La nuova creatura del padre di “The Blair Witch Project” è pronta a sbarcare nelle sale d’America.
Eduardo Sanchez è cubano, è talentuoso ma soprattutto è un pioniere. Pensate al mockumentary, all’insieme di pellicole di successo e non, sorte come negozi cinesi in via Sarpi a Milano. Tutto è partito dall’idea geniale di quest’uomo e di un manipolo di amici sagaci e temerari. Era l’ormai lontano 1999 quando Sanchez diresse, in combutta col fido Daniel Myrick, The Blair Witch Project, falso (d’autore) che cambiò radicalmente le regole dell’orrore su celluloide. Che lo si ami o meno, quell’esperimento da ventimila dollari fu l’inizio di un’incontrovertibile new wave, di una tendenza alla rappresentazione giocata sull’inganno dello spettatore. Ruggero Deodato col suo Cannibal Holocaust nel 1980 aveva già capito tutto. Considerazione naturale dello spettatore abituato ad un “certo” tipo di Cinema. Senza addentrarci in pericolosi dibattitti sull’opportunità di definire la strepitosa pellicola del Ruggero nazionale un classico film horror, non vi è dubbio che The Blair Witch Project sia stato seminale nel montaggio e che, vuoi per la proverbiale fortuna del dilettante, vuoi per la penuria di film horror interessanti in quel preciso periodo storico, risulti (ancor più di Cannibal Holocaust) nel complesso baciato da una delle qualità più importanti per un opera artistica, la credibilità, sia che la si intenda come verosimiglianza rappresentativa sia che la si intenda come fonte di processi emozionali e vibrazioni favorevoli all’audience. Inoltre, a differenza di falsi snuff come Guinea Pig (1985, Satoru Ogura), il film di Sanchez e Myrick indirizza ed intrappola lo spettatore nella paura dell’invisiblie, del misconosciuto.
Sanchez e compagni devono la loro immensa fortuna all’aver indagato senza timori la sibillina possibilità che ciò che temiamo nell’oscurità, nell’interfaccia onirica più angosciante, possa essere razionale, empirico, tangibile. Sanchez ed il team della sua casa di produzione, la Haxan Films, hanno il merito di aver sdoganato, anche se solo per un breve periodo, l’insinuazione dell’esistenza del male ultraterreno, nello specifico delle streghe, facendoci perdere le nostre sicurezze sensoriali. Solo Friedkin e la sua Regan posseduta e straziata da quel poco di buono di Pazuzu erano riusciti a sconvolgere tanto lo spettatore medio, a renderlo fragile d’innanzi alla notte sucessiva alla visione di un film. Allo stato attuale il mock gode di straordinario successo produttivo ma, forse, ha definitivamente perso quel tocco di originalità e di brio, motivo per il quale si assiste sempre più spesso alla nascita di pellicole ripetitive e stracolme di banalità, come L’Altra Faccia del Diavolo (2012, William Brent Bell) e L’ Ultimo Esorcismo (2010, Daniel Stamm), blandi fotogrammi mal assemblati all’insegna della vanagloria. Accade così che il progenitore del Found footage decida di percorrere i binari della fiction tradizionale (sebbene qualche innesto di handy-cam sarà presente in Lovely Molly), forse proprio per distanziarsi da una moda che sembra aver esaurito la propria attrattiva. Sanchez dopo il decoroso thriller sci-fi Altered-Paura dallo Spazio profondo (2006) ed il ben congegnato ParaAbnormal (2009), sorta di horror impregnato di tinte leggere tipiche di una certa commedia dissacrante, per l’atteso Lovely Molly vira verso panorami decisamente più oscuri, affrontando tematiche quali la possessione demoniaca e la discesa verso gli abissi intimistici del dolore più estremo. Ancora una volta il cineasta cubano si avvale della solida scrittura di Jamie Nash, sceneggiatore di fiducia, alla sua terza esperienza collaborativa con Sanchez ed in procinto di realizzare la quarta, Exists, capitolo della paura che vedremo con tutta probabilità la prossima stagione e le cui riprese sono cominciate a Febbraio di quest’anno in Texas.
Molly e Tim sono novelli sposi, in preda all’entusiasmo decidono di trascorrere qualche tempo nella casa del padre di lei, personaggio violento morto di morte violenta. Presto Molly inizierà una terribile discesa verso l’oscurità più arcana, fatta di paranoia, autolesionismo e comportamenti beceri ed insensati. Il suo passato deviante e la sua infanzia travagliata riemergeranno con prepotenza in forma di pensieri confusi ed ingestibili, il tutto in concomitanza col ritrovamento di uno strano pugnale raffigurante un demone nello scantinato di casa. Quali segreti si celano tra quelle mura? Molly è impazzita o forze oscure la stanno possedendo?
Psicosi e vissuti paranoidei a stampo mistico-religioso sono legati da vincoli invischianti. Un numero considerevole di pazienti schizofrenici, in differenti culture, delira a proposito di Satana e Dio attraverso ideazioni persecutorie e megalomaniche. Intorno a questa arci nota premessa si gioca uno dei motivi d’interesse legati a Lovely Molly. Omaggiando il Polanski di Rosemary’s Baby (1968), Sanchez fa ruotare il suo nuovo lavoro, almeno dalle premesse, su di un tema di indubbio fascino antropologico, ovvero l’analisi del confine sottile fra superstizione e disagio psichiatrico. Sul sito ufficiale del film esiste una mini serie in dieci episodi, di durata media di un paio di minuti ciascuno, scaricabili tramite I-Tunes, che vanno a completare il succoso aperitivo fornito dal trailer ufficiale. La mini serie è montata in stile documentaristico con tanto di interviste ad esperti e filmati di repertorio mirando a ripercorrere le tappe che hanno condotto Molly al declino. Sanchez qui omaggia se stesso e la fortuna legata al suo primo lungometraggio, quasi volesse coinvolgere lo spettatore in un clima di amarcord senza prendersi troppo sul serio. In ogni caso l’esperimento funziona, la voce fuori campo è impostata e greve come nei migliori reportage della TV americana e l’intento di incuriosire lo spettatore è perfettamente riuscito. La mini serie tratta Molly come un personaggio reale e, come dicevamo pocanzi, lascia aperte differenti interpretazioni sulla natura del suo male. Gretchen Lodge pare bravissima al suo esordio per il grande schermo dopo l’esperienza nel musical Chicago ma resta da vedere se la sua performance sarà costante per tutta l’ora e trentanove minuti del film. Molto si gioca intorno alla sua interpretazione ed alla credibilità di un personaggio così travagliato. La Haxan e l’Amber Entertainment, casa co- produttrice e costola della celeberrima New Line di Mark Ordeski e Jane Fleming, sembrano non avere dubbi in proposito e presentano l’attrice newyorchese come prima scelta fra trecento candidate per la parte della protagonista. Al fianco della Lodge, nel ruolo del marito Tim, Johnny Lewis, già visto in quella porcheria di Alien vs Predator:Requiem (2007, Colin e Greg Strause) e soprattutto nell’ottima serie Tv sui motociclisti criminali Sons of Anarchy. Nei credits figura anche Alexandra Holden, reduce da esperienze interessanti nel Cinema di genere come Dead End, pluri premiato lavoro del 2003 a cura di Jean Baptiste Andrea e Fabrice Canepa.
Come ultima considerazione va portata una nota di merito alla campagna promozionale del film, in cui spiccano oltre il già apprezzato trailer, una cover dal design notevole, nella quale Molly appare come una sorta di Mona Lisa piangente sangue senza alcun segno di ribellione dal proprio dolore. Inoltre è possibile ordinare in rete una confezione di gadget fra cui un disco metallico con tanto di simboli infernali. Forse un pò pacchiano ma commercialmente ineccepibile. Il sito ufficiale è decisamente ben sviluppato e merita una visita attenta. La promozione in sostanza è indubbiamente riuscita.
La carne al fuoco non manca e le premesse sembrano buone. Uscita in America il diciotto di questo mese. Fuori concorso al Toronto Film Festival.
About stefano paiuzza
Appassionato d'horror da tempi recenti ma affascinato dalla paura da sempre. Ama in particolar modo il cinema europeo ed extra hollywoodiano in genere. Sogna una carriera come critico cinematografico e nel frattempo si diletta tra letture specifiche e visioni trasversali. Lavora a stretto contatto con la follia o forse è la follia a lavorare su di lui. Se fosse un regista sarebbe Winding Refn, uno scrittore Philip Roth, un animale una tartaruga. Ha pronto uno script per un corto ma non lo ha mai fatto leggere. Citazione preferita: "La dittatura è dentro di te" Manuel Agnelli.