Brutte gatte da pelare i crossover. Roba tosta per penne fine e lucide, obbligate come sono a plasmare di due un unico mondo che sappia tenere conto di due entità autonome e a loro modo coerenti.
Un team di archeologi e scienziati sta compiendo una serie di scavi chi si preannunciano epocali al di sotto dello strato di ghiaccio che ricopre il continente antartico. Gli strumenti sembrano rilevare l’inspiegabile presenza a chilometri di profondità di una piramide che riporta tratti tipici di più civiltà antiche.Ciò che invece il team scoprirà troppo tardi è la presenza al suo interno di quella che è la più feroce razza aliena con cui l’uomo abbia mai avuto a che fare. Una razza aliena che oltretutto sembra essere la più ambita preda di caccia dei letali Predator, anch’essi diretti al cuore della piramide in cerca di gloria e di un ricco bottino di scalpi alieni…
Brutte gatte da pelare i crossover. Roba tosta per penne fine e lucide, obbligate come sono a plasmare di due un unico mondo che sappia tenere conto di due entità autonome e a loro modo coerenti, cresciute e arricchitesi nel corso di lunghi anni, non certo in quello di una session pur intensiva di scrittura. Brutta faccenda soprattutto quando le suggestioni mercantili sono troppo forti per essere ignorate e i soggetti cui si vorrebbe far incrociare le reciproche strade sono pezzi da novanta della cinematografia mondiale con tanto di specifico e ramificato pedigree – Alien – e campioni indiscussi del cinema action/sci-fi di genere – Predator -. Inaugurata dalla casa editrice di comics Dark Horse nel 1988 con una trilogia ad hoc, la connection tra Alien e Predator venne cinematograficamente benedetta da Stephen Hopkins nelle battute finali di Predator 2, che tra i cimeli di caccia dei suoi cacciatori alieni fece comparire il teschio di uno xenomorfo. A quel punto la strada era definitivamente segnata e, nel caso, tanti saluti a tutte le problematiche da crossover. Tanto simili per origine extraterrestre che diversi per dinamiche e finalità narrative, ciò che lo sceneggiatore e regista Paul W.S. Anderson si ritrovò a dover scegliere fu quale dei due mood privilegiare: l’esplosiva e ipercinetica azione guerrafondaia dei Predators o l’esasperante, strisciante chirurgia thrilling della creatura nata dalla mente di O’Bannon: come la sua stessa, successiva produzione futura ci ha insegnato, il nostro non è mai stato regista da perdere troppo tempo in particolari contemplazioni, avendo sempre preferito far parlare le tante bocche da fuoco dei suoi personaggi.
E dopo una lunga fase preparatoria, utile a presentare l’eterogeneo gruppo di umani e la non immediatissima ambientazione dell’intera vicenda, il cuore della narrazione si disvela più per esplosione che costruzione: l’arrivo dei Predators sulla Terra da infatti vita ad una lotta senza quartiere tra questi ultimi e gli Aliens, con la compagine umana prima impegnata a fare da involontario cuscinetto – leggi carne da macello – tra i due, poi protagonista di un’ inedita alleanza per la sopravvivenza con i cacciatori alieni contro le orde di xenomorfi e la loro regina. Così facendo, Anderson finisce fatalmente per appiattire e rendere unidirezionale lo svolgersi di eventi che con tre forze in campo avrebbe potuto avere ben altro respiro possibilità di sviluppo, ottenendo sì immediatezza – a quel punto i confini tra buoni e cattivo sono ben delineati, particolare tutt’altro che secondario considerato il target tradizionalisti di pubblico a cui la pellicola è idealmente rivolta – ma ritrovandosi nel contempo a sacrificare tutto il potenziale dell’elemento-Alien, ridotto ora a banale schifezza aliena da riempire di piombo nei corridoio di una piramide che vorrebbe almeno in parte ricostruire il clima claustrofobico di una qualsiasi Nostromo, e offrendo il fianco anche a un paio di momenti di ridicolo involontario negli episodi di empatia e di comunicazione non verbale tra i Predators e gli esseri umani sopravvissuti. Ad armi abbassate, l’impressione è che sia stato fatto tanto rumore per – quasi – nulla, perché dei quasi settanta milioni di dollari stanziati per la pellicola si ricordano praticamente solo le esplosioni, perché gli unici elementi attivi su cui la scrittura avrebbe potuto agire in totale libertà in fin dei conti risulta essere il solito gruppo eterogeneo di stereotipi umani equamente diviso per razza, genere e professione, e perché un Pedator Vs qualsiasi-altra-schifezza-interplanetaria a queste condizioni avrebbe avuto l’identica resa cinematografica. E non avrebbero nemmeno corso il rischio di svilire così brutalmente quello che nei fatti è un caposaldo di un certo tipo di immaginario collettivo: ma questa, forse, è l’esatta misura della differenza che intercorre tra il chiamarsi Anderson e il chiamarsi Scott, o Cameron.
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.
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mar 02, 2012Posted By
deepred78La cosa che meno mi e’ piaciuta del film e’ il relegare l’alien a perfetta preda idiota dei piu’ evoluti predators,quando nella pellicola originale e nei sequel ,l’alien era si un mostro crudele e istintivo ma anche capace di mettere in atto vere e proprie strategie per far cadere gli umani nelle sue trappole.
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lug 12, 2013Posted By
gregorio kruegerper chi come me ha visto i film di alien ,questo film svaluta quest ultimi rendendoli si sempre feroci ma un po scarsi dal punto di vista strategico,rendendoli facili prede per i predators ,comunque sia il film non è male.