Souvenirs è un thriller purtroppo troppo castrato per essere efficace.
Sebastian, (Demetri Goritsas) ex agente dell’FBI, dopo l’assassinio della moglie si trasferisce in Italia. Tramite Domenico (Nicolas Vaporidis), un agente immobiliare, affitta una villa in Sicilia. Ma la casa nasconde un mistero e raccapriccianti ritrovamenti. Nel capanno dell’abitazione, l’uomo scopre una nicchia nascosta nel muro che contiene una scatola. Dentro ci sono sei scalpi femminili.A risolvere l’intricato giallo l’ispettrice Isabelle Leoni (Giorgia Surina) e il sovrintendente Bruno Anzalone (Riccardo Festa) .
Il terzo appuntamento con la miniserie Sei passi nel giallo propone il segmento più cinematografico del ciclo: Souvenirs. Purtroppo, se da una parte abbiamo un plot sicuramente meglio scritto dei precedenti, persistono alcuni errori a tratti indigeribili: il doppiaggio pedestre, la violenza castrata che almeno in questo caso avrebbe richiesto più blood and gore e una risoluzione già largamente anticipata poco dopo l’ingresso in scena dell’assassino. Si capiscono le differenze tra una serie targata Mediaset e una targata Sky, penso al Romanzo criminale di Stefano Sollima che faceva della sua anti televisività un vanto di parolacce, nudi e violenza. L’idea infelice è probabilmente quella di portare in una televisione imbelle da oratorio di Cento vetrine un tipo di cinema, il thriller dei serial killer, ma anche il torture porn, in versione Tinky Winky, da Albero azzurro o Melevisione, senza la sporcizia, il sangue che schizza o si raggruma, i caldi seni di starlettes generose.
Rimane sì la cornice, ma è insoddisfacente come un coitus interruptus, come un porno tagliato per passare come erotico, non si può giocare a fare la guerra senza essere guerrieri della notte. Resta la regia di Edoardo Margheriti, sempre ottima, come già si era dedotto dal precedente segmento Sotto protezione, capace di confezionare un thriller visivamente efficace sulla scia dei nostri grandi classici di suspense anni 70. Se da una parte la prova di Giorgia Surina e del resto del cast è volenterosa (ma Nicolas Vaporidis è al di là del bene e del male), un plauso lo si può fare soltanto alla bella Elisabetta Pellini che di passi ne ha fatti dall’esordio vanziniano de Il cielo in una stanza. A lei resta la parte più incisiva e sofferta, quella della vittima crudelmente vessagliata dal killer: prima viene costretta a mangiare a forza carne in scatola, poi con i vestiti strappati fugge in un terreno di cocci di vetro per cadere sotto dei colpi di un machete come un ibrido slasher alla Venerdì 13.
Sono purtroppo momenti che, come già detto però, non hanno una vera catarsi e vivono lo stato di grazia di un regista che meriterebbe di più della televisione da brivido giallo per casalinghe perchè ogni sua opera, da quelle meno riuscite come Con gli occhi dell’assassino a quelle più azzeccate come Sotto protezione, trasuda stile e bravura. Una punta dolente è come al solito in questa miniserie l’atroce doppiaggio da telenovelas brasiliana che rende vane molte volte gli sforzi attoriali dei protagonisti. Peccato perchè così il voto resta sospeso, poteva essere un ottimo thriller capace di far grondare di sangue l’anemico schermo da prime time di Canale 5 e si è rivelato solo un prodotto dalle grandi potenzialità, ma sotto sotto deludente.
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.
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