La golden age dei morti viventi è iniziata da un pezzo…
I nostri putridi amici sono ormai diventati il fenomeno che è stato, fino a un annetto fa, esclusivo appannaggio dei vampiri, ovvero una sorta di eroe/anti-eroe da rileggere, reinventare, rinnovare e soprattutto dare in pasto anche a un pubblico di giovanissimi.
Una riscoperta del macabro e del gore e un interesse quasi politico per i revenant imperversa in libreria, al cinema e in TV, e se lo zombi è indubbiamente meno protagonista dell’egocentrico e spesso iperpatinato discendente di Dracula, proprio l’impossibilità di farne un divetto – ninfetto fa del morto vivente uno strumento artistico di indubbia potenzialità, proprio come fu ai tempi di Romero.
Certo, il rischio di tramutare anche il buon vecchio defunto in un trend commerciale c’è, come in tutti i casi in cui si creano delle mode a tavolino. Ad esempio nel caso di Jonathan Maberry, già osannato sceneggiatore di fumetti alla Marvel Comics, e quindi vicino a un certo tipo di pubblico, che esordisce con questo “Rot & Ruin”, di fatto il primo volume di una quadrilogia già ben pianificata, dedicata essenzialmente a un’audience giovane, e in cui si narra di mondo post-apocalittico popolato da pochi uomini e tanti zombi (con tutto quello che ne consegue).
Non una brutta idea (per quanto non brilli per originalità), né scritta male, anzi: “Rot & Ruin” ha quello che spesso manca a tantissimi romanzi, ovvero un ottimo inizio e un finale travolgente, due dettagli che mi fanno essenzialmente riconciliare con una lettura caratterizzata poi nell’insieme da alti e bassi.
Purtroppo l’impronta fumettistico-adolescenziale si sente e ha il suo peso: a prescindere dall’assenza di dettagli realmente macabri, gli zombi restano essenzialmente delle macchiette sullo sfondo, e tutto il romanzo ruota invece nella solita lotta tra buoni e cattivi, tutti di specie umana ben viva, sullo sfondo di una società ripartita più o meno da zero dopo un misterioso evento che ha distrutto la civiltà moderna e ha dato il via al fenomeno dei morti viventi. Gli eroi sono buoni buoni e fighi fighi, mentre i cattivi sono cattivi fin nel midollo. C’è un tantinello di arti marziali come nelle migliori tradizioni eroico-holliwoodiane, e una spolverata di colpi di scena ben azzeccati che sono frutto dell’esperienza da mestierante dell’autore. La scrittura scorre via veloce, si fa la conoscenza di personaggi piacevolmente strutturati, come ritratti effettuati con verosimiglianza dei tratti ma con poca anima. Nel complesso 350 pagine che si bevono, anche se si hanno più di 15 anni.
Certo, senza raggiungere gli eccessi e gli estremismi di certe letture vampiresche, possiamo affermare piuttosto che fare solo la comparsa in una lotta tra umani retrocessi ad uno stato madmaxiano. Come poi tracciare la psicologia e la personalità di un personaggio che ha l’elettroencefalogramma piatto, lo lasciamo alle capacità di autori originali, desiderosi di affrancarsi da certi cliché. A Maberry lasciamo il beneficio del dubbio: che alla fine la sua quadrilogia ci conduca ad apprezzare la sua eventuale genialità. Per ora ci limitiamo a divertirci.
About Simona Bonanni
Simona da piccola aveva paura dei vampiri, oggi non ne può più fare a meno, a costo di incappare in libri e film di discutibile qualità. Artisticamente onnivora, è attratta da tutto ciò che è strano, oscuro e singolare. Divora pagine in gran quantità, scrive, fotografa, crea e dà molto credito a tutto quello che le passa per la testa. Ma l’unico che l’ascolta è il suo gigantesco gatto nero.
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