Wells è stato indubbiamente uno dei padri della fantascienza. E come qualsiasi opera di indubbio valore, i suoi lavori hanno qualcosa di profetico: in poche parole hanno detto con largo anticipo cosa sarebbe stato possibile, o anche solo seriamente concepibile, in un futuro lontano lontano.
Raccontato in prima persona dal personaggio di Prendick, testimone involontario degli orrori scientifici che dominano il romanzo, “L’isola del Dottor Moreau” è sicuramente una delle opere più fosche di Wells, impregnata com’è di intrinseca crudeltà e di malato positivismo. E’ un racconto che ci interroga sui nostri lati oscuri e animaleschi, e che porta alla luce svariate questioni sulla superiorità/utilità del genio umano: per questi suoi aspetti mi piace definirlo una perfetta unione tra le tematiche del Frankenstein (la ricerca dell’evoluzione attraverso la scienza) e quelle del dottor Jekyll e Mr Hyde (la scienza che diventa una porta spalancata sui recessi del male e dell’animale che ci portiamo dentro).
Moreau è l’intelligenza che è andata di nuovo oltre: se Viktor Frankenstein voleva farsi Dio in quanto capace di ridare vita al tessuto morto, Moreau si fa Dio in quanto creatore di una nuova razza che parte dall’animale inferiore e attraverso un’avveniristica chirurgia la tasforma in qualcosa di molto simile all’essere umano: un’evoluzione darwiniana perversa ed accelerata che, se ha potere sulle fattezze fisiche, non può però niente sullo spirito.
Tutto il romanzo è un intreccio sempre teso tra raziocinio e istinto animale: l’ambientazione selvaggia fa da perfetto contrasto all’idea di un laboratorio chirurgico così evoluto da poter forgiare degli umanoidi attraverso raccapriccianti pratiche di vivisezione. Ma qualcosa dello spirito animale non può essere piegato, e così l’uomo-scienziato ha controllo sull’uomo-animale solo con l’uso della violenza, con il tenerlo lontano dal sangue (che accende lo spirito “bestiale”) e attraverso un’inquietante formula rituale che recita cosa è buono fare per essere le degne creature del Grande Fattore Moreau, in un’inquietante parodia dei comandamenti cristiani.
Le implicazioni di questa narrazione sono molteplici: dalla follia umana alla deriva della sua superiorità morale e intellettiva (da cui l’isola), al riconoscimento del nostro lato animale nonché alla necessità di domarlo per essere diventare evoluti, senza dimenticare l’immagine vivissima dell’asservimento di una razza inferiore, addirittura creata a sommo studio, che nell’Inghilterra vittoriana delle colonie non doveva essere esattamente neutra e avulsa da critiche implicite.
Per quanto descritte con la discrezione dello scrittore ottocentesco, le scene di crudeltà (in verità spesso più umana che animale) sono toccanti e evocative, e la disperazione con cui il protagonista/voce narrante si ritrova alla fine unico abitante dell’isola maledetta, mentre intorno a lui tutto torna allo stato più selvatico, è intriso di un’intensità disperata e crepuscolare che sembra quasi voler segnare la sconfitta dell’uomo moderno impegnato in una inutile battaglia contro il corso oscuro e implacabile della natura.
Wells in questo libro ha già il tono umanamente sfiduciato e critico che sarà poi dei grandi scrittori a cavallo tra l’800 e il ‘900, che sembrano aver già perso fede nella grandezza della modernità prima ancora di averla veramente conosciuta. Non andiamo così a fondo, limitiamoci a pensare che Wells abbia voluto “solo” scrivere un racconto fanta-horror su uno scienziato pazzo che vuole il suo esercito di mostri, e che ci sia perfettamente riuscito, lasciandoci in eredità un immaginario che, in letteraratura come nel cinema, ancora perdura.
About Simona Bonanni
Simona da piccola aveva paura dei vampiri, oggi non ne può più fare a meno, a costo di incappare in libri e film di discutibile qualità. Artisticamente onnivora, è attratta da tutto ciò che è strano, oscuro e singolare. Divora pagine in gran quantità, scrive, fotografa, crea e dà molto credito a tutto quello che le passa per la testa. Ma l’unico che l’ascolta è il suo gigantesco gatto nero.
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