“Ma tutto era a posto adesso, tutto era a posto, la lotta era finita. Era riuscito a trionfare su se stesso. Ora amava il Grande Fratello” (1984, George Orwell)
Due uomini e due donne buttati in un’area industriale abbandonata a farsi la guerra, combattere per la propria vita e per un altro misterioso premio che non verrà rivelato che nella battute finali, pur parzialmente anticipato dalla draconiana citazione orwelliana in apertura di corto che non lascia spazio a contraddittorio alcuno.
E’ InHumane Resources, il ritorno sulle scene di Michele Pastrello a meno di un anno dal precedente, ottimo Ultracorpo e dallo stucchevole codazzo di polemiche che ha accompagnato la sua pubblicazione. Bypassato qualsiasi circuito festivaliero – al contrario di quanto fatto in passato il corto è stato immediatamente distribuito via web -, il nostro mantiene saldo il filo col passato per quanto riguarda quelli che stanno diventando i suoi marchi di fabbrica sia formali che sostanziali – una grammatica cinematografica ricca e mai banale, l’ibridazione di un cinema (sempre meno) di genere con scottanti tematiche d’attualità – allontanandosi per contro dalle suggestioni orrorifiche di cui erano impregnati i suoi precedenti lavori per spostarsi nello dintorni dello spinoso campo della distopia sci-fi. Il futuro – o il presente? – che-non-vorremmo disegnatoci da Pastrello è un Battle Royale in chiave new economy, un mondo dove il respiro affannoso ha sostituito la parola, l’homo homini lupus ha perso ogni accezione metaforica e il punto di vista è quello unico e spersonalizzante delle microcamere indossate dagli sventurati protagonisti della vicenda. Pastrello si dimostra ancora una volta regista a sceneggiatore sul pezzo, assolutamente dinamico nella propria personale evoluzione e con uno stile che fa dell’eleganza dinamica il proprio segno distintivo, così capace da nobilitare un plot narrativo tanto attuale quanto a serio rischio banalizzazione. E poco importa che l’interpretazione di alcuni dei comunque più che discreti interpreti non sia sempre perfettamente a fuoco e le limitazioni del budget denuncino quello che altrimenti sarebbe potuto essere e che, considerato l’indiscutibile talento di Pastrello, meriterebbe di essere in un futuro il più prossimo possibile e un po’ meno distopico.
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About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.