Eros & Thanatos EROS & THANATOS #4 – Sade, introduzione

EROS & THANATOS #4 – Sade, introduzione

Qualche parola sul “divin Marchese”, narratore dell’estremo limite che la perversione umana può raggiungere.

Nessun altro autore ha definito un immaginario quanto il Marchese de Sade, e non soltanto perché il suo nome – attraverso la tassonomia tardo ottocentesca di Krafft-Ebing – è diventato sinonimo di crudeltà compiaciuta, di sessualità perversa e sete di dolore: il suo lascito riverbera oggi, come riverbererà in futuro, in ogni forma d’arte intenda esplorare le segrete più oscure dell’animo umano.

Donatien-Alphonse-François de Sade (1740-1814) vive nelle pagine di chi, dopo di lui, ha stabilito la propria dimora creativa nel limite estremo del descrivibile e dell’immaginabile; limite che ha egli stesso raggiunto per primo, almeno nella sua forma più pura e più stilizzata. Un mitografo, esattamente come Lovecraft, Tolkien, Disney, la cui portata è enormemente maggiore rispetto a qualsiasi altro “creatore di mondi”. Nessuno può, e nessuno vuole, prescinderlo. Da Lautréamont fino a Human Centipede, il “Divin Marchese” è vivo e vegeto e continua a sfornare le proprie opere. Nessuno ha saputo oltrepassare la sua linea, semplicemente perché questa linea non può essere oltrepassata: Sade ha stabilito il confine ultimo della pornografia (in senso etimologico, ovvero «trattazione o rappresentazione esplicita») mostrando davvero ogni cosa. Null’altro può essere immaginato. Ai posteri una sola chance: rimescolare gli elementi del sadismo, riproporli travisati, aggiungervi dei significati o dell’umanitarismo posticcio (come ha fatto Pasolini).

Non esiste il bene, non esiste il male, esiste solo la carne” dice Pinhead nel terzo Hellraiser. Cosa può esserci di più sadiano di questa definitiva resa di fronte al caos, al nulla che ci attende, alla mancanza di una morale superiore che finisce inevitabilmente col riconnetterci alla nostra vera natura? Quella di organismi dotati di sangue e orifizi, di appetiti e sacre illusioni pronte a essere deflorate. Sade fu il più grande libertino, perché lo fu – almeno nelle proprie opere – in modo sincero e senza alibi. Laddove altri parlarono di “nuova morale”, magari celebrando messe alla Dea Ragione, egli, più semplicemente, fu amorale. Lucidamente amorale. Non cercò alcun sostituto a Dio, limitandosi a cantare la cecità dell’universo davanti a qualsivoglia forma di coscienza o bene superiore. Nemmeno l’umanità rappresentò per lui un orizzonte oppure un ideale. Essere uomini, nell’opera di Sade, significa soltanto far parte di quel rimescolamento costante di carne, quell’incessante macina di corpi e speranze, di sporcizia e ripetitività. Se in Sade c’è un “uomo al centro”, il centro stesso è un porcile.

Simone de Beauvoir prese una bella cantonata, tentando di assimilarlo all’esistenzialismo, di cui Sade, con ogni probabilità, non avrebbe che riso. Il surrealismo ne fece un baluardo della libertà, ma solo a costo di travisarne pesantemente l’opera (ancor più di quanto non riuscì a fare con Freud). Forse la miglior definizione è quella data da Angela Carter, che paradossalmente lo definì a moral pornographer: perché in Sade c’è, sempre e costante, il contraltare con le speranze tradite, ombra minacciosa del Terrore post rivoluzionario. È presente in Justine, come nella Philosophie dans le boudoir: quasi una sorta di pietas cristiana rovesciata, dai risvolti comici oppure agghiaccianti, ma pur sempre una pietas. Sade è la prima grande dimostrazione che l’empatia per il prossimo non è di per sé buona, e nemmeno cattiva, dato che il rispetto, l’amore e la giustizia non hanno, in alcun modo, alcuna forma perfetta, ma non sono altro che variabili impazzite, tanto mutevoli quante sono le teste di cui è dotato il genere umano.

La morale pornografica di Sade è presente nel suo animo rivoluzionario come nella costante, caustica critica dei costumi della propria epoca. Nell’opera sadiana sfavilla il fallimento di ogni rivoluzione, col Terrore che inevitabilmente la segue dappresso. Discorso valido nella Francia del Settecento come nel 1968: si parte bene, si comincia smantellando il potere e le sue convenzioni, ma si finisce inevitabilmente col rendere convenzionale il rovescio del potere, che sempre potere è. Dalla padella alla brace, la storia è piena di questi fallimenti, anzi non ne racconta, né potrà raccontarne altri, mai. Esiste solo la carne, da terrorizzare, mutilare, schiavizzare, che a farlo siano dei nobili decaduti chiusi in un castello, col loro serraglio di giovinette e vecchiacce grondanti emorroidi, oppure i produttori di cinema porno, di pillole blu e di auto di grossa cilindrata (in fondo gli unici ad aver davvero goduto della “Rivoluzione sessuale” sessantottina).

La natura umana è una soltanto, e questo Sade lo sapeva bene. Chiuso nell’ospedale dei pazzi di Charenton, morendo di congestione polmonare e di “febbre adinamica gangrenosa”, si sarà forse consolato pensando di averla rivelata, messa per iscritto. Noi, oggi, siamo ancora qui a confrontarci con la sua rivelazione.

Nelle prossime settimane parlerò della vita di Donatien-Alphonse-François de Sade, per poi analizzarne le opere principali nonché quelle a lui direttamente ispirate.

About Ivo Torello
Nato a Genova nel 1974, vive a Ferrara da un paio di anni. Ha lavorato (e talvolta lavora ancora) come curatore editoriale, come grafico e nel mondo della musica. Ha vinto il premio Lovecraft nel 2000 e nel 2003, ha sparso racconti fantahorror in Italia e all’estero e si è tolto la soddisfazione di collaborare – in qualità di illustratore – col National Geographic Channel USA. Ha aspettato il 2012 per inaugurare il ciclo narrativo di Walkley & Milton, di cui ha pubblicato il primo romanzo, “Predatori dall’Abisso”, per le edizioni Hypnos: un sentito omaggio alla fantascienza di Lovecraft, Hodgson, Conan Doyle, con bestie aliene, vecchi libri e brughiere piovose. Attualmente sta lavorando allo scoppiettante seguito, “La Guerra dei Leviatani”, che dovrebbe uscire nel 2013, e sta pubblicando settimanalmente, in forma gratuita, il romanzo erotic-lovecraftiano "Insania" (ivotorelloinsania.blogspot.it).

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