Uno splatter demenziale, entrato della rosa dei grandi cult del genere, colpisce gli spettatori unendo ironia, nonsense e horror.
Ash e Linda decidono di passare del tempo in una chalet in un bosco. Un copia del Necronomicon rilegata in pelle umana, scritta col sangue e una voce in un magnetofono, risvegliano un demone. Una lotta impari, per il protagonisti della storia, perché il demonio si fa beffa dei suoi sentimenti usando la paura come arma, sfinisce Ash. Una giostra di eventi, avvengono nel chiuso del piccolo chalet, mentre la foresta intorno prende vita e uccide tutti coloro che cercano di scappare. La fine dell’incubo è racchiusa proprio lì dove tutto ha avuto origine: tra le pagine del Necronomicon
Cinque anni dopo La Casa, dopo aver fatto discutere i critici cinematografici, la censura e gli spettatori horror, Sam Raimi torna con La Casa 2 e stavolta non ci sono dubbi. Indimenticabile questa piccola chicca, molti sono gli elementi che lo legano al primo capitolo, ma non si può certo dire che sia un remake. Semplicemente le avventure di Ash non sono terminate, il Libro dei morti ha ancora un conto in sospeso con lui e la lotta sarà ancora lunga. Il finale della Casa 2 apre le porte al terzo capitolo della trilogia della Casa, facendoci intravedere l’incipit de L’Armata delle Tenebre.
Ma torniamo a La Casa 2. Quando ci troviamo di fronte a un sequel o a un remake, raramente possiamo dire che il secondo è migliore del primo, qui lo possiamo affermare senza ombra di dubbio. Un cult, uno dei film migliori del genere, probabilmente grazie all’abile regia di Raimi e grazie ad un budget di 2500000 dollari finanziati da Dino De Laurentis, che gli ha permesso di sfoderare effetti speciali non da poco per quel tempo. Uno splatter demenziale, a tratti assume toni parodistici senza mai scadere eccessivamente nel ridicolo, riesce a mantenere alta l’attenzione e la tensione dello spettatore grazie anche al ritmo con cui si svolgono gli eventi, le scene nella foresta sono fluide e colpiscono lo spettatore violentemente senza possibilità di respiro, mentre le scene all’interno hanno una vivacità difficile da ricreare quando la trama si svolge prevalentemente in un unico ambiente. Raimi ha uno strumento a disposizione utile a mantenere viva l’attenzione dello spettatore, egli infatti come spesso nei suoi film, si avvale del Dolly zoom il montaggio veloce delle sequenze per includere molteplici azioni in un breve lasso di tempo, accelerando così il ritmo delle scene.
Altri tratti distintivi del cinema di Raimi restano la presenza di fumo e di nebbia, la comicità di sottofondo, la scelta delle location, delle auto, e la sua stessa presenza in un cammeo minuscolo alla fine della pellicola. Il regista infatti interpreta uno dei cavalieri medievali, inneggiando Ash come salvatore delle tenebre.
Perdoniamo al regista qualche ingenuità soprattutto a livello di sceneggiatura e facciamo finta di non vedere la pochezza di alcuni dettagli nascondendoli dietro l’humour e il non sense tipico di Raimi e di cui è farcito il film. Il punto più debole del film, è infatti la sceneggiatura, la prima parte dell’opera ricalca La Casa probabilmente per chiarire che si tratti di un sequel, ma troppi sono a mio parere i dettagli che rompono il confine tra sequel e remake. La casa in montagna, il ponte, il libro e il magnetofono, probabilmente Raimi ha voluto consolidare la paternità dei suoi lavori incidendo maggiormente la sua firma tenendo conto che aveva perso i diritti d’autore su La Casa.
A parte questi elementi già visti in precedenza, La Casa 2 resta una piacevole pellicola, immancabile nelle collezioni degli amanti del genere, grazie anche alla grande interpretazione di Bruce Campbell che ha saputo gestire da solo quasi mezz’ora di film, riempendo la scena senza mai annoiare – indimenticabile la scena in cui lotta contro la sua stessa mano che lo colpisce alla testa ripetutamente-. L’attore è stato capace di ricoprire il suo personaggio di ridicolo così come può presentarcelo forte e vincente, deciso e impaurito, in accordo con le intenzioni del regista. Per gli appassionati la sua mano amputata e l’impianto della motosega al suo posto resta una delle scene più importanti nella storia del cinema horror.
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