Dal regista di Blair Witch Project, un pasticcio prolisso e noioso.
Quando la neosposa Molly Reynolds fa ritorno nella casa di famiglia, abbandonata da tempo,paurosi ricordi di un’infanzia da incubo le si radicano nella mente. Presto la donna intraprende un’inesorabile discesa in un abisso che confonde il limite tra psicosi e possessione.
Bisognerebbe relegare ai lavori forzati tutti quei registi che, per un motivo o per un altro, arrivano a girare pellicole al di là della soglia della decenza. Lasciamo da parte i soliti (ig)noti come David De Coteau, il gran chef dei ragazzoni in mutande e sguardi languidi, o Jim Wynorski, colui che neanche dieci anni fa stuprò il capolavoro a fumetti Vampirella con una trasposizione che definire orribile è un complimento.
Si perché alla fine loro, si sa, amano guazzare nell’immondizia come un maialino farebbe nel trogolo, ma prendiamo, per esempio, il vituperato Uwe Boll, uno che ha scontato i peccati passati con un trietto di film davvero potenti, Stoic, Rampage e Darfur, eccolo, uno così, uno che ha dimostrato di essere bravo, che ti gira ora cosacce, neanche da cestone della Coop, come In the name of the king 2 o Bloodrayne 3, come fai a non volergli male? No no, lavori forzati. Eduardo Sanchez è un altro. All’epoca Blair witch project divise il pubblico e la critica, non entriamo nel merito se fosse o non fosse un bel film, ma fece scuola, senza lui probabilmente i vari Rec non sarebbero neanche stati prodotti, o almeno non così, con la concezione di finto documentario. Ma dopo? La strega di Blair era girato a quattro mani, Sanchez da una parte e l’amico di sbronze Daniel Myrick, ed entrambi hanno tentato d rincorrere una carriera solista da registi, con risultati discontinui ed altalenanti. A Myrick andò decisamente meglio con alcune pellicole non memorabili, ma dignitose, soprattutto il fantascientifico The Objective, Sanchez, invece, dopo un ottimo Altered, a dimostrare che del duo era il migliore, ha girato solo porcherie compreso un invedibile Seventh moon, pasticciaccio orientale su una maledizione, realizzato talmente male da lasciare sbigottiti.
Questo Lovely Molly (titolo bello), per fortuna, non è girato con la mano sinistra, ma è terribilmente prolisso, cosa imperdonabile in un horror che si vorrebbe d’atmosfera. La prima parte, la meno riuscita, è uno scimmiottamento della formula dei Paranormal activity con lo stesso effetto di noia camuffato da suspense, in un film derivato e degenere di tanti altri modelli, compreso il cult Entity con gli stupri di un fantasma ai danni di una ragazza. Si tenta, è vero, la carta della follia e del bizzarro, soprattutto nell’epilogo, ma tutto risulta così artificioso da non spaventare mai. Lovely Molly, pur affrontando temi come la dipendenza da droghe o gli abusi sessuali in famiglia, risulta mal riuscito, incapace di appassionare con una storia risaputa e portata avanti a torture, urla e riprese amatoriali. Si salva nel pasticcio un’esordiente Gretchen Lodge, capace non solo di andar in giro nuda tutta la pellicola, ma anche di donare un’inaspettata energia al suo personaggio grazie ad un’interpretazione convincente. Il resto è da dimenticare senza rimpianto tra uno sbadiglio e l’altro.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.