Un film di licantropi molto gore, penalizzato da una pessima recitazione ed effetti speciali inaccettabili.
Diciannovesimo secolo, la popolazione di un villaggio sperduto nei boschi è decimata dalle incursioni notturne di una terribile creatura, una bestia enorme. Per catturarla, il sindaco assolda un famoso cacciatore di licantropi.
La sensazione è che se non si fosse preso troppo sul serio, Wolfman 2 avrebbe potuto funzionare. In alcuni momenti sembra quasi voler spingere verso la commedia, la parodia, ma anziché andare fino in fondo, torna indietro al dramma da telenovela messicana, con il vampiro e il licantropo entrambi bellocci che si contendono la dama virginale e un po’ puttana. No, non siamo dalle parti di Twilight perché Wolfman 2 è troppo cafone e con le trippe al vento per risultare piacevole al pubblico patinato dei vampiri luminescenti e i licantropi glabri. Qui ci sono viscere in abbondanza e cadaveri ovunque, peccato che gli effetti speciali computerizzati siano intollerabili; così avulsi dal resto della visione da far pensare a quelle sovrapposizioni disneyane alla Eliot il drago, Mary Poppins e Pomi d’ottone e manici di scopa.
Di buono c’è il ritmo: la storia procede a gran velocità come un cavallo scatenato, ma privo di cavaliere. Il povero Stephen Rea, con la sua aria sciupata e gli svogliati tentativi di guadagnarsi la pagnotta prova comunque a mostrare di essere un vero attore rispetto al resto della combriccola di saltinbanchi, ma finisce nel risucchiante gorgo di squallore e dilettantismo generali. Guy Wilson, troppo scolpito e depilato per essere un credibile intellettuale, anche se rurale è un pupazzetto carino e poco più; Ed Quinn, sornione e con il look alla Sergio Leone, ammicca e scandisce le sue battute a effetto con la sagacia e la spavalderia monellesca di un Lorenzo Lamas d’annata. La sceneggiatura è squilibrata, parte puntando tutta l’attenzione dello spettatore su un personaggio e poi lo lascia per spostare la storia su un altro personaggio, confondendo lo spettatore con la nonchalance del Godard più cerebralmente selvatico o la povera dabbenaggine di un incapace, fate voi.
I film di licantropi sono spessi dei Whodunit?, come dicono gli inglesi, ovvero gialli dove bisogna scoprire chi è l’assassino. Wolfman 2 cerca di coinvolgere lo spettatore soprattutto puntando su questa domanda, diffondendo sospetti a destra e a sinistra e rivelando chi si nasconde dietro la pelliccia con un colpo di scena che è troppo scontato per essere previsto e quindi sorprendente. Il ché, comunque, non depone a favore del film. La storia è in costume, anche se come estetica è povera, siamo dalle parti dei film pornografici di Mario Salieri o i torture porn dimessi di Adam Mason. I baffi finti, le basette ridondanti, unite alle interpretazioni fuori misura di tutti gli attori fanno pensare al trasandatismo scocciato dell’ultimo Dario Argento. Il regista Louis Morneau, di scuola cormaniana, si rivela essere un allievo non molto brillante.
About Ceccamea
Nato a Vetralla (VT) l'8 dicembre del 1978. Scrittore, strimpellatore di chitarra, ex-fumatore incallito. Sposato, con figli. Una di tre anni. L'altra in arrivo per il nuovo anno. Maya permettendo.