La fiera del già visto in un thriller quasi sempre scontato e prevedibile.
Squadra che vince non si cambia, devono aver pensato David Brooks e Chris Sparling, rispettivamente regista e sceneggiatore di questa pellicola, e così hanno pensato bene di prendere tre sprovveduti e giovani colleghi di lavoro, chiuderli in un chiosco con due bancomat, di cui uno fuori servizio, e farli assediare da un killer spietato, disumano e onnipotente, onnipresente e onnisciente, una specie di divinità molto incazzata.
Durante l’oretta abbondante in cui l’assedio ha luogo, assistiamo a diverse nefandezze dell’omicida, e soprattutto alla lenta discesa verso gli inferi dei tre ragazzi, che faranno le solite, ovvie e scontate fesserie per cercare di sfuggire al loro destino, con pessimi risultati.
Ci sono rimandi a una decina di altre pellicole almeno, dai classici Halloween e Venerdì 13 per quanto riguarda il “cattivo”, passando per Panic Room e In linea con l’assassino per il senso di claustrofobia. Ma c’è anche qualcosa di Scream, senza tralasciare ovviamente Saw. Gli altri li lascio trovare a voi, se ne avete voglia.
I primi venti minuti sono dedicati alla presentazione dei personaggi principali, tre colleghi di lavoro, e delle loro personalità. La ragazza del gruppo è al suo ultimo giorno di lavoro, e uno dei due colleghi trova finalmente il coraggio di invitarla a uscire, cogliendo l’occasione della cena di Natale aziendale. Mentre i tentativi di approccio del primo ragazzo vanno finalmente a buon fine, un collega e amico (ancora per poco), decide di rompere le uova nel paniere e si aggrega alla coppia appena formata. Per una serie di motivi che potrebbe anche sfuggire, il terzo incomodo, oltre a volersi far portare a casa, decide che ha bisogno di denaro e tutti insieme decidono di fermarsi a un bancomat (ATM è la sigla di Automatic Teller Machine, ossia il nome che hanno i bancomat in USA). Tanto per continuare nelle stranezze, in un parcheggio deserto il guidatore decide di parcheggiare ad almeno duecento metri di distanza dal chiosco che contiene i due bancomat. A ogni modo, dopo che i tre sono entrati nel piccolo edificio vetrato, vedono all’esterno un uomo dall’aria minacciosa. Non so per quale motivo sia così spaventoso, però i tre decidono che la figura è inquietante. Hanno ragione, ovviamente, e la prova ce l’hanno dopo pochi minuti, quando il tipo attacca e uccide brutalmente un uomo il cui unico delitto è di portare a spasso il cane. Che, altra stranezza, si guarda bene dall’intervenire a difesa del padrone.
Acquisita la sicurezza di essere in pericolo, i tre provano a elaborare diversi piani per riuscire a sottrarsi alla furia omicida. Provano a offrire soldi al tipo, che li rifiuta gentilmente; uno dei tre cerca di raggiungere la macchina (sempre a duecento metri di distanza), rimanendo in maniche di camicia, che a -6 F° (come più volte ci viene indicato da un termometro), che fanno circa venti gradi celsius sotto lo zero, non è l’abbigliamento adatto; provano a far scattare un qualsiasi tipo di allarme, senza mai riuscirci. Insomma, ci provano con pessimi risultati. Sono talmente presi dal loro panico, che arrivano ad attaccare e a uccidere un poveraccio che voleva evidentemente solo prelevare del denaro. E la cosa pazzesca è che lo uccidono con la catenella di sicurezza della penna in dotazione nel chiosco. Sì, proprio quella catenella che da noi si rompe solo a nominarla. Vabbe’, ma quella è americana, roba tosta!
Negli ultimi dieci minuti la storia si riscatta in parte grazie a una serie di flash che ci fanno capire in che direzione andranno le indagini conseguenti ai delitti avvenuti nel chiosco dei bancomat, e come i tre ragazzi abbiano sbagliato completamente strategia di uscita. Al contrario del loro avversario che, avendo calcolato tutto, non può sbagliare. Purtroppo Saw è inarrivabile nella sua perfezione perversa, e non basta fornire un’intelligenza più o meno alta al “mostro” per renderlo simpatico; anzi, il fatto stesso che abbia scelto le sue vittime a caso, indipendentemente dal fatto che se lo meritino oppure no, ci porta a considerarlo un nemico, senza nessuna attenuante. Quindi nessuna empatia.
Peccato, da Sparling mi sarei aspettato qualcosa di meglio, dopo Buried.
About overhill
Nato a Torino, dove si occupa di informatica per lavoro e musica per diletto. Scrive e pubblica due romanzi, "Dove la notte inizia" e "Tabula rasa", e mentre lavora al terzo scrive sceneggiature per film e fumetti. Collabora con "Horror.it" a tempo perso, per divertimento e per approfondire la conoscenza del vasto mondo dell'horror. Ma più per divertimento.
Twitter •