Ci siamo. Le aspettative sono grandi per il film d’esordio di Bradley Scott Sullivan, mattatore dello scorso Indi Film Festival di Austin.
I Didn’t Come Here To Die è uscito settimana scorsa negli States e pare che il pubblico delle poche sale selezionate per il circuito distributivo si sia allineato alle positive impressioni della critica. Scritto e diretto da Sullivan e prodotto da Kim Waltrip, che qualcuno ricorderà per il recente action commedy Hit And Run, questo film promette benissimo nonostante il budget misero e l’assenza di star. Partiamo dal trailer, strepitoso. Fotografia giallo/super16 in stile Seventies, montaggio frenetico ma non troppo, gore senza risparmio e un sentore di equilibrio fra sarcasmo irriverente e orrore responsabile. Certo è, che già dal trailer la Panasonic Lumix GH1 DSLR fa un gran lavoro nel rimandarci subito a Tobe Hooper e Raimi in un nostalgico e al contempo carnevalesco rendez vous con le sensazioni adrenaliniche della nostra infanzia di spettatori onnivori. La cover è memorabile, semplicemente splendida, un omaggio al cinema di genere gustosissimo, inoltre la colonna sonora del trailer è azzeccatissima, stupefacente e spiazzante ma sintomatica di un’intelligenza rappresentativa che, a meno di sorprese clamorose, si esprimerà con forza ed efficacia.
Siamo in ambito slasher, ci saranno omicidi efferati e improbabili incidenti complicanti. Dall’America parlano di un cast semi sconosciuto ma all’altezza con dialoghi intelligenti e credibili, di scene ipercinetiche ma non videoclippare, di tanto tanto sangue attorno a un plot convincente. Nelle sale americane è in distribuzione grazie ad un’innovativa formula di prenotazione da parte degli spettatori che possono “ordinarlo” nelle sale vicino a casa con un minimo di presenze da garantire al gestore. Non male. Per ora pare funzioni, un pò come quando Lino Banfi riempiva i teatri di provincia grazie ad uno strategico passaparola da bar. Chissà che la crisi non si vinca con le vecchie abitudini.
La trama: un gruppo di volontari sono impegnati in un progetto umanitario in un bosco. Si troveranno bene presto di fronte a strani incidenti, alla ineluttabile forza della natura e soprattutto al terribile sospetto che tra i loro colleghi si celi un sanguinario killer. Nulla di nuovo letto così ma va bene purché davvero ci si diverta. Come più volte ribadito il mio pensiero non associa indubbiamente originalità e bellezza, per cui ben venga uno slasher che ruota intorno a stilemi consolidati con l’obbiettivo di divertire senza ricercare sottotesti e strategie comunicative seminali ad ogni costo. Largo al remake e soprattutto all’omaggio se ben confezionato. Attendiamo di sapere se e quando il nostro pubblico avrà il piacere di gustare questo I Didn’t Come Here To Die- titolo per altro straordinario–nel frattempo non perdetevi lo strepitoso trailer!
About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.