“Mi hanno pagato con incredibili somme di denaro per qualcosa che avrei fatto gratuitamente” Stephen King
C’è stato bisogno dell’intervento di Neil Gaiman, per una volta nei panni dell’intervistatore d’eccezione, per fare luce su quelli che al momento sono giocoforza gli interrogativi più caldi intorno alla figura del Re Stephen King. Cosa bolle in pentola? C’era davvero bisogno di dare un seguito a Shining? E il tanto chiacchierato Joe Hill, è davvero così bravo come lo dipingono? Dalle colonne di The Sunday Times, un estratto delle dichiarazioni di Stephen King rilasciate a Gaiman.
Sulla scrittura
Non mi sono mai considerato uno scrittore horror. E’ piuttosto quello che la gente pensa di me, e non ho mai avuto niente in contrario. Arrivavo dal nulla, ed ero semplicemente terrorizzato dall’idea di deludere o contraddire in un qualche modo il mio pubblico: se loro avessero detto “Tu sei quello“, beh, sarei stato d’accordo, finché mi avesse aiutato a vendere i miei libri. Ho pensato di continuare a tenere la bocca chiusa e a scrivere ciò che volevo. Le cose sono parzialmente cambiate nel momento in cui l’antologia Stagioni Diverse ebbe alcune recensioni positive e il pubblico iniziò a dire “Wow, ma questa roba non è poi così horror“. Ovviamente non tutti se ne sono convinti. Ricordo un aneddoto parecchio esemplificativo di quanto sto dicendo: mi trovavo in un supermarket e mi avvicinò una donna, dicendomi che sapeva chi fossi, ero quello scrittore horror. Continuò dicendo che non aveva mai letto niente di mio, e che, pur rispettando il mio lavoro, preferiva cose più genuine, come Rita Hayworth and the Shawshank Redemption [NdR: racconto da cui è stato tratto Le Ali della Libertà]. E quando le dissi che anche quello era un mio libro, lei semplicemente rispose: “No, non è vero“. E se ne andò.
Non ho mai pensato alle storie che ho raccontato come qualcosa di costruito, piuttosto come a qualcosa di trovato. Spesso mi sono sentito dire che questa visione delle cose è troppo irrispettosa della mia creatività, ma ancora adesso ci sono delle dinamiche nella storia che sto scrivendo che non riesco a risolvere. Eppure non ci perdo il sonno: quando la soluzione arriverà, arriverà. Solitamente scrivo dalle otto alle dodici della mattina, e in quel lasso di tempo tutto ciò che faccio è dannatamente reale. E poi, semplicemente, spengo tutto, in genere dopo aver scritto non più di 1500 parole.
Su Joe Hill
Joe è bravo, ha uno stile praticamente indistinguibile dal mio, ma ha idee decisamente migliori. Credo che se morissi lasciando a metà Joyland, potrebbe tranquillamente finirlo lui e nessuno si accorgerebbe della differenza. Averlo intorno è come venire costantemente tempestati di idee e spunti, ma i miei ritmi non sono più quelli di una volta: il mio editore mi è stato costantemente col fiato sul collo per quanto riguarda Dr. Sleep, ma è passato un bel po’ di tempo prima che gli consegnassi il manoscritto, perché avevo bisogno di respirare un po’.
Su Dr. Sleep
Ho scritto il sequel di Shining perché era una sfida a cui non avrei potuto dire di no. La vera difficoltà non è solo quella di provare a proporre qualcosa alla sua altezza, ma anche qualcosa di diverso. Poi ero davvero troppo curioso di sapere cosa sarebbe successo a Danny Torrance una volta cresciuto. Sarebbe potuto diventare un alcolista, considerata l’esperienza paterna. Ho pensato di partire dal Danny quattordicenne che vive in maniera estremamente conflittuale il rapporto con la figura di quello che fu il proprio padre, della serie “non sarò mai come lui“, salvo poi ritrovarsi a trentasette, trentotto anni, alcolizzato. Quindi ho ricostruito intorno a quella figura tragica un mondo coerente alla sua situazione. E’ un individuo che ha fatto un sacco di lavori di basso profilo, da cui è stato sistematicamente licenziato, e alla fine l’ho voluto a lavorare in questo ospizio dove, grazie allo shining, è in grado di accompagnare le persone verso la morte. Lo chiamano Dr. Sleep, e sanno che è lui l’uomo da chiamare quando sentono che l’ora è giunta.
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.