Prendete “La fabbrica di cioccolato”, aggiungete un dose abbondate di ombra, un mezzo bicchiere di atmosfere cupe…
tenete il composto rovesciato per tutta la notte, dopo di che, quando il colore sarà ben fosco, mescolatelo lentamente con sciroppo di zombie e una spoelverata di scienziato pazzo. Avrete una simpatica lettura “weird” per passare due ore interessanti lontani dalla TV.
Vietato farsi fuorviare dal titolo di questo romanzo breve (o racconto lungo) pubblicato dalla casa editrice indipendente “I sognatori”, così come fermarsi alle prime cinquanta pagine, in verità: quando infatti penserete che la quarta copertina vi abbia preso in giro, propinandovi una fiaba stramba per un racconto horror, ecco che la stessa prenderà una svolta delle più “gore”, senza nemmeno la consolazione di un lieto fine.
Ambientato in una qualunque cittadina di provincia (che, come ci insegnano i maestri del genere, è spesso il set perfetto per i crimini più sordidi), “Gioie e Sapori” è assai influenzato dalle fantasie strambe à la Tim Burton (ma quello più cupo che ha diretto “Sweenie Todd”, tanto per capirci) e ne rovescia l’atmosfera singolare ma fondamentalmente gioiosa/giocosa rappresentata dal mondo di Willy Wonka per restituirci una specie di fabbrica degli incubi, avvalendosi di elementi che vanno dalla fantascienza più malata e spietata alla lezione dei vari film zombie, passando per il tema assai caro all’horror puro della maledizione che incombe sulla piccola comunità apparentemente perbene e in realtà assai marcia, senza risparmiare istituzioni quali la famiglia e l’infanzia, e soprattutto terminando con una cupissima piccola apocalisse che ha il sapore del brutto sogno dal quale non riusciamo a svegliarci.
A tratti la scrittura di Oricci risente di un certo formalismo, che nasce forse dal contrasto tra la ricerca di uno stile proprio e la volontà di “scrivere bene”: certi dialoghi e alcune descrizioni suonano un po’ ridondanti e perfettine, e peccano di una certa mancanza di spontaneità. Anche i personaggi avrebbero sicuramente giovato di maggior spessore, pur tuttavia il materiale è nel complesso assai buono, e ha la caratteristica positiva di attingere ad un immaginario comune, il che rende la formula di questo racconto assolutamente vincente.
La velata critica sociale – il “mostro” che torna a vendicarsi per le ingiustizie del passato assumendo l’aspetto di un rispettabile cittadino – è vicina sia al tipico canovaccio horror, sia alla morale delle fiabe: entrambi i piani finiscono per incontrarsi al centro del romanzo per poi passarsi il testimone, facendo così traslare il lettore dallo strano al terribile senza colpo ferire.
Non un capolavoro, ma certo una buona prova per Sergio Oricci, che ha dalla sua parte un ottimo bagaglio “fantastico” e una scrittura limpida: non c’è che da incoraggiare una nuova prova.
About Simona Bonanni
Simona da piccola aveva paura dei vampiri, oggi non ne può più fare a meno, a costo di incappare in libri e film di discutibile qualità. Artisticamente onnivora, è attratta da tutto ciò che è strano, oscuro e singolare. Divora pagine in gran quantità, scrive, fotografa, crea e dà molto credito a tutto quello che le passa per la testa. Ma l’unico che l’ascolta è il suo gigantesco gatto nero.
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