomodor è un film più di stile che di penna, questo è certo, e proprio per questo lascia un terribile amaro in bocca nella sua visione: sarebbe bastato così poco a fare qualcosa di decente, visto che le capacità dei suoi autori c’erano. Di diverso giudizio invece il piano tecnico con buoni effetti speciali di make up e una certa abilità, anche scenografica, nel descrivere un ambiente malato e malsano. Il piano più pornograficamente gore ed exploitation è succoso con uno stupro abbastanza scorretto e una certa crudeltà nell’infliggere torture a questi antipaticissimi ragazzi che non si sa perché hanno nomi inglesi. Alla fine Holomodor, al di là dei suoi difetti evidenti limiti, risulta un horror che si può vedere senza illusioni di rinascita orrorifica zampaglioniana, ma che se preso per il verso giusto, quello dei rutti e della birra, alla fine non è diverso da tanti anonimi straight to video americani che infestano Sky o il mercato dvd. Che sia un bene o un male poi questo è tutto da vedere.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.