“Una volta che lo vedi, nulla potrà salvarti”. Torna Scott Derrickson.
Regista incostante che verrà ricordato dagli antologisti negli annali come l’autore di quel grande film chiamato L’Esorcismo di Emily Rose (2005), forse il miglior lungometraggio di sempre intorno il tema della possessione diabolica dopo (ovviamente) L’Esorcista (1973, William Friedkin), mica pizza e fichi insomma. Questo nella migliore delle ipotesi, perché viceversa Derrickson, a cui auguriamo ovviamente lunga vita, sarà ricordato come un autore fortunato più che bravo, come colui che ha incrociato la dea bendata nel momento di raccontarci l’angosciante vicenda della giovane Emily ma a cui è riuscito bene un film ed uno solo. Uno di passaggio in sostanza. Meglio non essere troppo pessimisti, il giovane Scott ha tanto tempo per lasciare all’oblio i suoi credits in Hellraiser 5: Inferno (2000) e Ultimatum Alla Terra (2008), il primo uno dei peggiori capitoli cenobitici, il secondo uno sci- fi demente con Keanu Reeves e Jennifer Connelly. Intanto a Ottobre uscirà in America questo nuovo Sinister, presentato al South by Southwest Festival di Austin, non esattamente Cannes ma comunque una vetrina importante. Buona la prima. Dal bucolico e ricco Texas giungono rumors di un film nel complesso gradevole, giocato sullo stop and go narrativo, in cui la tensione esplode a vampate spiazzando lo spettatore nonostante un’ infinità di luoghi comuni e una storyline non proprio degna di H.P. Lovecraft.
Il trailer, da poco uscito, non è malaccio, tiene sulla graticola quel tanto che basta da stimolare i recettori neuronali verso caramelle gommose e vaste poltrone da multisala. La storia è quella della classica casa stregata in cui un romanziere in crisi dovrà salvare la sua famiglia dal demone di turno. Sa di visto e stravisto ma potrebbe valerne comunque la pena. Ellison si occupa di romanzi ispirati a macabri avvenimenti. Al fine di calarsi meglio nelle sue storie il tormentato scrittore si trasferisce, insieme alla famiglia, direttamente nelle abitazioni luogo degli omicidi. Per il suo ultimo lavoro l’uomo trova alloggio in una dimora modesta dove nove anni prima un’ intera famiglia è stata massacrata. La scoperta di vecchi super 8 (vi ricordate le le VHS di Sadako nel Ring di Nakata Hideo? Voyerismo fatale alla riscossa) nel sottoscala sarà letale. I vecchi found-footage infatti, una volta visionati non solo daranno modo a Ellison di ricostruire i terribili fatti avvenuti in quella casa ma, soprattutto, lo metteranno in contatto con il responsabile dell’eccidio, un demone il cui unico scopo sarà di perseguitare i nuovi inquilini.
L’equazione originalità e innovazione uguale perfezione non è così scontata. Certo, vengono i brividi, in senso dispregiativo, a quanto possano parere banali script come il sopra citato ma non si deve o meglio, si dovrebbe, cadere nella trappola del pregiudizio. Un bel film può anche essere il prodotto non solo del “già visto” ma persino del più consumato dei topòi in celluloide a patto che a rinnovarsi sia la sensazione intima di turbamento ( e per estensione di stupore focalizzando il concetto al corpus di ogni genere cinematografico) dello spettatore, quella si, essenziale innesco qualitativo in ambito horror.
I riferimenti ad Amityville Horror (2005, Andrew Douglas) e Paranormal Activity (2007, Oren Peli) sono i più immediati ma, nei cassetti della memoria, ritroviamo senza dannarci allusioni anche a capolavori secolari come Shining (1980, Stanley Kubrick) e Poltergeist (1982, Tobe Hooper) oltre al meno noto, seppur splendido, Entity (1981, Sidney J. Furie) e, perchè no, a The Haunting (1963, Robert Wise) capostipite incontrastato del filone ghosts house . E cosa infesta una ghost house? Un fantasma ovviamente, oppure un demone, differenza non da poco se pensiamo alla natura tendenzialmente più sadica e splatter del secondo, come insegna il nostro Lamberto Bava (Demoni, 1985). Proprio la figura del demone necrofago antagonista pare essere una delle motivazioni più interessanti per cui vedere Sinister. Trucco semplice, mascherone bianco con occhi cerchiati di nero, visibilità random e guizzante, un Beetlejuice shakerato nel look e nel temperamento a King Diamond, una creatura del male dispettosa e mal intenzionata, dalla rappresentazione d’impatto. A spiegarci tutto di lui sarà Vincent D’Onofrio, caratterista strepitoso che, nel lungometraggio di Derrickson, avrà la parte del demonologo Professor Jonas. Chi tenterà di salvare famiglia e pellaccia è Ethan Hawke, proprio lui, super figo mainstream che, tra una commedia spappola Kleenex e l’altra, ogni tanto si diverte a cimentarsi sui generis come già successo con Gattaca (1997, Andrew Niccol). Al suo fianco, nel ruolo della brava mogliettina Juliet Rylance, positiva in Animal (2005, Rose Bosch) oltre alla piccola Clare Foley di Mosse Vincenti, canonica pellicola da Sundance dell’anno passato diretta da Thomas Mc Carthy con Paul Giamatti sugli scudi.
Si evince che la co-produzione Lionsgate/Summit Entertainment non ha badato a spese ingaggiando un cast di tutto rispetto ma soprattutto, affidando il making of a Jason Blum, intende andare sul sicuro con uno che promette ottimi incassi. Per inciso Blum punta al “triplete” dopo i colpi messi a segno con la saga di Paranormal Activity e con Insidious, pellicola di James Wan considerata da molti la migliore della scorsa stagione. A proposito di Insidious e del suo successo al botteghino e sui taccuini degli esperti, l’intento fin troppo esplicito di replicarne le fauste sorti con il lancio di Sinister potrebbe rivelarsi un espediente dall’effetto boomerang. L’idea infatti che il lavoro di Derrickson sia nella testa dei produttori la logica conseguenza di quello di Wan non esalta affatto ma, anzi, smorza prepotentemente gli entusiasmi di fronte alla possibile, ma non certa, ennesima pellicola creata ad hoc sull’inerzia del successo economico di una precedente dei medesimi autori. L’asserzione secondo la quale chi guadagna molto ha sempre ragione, seppur si inocula inestirpabile nel cuore dello showbiz, da buon romantico mi amareggia. Per tale ragione concedetemi la speranza che Sinister non sia la copia sbiadita di Insidious. In Autunno ne sparemo di più. Ultima piccola nota, nel cast compare anche James Ransone, il Tate di Ken Park (2002, Larry Clark e Edward Lachman), a quanto pare reduce da una sua prima interpretazione horror di valore assoluto.
About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.