I dinosauri portano una ventata d’aria fresca al genere più ripetitivo esistente, il mockumentary.
Una troupe cinematografica in viaggio in Congo scopre che i dinosauri non si sono esistinti, ma continuano a riprodursi nel folto della giungla. La troupe viene sterminata, ma presto dei pescatori africani trovano su un fiume dei nastri filmati dal cameraman prima di essere massacrato che documentano l’esistenza delle enormi bestie preistoriche.
Prima o poi ci si doveva arrivare: il mockumentary, ormai spremuto e stuprato fino al parossismo, aveva bisogno di cercare elementi nuovi da cannibalizzare, pena l’estinzione. Va bene le tremila varianti dello stesso tema, fossero fantasmi o zombi, fossero gli spaventi di Rec ed Esp o la calma piatta di Paranormal activity, ma prima o poi ci doveva essere un elemento diverso, qualcosa che fosse il corrispettivo della noce di burro nel riso, quel certo non so che capace di dare un sapore in più, ma non così sovversivo da riscrivere le regole del genere. D’altronde era lo stesso ragionamento che fece la Capcom con Dino crisis più di dieci anni fa: rifare pari pari Resident evil, ma togliendo gli zombi e aggiungendo i dinosauri, così da avere lo stesso prodotto, ma nel contempo averne un altro. I dinosauri poi sono l’idea più semplice e geniale, alla fine, a parte i due Carnosaur, i tre Jurassic Park e il Godzilla non Godzilla di Roland Emmerich, senza contare ignobili Z movie, il cinema horror nella sua variante esotica avventurosa) non ha mai sfruttato più di tanto il tema.
Cosa di migliore per portare acqua fresca ad un genere che come novità aveva soprattutto il linguaggio (telecamera amatoriale, riprese mosse) ma che ora è soltanto manierismo incapace, film dopo film, di spaventare? Chiedetelo ad un bambino qualsiasi se i dinosauri non sono belli e vi sentirete rispondere con entusiasmo di sì, e se l’innocenza per antomasia approva, vuol dire che l’idea è vincente, qualcosa di talmente atavico come passione che sta nel nostro DNA. Perchè in fondo in fondo tutti amano i dinosauri e ci scoccia un po’ siamo arrivati troppo tardi, tardi per cacciarli, tardi per cavalcarli ed usarli a mo’ del Flinstones più smargiasso come surrogati di auto. Sid Bennet è uno che viene dalla televisione, ha girato nella sua carriera pochissima fiction e tantissimi documentari, compreso un Prehistoric Park nel 2006, quindi non il primo novellino nè con la materia da trattare, i dinosauri, ma soprattutto il finto reportage. Dinosaur project narrativamente è pieno di troppe cose già viste, il ritrovamento dei nastri della troupe protagonista e la visione del materiale, vecchie già dopo Cannibal holocaust e riutilizzate fino all’inverosimile in quasi tutti i mocku esistenti da Blair witch project (al quale il titolo del film occhieggia) al recentissimo serial The river. A funzionare però è l’azione, sempre tesa, e la gran variante degli esseri presenti, dagli pterodattili ai tirannosauri, con il colpo di genio di mettere in scena un proto cane di nome Crypto (come quello di Superman) che avvicina il prodotto al linguaggio spielberghiano avventuroso per famiglie più che a quello cupo e minaccioso il genere ci ha abituato finora. Siamo davanti ad una sorta di Jurassic Park 4 del cinema mocku: gli elementi sono gli stessi in fondo, e i mostri presenti sono uno spettacolo da vedere tanto sono creati bene, tanto il finto documenatario li rende per assurdo ancora più veri.
Il referente più vicino a quello che vediamo è senza dubbio il telefilm La valle dei dinosauri, rifatto ultimamente in chiave comica per Will Ferrell, mescolato nel finale con l’anime Ryu il ragazzo delle caverne. Ottima poi l’idea di non usare la solita videocamera che non si spegne mai neanche durante le morti, ma una più verosimile mini camera attaccata al corpo dei vari mostroni o di chi riprende. Gli attori, facce più o meno note, mai giustamente davvero famosi, sono tutti perfetti nelle parti, elemento importantissimo in un mockumentary. Dinosaur project è un buon esponente del genere, non sarà originale come assunto, ma riesce a tenere viva la tensione e soprattutto rimette in scena in un horror avventuroso i dinosauri, cosa che ci mancava, ma soprattutto cosa che riesce a dare una boccata di aria fresca ad un genere, quello del finto reportage, che vive solo di morti viventi o fantasmi voyeur senza cercare altre fonti di terrore. Sid Bennet almeno ci ha provato, tanto di cappello per questo. Ah dimenticavo il poster del film è bellissimo.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.