Justin Russel, sceneggiatore e regista, dà corpo con The Sleeper alla sua evidente e sfrenata passione per gli slasher degli anni ’80, servendo un tributo alla gloriosa decade.
A interrompere la tranquilla vita di una intima confraternita femminile ci pensa un maniaco dagli occhi di ghiaccio, che scegliendo le sue armi direttamente dalla cassetta degli attrezzi fa fuori una per una le adepte, informando sistematicamente le superstiti su chi sarà la prossima vittima, ovviamente con telefonate inquietanti e piagnucolose. Justin Russel, sceneggiatore e regista, dà corpo con The Sleeper alla sua evidente e sfrenata passione per gli slasher degli anni ’80, servendo un tributo alla gloriosa decade.
Non manca nessuno degli elementi tipici del genere di riferimento, fra ragazzi che sfoggiano abbigliamento sportivo, coppie che cercano furtivamente intimità e ragazze spensierate che vogliono divertirsi, senza dimenticare assolutamente il binomio ormai tradizionale “sesso-morte”; va da sé che anche la trama si sviluppa in questo senso e quindi in modo quantomeno prevedibile. Il tributo nostalgico rivela una perizia non indifferente anche e soprattutto nella cura stilistica dedicata alla fotografia e alla regia in modo che siano il più aderenti possibile all’estetica peculiare a cui fanno riferimento; Le scene di omicidio catapultano indietro nel tempo lo spettatore: sono costellate di primi piani su urli e armi del delitto, accompagnate dal motivetto musicale ridondante e sottilmente inquietante (anche se a volte stucchevole);l’attenzione per il particolare è forse apprezzabile soprattutto per coloro che condividono con Russel la nostalgia per il periodo.
Tuttavia nel filone dei rifacimenti ispirati dai vecchi horror abbiamo già avuto a che fare con la mania tarantiniana per le trashate splatter, che ha partorito lavori a tutto tondo più appetitosi e intriganti; certamente è rilevante la considerazione che in questo caso si ha a che fare con una produzione indipendente e le pellicole tarantiniane (e affini) si appoggiano invece un budget decisamente più adattabile alle esigenze, tuttavia, per quanto a livello puramente estetico The Sleeper raggiunga pienamente il suo obiettivo, a livello narrativo ed emozionale non è all’altezza né delle grandi opere cinematografiche passate a cui si ispira né delle altre moderne produzioni di pari intenti. Il coinvolgimento dello spettatore nello sviluppo della vicenda non è sostenuto da intrighi narrativi o da rivelazioni, gli agguati del killer non sono affatto inaspettati e qualche volta la pedissequa rappresentazione anni ottanta dei crimini sembra un po’ troppo calcata perdendo la freschezza e, se vogliamo, l’ingenuità propria dei predecessori a cui si rifà.
Gli attori che lavorano a questa produzione sfornano performance credibili e piacevoli: Brittany Belland, ovvero Amy, la protagonista indiscussa, dolce e naturale, alla sua prima prova cinematografica, è una calamita per la simpatia; l’unico elemento non pienamente convincente è il serial killer, che finisce per risultare un po’ scialbo e incompleto, ma senza minare la totalità dell’opera; l’unica cosa che contribuisce senza limiti al verificarsi dello spiacevole fenomeno definito “trasferimento di imbarazzo” è la scena di ballo collettivo che inquina il benessere dello spettatore e della pellicola per il resto della sua durata. Discreto per i nostalgici, passabile per una serata in compagnia.
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