Riparte The Walking Dead, sempre all’insegna dei contrasti e delle contraddizioni umane.
Gli zombie sono tornati. La seconda parte della seconda stagione di The Walking Dead è cominciata, ripartendo da dove ci eravamo lasciati: di fronte a un tappeto di morti viventi massacrati da Rick e compagni, tra di loro la piccola Sophie che “era sempre stata lì”.
L’evento che ha finalmente rotto gli equilibri, ridando fiato a una stagione che ogni tanto tendeva a rallentare, è diventato un nuovo punto di partenza, ha solcato una linea oltre la quale una nuova strada sembra aspettare fiduciosa. I contrasti tra i sopravvissuti si fanno sempre più aspri, ormai siamo quasi alla rottura e il compito di Rick che vorrebbe tenere il gruppo unito sta diventando sempre più difficile. Il meccanismo che è scattato nelle menti dei protagonisti è quello di fronte a cui ci troviamo tutti i giorni, sul lavoro, a casa, con gli amici: ognuno pensa sempre di fare la cosa giusta, senza rendersi conto delle conseguenze che ogni propria azione può portare sul gruppo, cosicché da far diventare impossibile perseguire un unico scopo.
L’ottava puntata andata in onda dopo oltre due mesi di pausa è partita a razzo, come spesso ci hanno abituati gli autori, per poi fermarsi e girare attorno ai meccanismi messi in moto dalla strage degli zombie tenuti nel fienile: Herschell è sconvolto da quanto successo e sparisce alla ricerca forse di una nuova speranza per andare avanti, visto che quella di curare gli zombie è tramontata di fronte all’innegabile evidenza della loro condizione di non-morti; i dubbi su Shane si moltiplicano e cominciano a farsi pesanti i sospetti sulla sua condotta morale; Lori continua a ricadere sempre negli stessi errori (e la sua condizione non la giustifica) intestardendosi nel voler tenere Rick fuori dai guai, forse soltanto per espiare i propri sensi di colpa.
Una puntata che si muove, ma che resta nello stesso tempo ferma, allargando i propri orizzonti (sono preannunciati nuovi personaggi) e che sorprende, soprattutto nel finale, in cui ancora una volta viene sottolineata la drammaticità della situazione e il profondo cambiamento (o adattamento) di cui sono vittima i personaggi. Anche la regia e il montaggio confermano questa scelta di “movimento statico”, con riprese brevi, confronti serrati, situazioni che si accavallano creando ritmo e tensione, ma alla fine rimanendo fedeli alla sensazione di attesa che traspare dalla serie.
Mancano un po’ le adrenaliniche ambientazioni metropolitane dove i pericoli erano molteplici e la tensione palpabile, ma nonostante ciò le rare apparizioni degli zombie (spesso solitarie) continuano a essere dei pugni nello stomaco, anche solo investirne uno, come capita a Lori, comunica il senso di angoscia che permea la serie, limitata forse dalla fonte di ispirazione (il fumetto), ma capace di andare oltre il lato orrorifico di una apocalisse zombesca e di dare quindi un nuovo senso alla telecinematografia di genere.
About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).
Posted On
feb 15, 2012Posted By
ElvairaAmmetto che il finale, dove Rick riesce finalmente a farsi ricrescere le palle, mi ha spiazzata!!
E non vedo l’ora di conoscere il nuovo gruppetto di sopravvissuti che si profila all’orizzonte…
L’unica cosa che temo è un’involuzione del personaggio di Daryll, che prima dello “stop” era diventato sicuramente uno dei meno banali e più interessanti!