Nonostante il suo cognome in tedesco significhi “spavento”, Maximilian Schreck (in italiano letteralmente Massimo Spavento!) non è uno pseudonimo, ma il vero nome di uno degli attori più inquietanti e misteriosi della storia del cinema.
Un nome una garanzia
Schreck nacque a Berlino l’11 giugno del 1879 e fin dai primi anni della sua adolescenza mostrò un grande interesse per il teatro. Dopo un lungo periodo di apprendistato, debuttò nei primi anni del ‘900 nello spettacolo Messeritz e Speyer con il quale girò la Germania per due anni. Tornato a Berlino, entrò a far parte della compagnia di Max Reinhardt con cui rimase fino al 1919, ma nello stesso anno iniziò anche a dedicarsi anche al cinema, comparendo nel film Der Richter Von Zalamea, adattamento dell’opera in sei atti di Calderon e diretta da Ludwig Berger per la Decla Bioscop. Il successo del film lo portò ad alternare la carriera teatrale con quella cinematografica fino al 1922, anno in cui l’attore venne ingaggiato dalla Prana Film per la loro prima e unica produzione: Nosferatu, Eine Symphonie des Grauens (in Italia conosciuto col titolo di Nosferatu – Il Vampiro). Il film, diretto dal grande regista Friedrich Wilhelm Murnau, segnò una svolta nella carriera di Schreck ma, nello stesso tempo, causò la bancarotta della casa di produzione che dichiarò fallimento per evitare di pagare i diritti a una adirata Florence Stoker, vedova dell’autore di Dracula Bram Stoker. Ormai lanciato nel cinema, l’anno successivo Max Schreck interpretò il ruolo di un cieco che usava gli occhi di una bambina per orientarsi nel mondo nel film di successo Die Straße, diretto da Karl Grune per la Stern Film, mentre nel 1926 tornò al Kammerspiel di Monaco dove sposò l’attrice Fanny Norman. Schreck continuò a recitare in altri film, anche dopo l’avvento del sonoro, fino alla sua morte, avvenuta a Monaco il 26 novembre del 1936 a seguito di un attacco di cuore.
Nosferatu, il primo vampiro al cinema
Nonostante Nosferatu rappresenti una delle poche o forse addirittura l’unica incursione di Max Schreck nel genere horror (per alcuni neanche quella, perché si ritiene che sotto le spoglie del terribile vampiro si nascondesse lo stesso Murnau), il ruolo del Conte Graf Orlok in questa prima vera trasposizione cinematografica del Dracula di Bram Stoker (il film ungherese La Morte di Dracula del 1921 ha infatti poco a che vedere col romanzo di Stoker) lo fa ricordare ancora oggi come uno dei più terribili e spaventosi bad boy della storia del cinema. Nel 1992 Tim Burton, nel suo Batman – Il Ritorno, gli ha reso omaggio battezzando “Max Schreck” un sinistro uomo d’affari interpretato da Christopher Walken, mentre nel 2000 il regista E. Elias Merhige gli ha addirittura dedicato il film L’ombra del vampiro, in cui Schreck è interpretato magistralmente da un irriconoscibile Willem Dafoe. In quest’ultimo film si fa riferimento alla leggenda secondo cui l’attore fosse davvero dedito al vampirismo, come sembrerebbero provare le misteriose morti susseguitesi durante le riprese di Nosferatu; ma tutto ciò che rimane è sempre e soltanto una fitta coltre di mistero…
La vicenda del film di Murnau si svolge intorno al 1838: il commerciante di terreni Knock (Alexander Granach) invia il giovane Hutter (Gustav von Wangenheim) in Transilvania per curare una transizione immobiliare con il misterioso conte Orlok (Max Schreck). Una volta arrivato nei Carpazi, il giovane si troverà ad affrontare un mondo in bilico tra realtà e fantasia in cui la sinistra e inquietante ombra del conte sembra dominare tutto e tutti…
Insieme al precedente Il Gabinetto del Dottor Caligari, Nosferatu rappresenta ancora oggi la sintesi del pensiero espressionista tedesco, come dimostra il parallelismo tra lo sbarco di Orlok a Brema, in seguito al quale si diffonde la peste, e la prossima scalata al potere dei tiranni in Europa; o il corteo di bare portate a spalle verso il cimitero che preconizza i futuri stermini a opera della Germania nazista. Tuttavia, mentre il film di Wiene è considerato il vero manifesto dell’espressionismo, quello di Murnau si discosta dai suoi rigidi dettami per la scelta di scenografie naturali piuttosto che costruite artigianalmente in studio (il film fu girato tra le montagne dei Carpazi e Brema, il castello è quello di Oravsky Podzamok) e per l’introduzione, seppur ancora allo stato embrionale, di quelli che sarebbero diventati dei pilastri del cinema moderno: gli effetti speciali. Il regista utilizzò tecniche allora del tutto sconosciute: l’effetto spettrale e onirico della scena in cui vediamo il giovane Hutter attraversare la foresta fu realizzata proiettando tratti di pellicola negativa, mentre il movimento a scatti della carrozza avvolta, quasi aggredita, dalla fitta vegetazione fu ottenuto grazie a inquadrature effettuate fotogramma per fotogramma. A queste trovate va aggiunto l’effetto magico di porte e bare che si chiudono da sole o di corpi che attraversano la materia: la scena in cui la porta della stanza di Hutter si chiude da sola dopo il passaggio del conte, quella in cui la bara fa altrettanto dopo che Orlok vi si è accomodato dentro o, infine, quando il conte, arrivato nella sua nuova dimora di Brema, vi entra senza aprire la porta ne sono un esempio.
Nonostante i numerosi ritratti cinematografici del vampiro Dracula come quello di Bela Lugosi, di Christopher Lee, di Klaus Kinski o di Gary Oldman, l’immagine di Schreck nel ruolo del Conte Graf Orlok è senza dubbio la più memorabile: la testa calva a forma di topo, il lungo e prominente naso aquilino, le profonde occhiaie, le orecchie appuntite, gli occhi perennemente sbarrati e sporgenti, le lunghe dita di ragno, il capo infossato tra le spalle curve, un profilo magrissimo, quasi fragile. La figura del conte Orlok risulta così essere più isolata e tesa rispetto a quella dei successivi film: il vampiro di Schreck è molto diverso da quello interpretato da Bela Lugosi nel 1932, molto più simile a un lupo o a un pipistrello, o a quello letteralmente assetato di sangue di Christopher Lee. L’attore, con la collaborazione di Murnau e dell’art director Albin Grau, ci regala un vampiro più simile, anche fisicamente, a un roditore e per un motivo ben chiaro: il termine Nosferatu deriva dallo slavo “nosufur-atu” che a sua volta deriva dal greco “nosophoros” o “portatore di calamità” e l’antica credenza che le malattie nate dai topi fossero la causa di molte calamità, spiega la scelta.
Il film uscì nel 1922, ma Florence Stoker, con l’aiuto della British Incorporated Society of Authors, riuscì a far distruggere i negativi originali e molte delle copie di Nosferatu; ma i vampiri, si sa, hanno il dono di tornare in vita e così, dopo la morte della vedova, qualche copia del film ricomparve magicamente (una a quanto pare nascosta dallo stesso Murnau). Alcune furono trasferite alla Universal, che dal 1928 aveva acquistato i diritti del libro, per poi comparire, in una versione inglese e una francese, con i nomi dei personaggi cambiati secondo la versione di Stoker.
About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).