La parte due è significativa: introduce il Jason adulto e spinge verso l’infinito il meccanismo del film precedente.
L’atto secondo di Venerdì 13 sancisce il passaggio di consegne da mamma Pamela al figliol prodigo Jason. Le psicosi della famiglia Voorhees continuano a funestare Camp Crystal Lake e dintorni, ora per mano dell’imponente e ritardato Jason annegato anni addietro nel lago causa negligenza dei sorveglianti.
La sua vendetta, cieca e senza emozioni, si riversa sugli occupanti del vicino camping e detta la direzione della saga: non c’è ancora la proverbiale maschera da hockey (che Jason adotterà in Venerdì 13 – Weekend Di Terrore), ma l’incedere e il burbero modus operandi, ciò che ci ha fatto innamorare di lui insomma, quelli ci sono eccome. La gloriosa emersione di Jason sul finire del film di Sean S. Cunningham poteva già far presagire il nuovo corso, ma in realtà il regista inserì il momento (uno dei più gustosi nella storia del cinehorror) quasi per scherzo. Fu invece Phil Scuderi, co-proprietario degli Esquire Theatres che produssero il film, a insistere su un sequel incentrato sulla figura del bimbo annegato. Eccoci allora a L’Assassino Ti Siede Accanto (sperando che sieda accanto a chi ha scelto il titolo italiano, prima di tutto), prima scorribanda del gigante mascherato per l’occasione con un grezzissimo sacco di iuta a tutela delle proprie deformità. La sua vendetta non può non decollare da Alice (Adrienne King, a sua volta perseguitata nella vita reale da uno stalker-fan, motivo per cui il suo personaggio venne rapidamente eliminato dalla serie), che assassinò la mammina nel concitato finale di Venerdì 13.
Tolto il sassolino, Jason torna tra le frasche amiche, dove un manipolo di giovani volenterosi si è appena insediato per sistemare il camping in vista della stagione estiva. Al di là della trama, clone del film precedente (e clonata da quasi tutti gli altri seguiti), L’Assassino Ti Siede Accanto sedimenta il cocktail di ingredienti che diventerà marchio di fabbrica: un gruppo di giovani con pantaloncini minimal e grandi aspettative, pronti alle attività campeggistiche e al limone duro su sfondo boschivo, i marshmallows attorno al fuoco, dove si narrano storie di maledizioni e di macabri spauracchi, la lotteria del “chissà chi muore prima” e così via, il chi-chi-chi ah-ah-ah (alterazione del “kill, mum!” che riecheggiava nella mente disturbata di Pamela Voorhees) e il nevrotico score di Harry Manfredini, il sistematico castigo maximo ai ragazzotti che si perdono nel vizio e nella superficialità, le cause che condussero all’annegamento di Jason. La parte due è però significativa: introduce il Jason adulto e spinge verso l’infinito il meccanismo del film precedente, che rimane tuttavia superiore sul fronte suspence ed imprevedibilità. Ma come disapprovare i primi passi di colui che, complice infanzia sfigata e modi grossolani, diventerà uno dei villains più coccolati e adorati dai fan dell’horror? Venerdì 13 parte 2 è un puro slasher che fa da trait d’union tra un film divenuto leggenda e una lunga saga di culto; se per una popcorn night forse è meglio rivolgersi a capitoli più eccentrici (come le parti quarta e sesta, sicuramente più divertenti), per avere paura-ma-non-troppa il secondo “Jason” è l’ideale.
Strizzata d’occhio anche al sangue, alla goliardia e a sfumature trash, che proseguiranno capitolo dopo capitolo, caratterizzando la saga di Jason come il lato meno serioso dello slasher degli anni ottanta. Col senno di poi e alla luce degli 11 “venerdì” che seguirono, della maschera di Jason che campeggia su ogni oggettino di merchandising e della leggendaria aura che circonda il personaggio, l’industria dell’horror dovrebbe dare un bel bacione a quel famoso Sig. Scuderi. Jason Voorhees, vendicativo e puritano amicone di campagna, prende qui sulle spalle il franchise trasformandolo in sanguinosa leggenda ed ispirazione per molti (Sleepaway Camp, se vi piace il setting). Per un ritardato omone analfabeta non è mica poco.
httpv://www.youtube.com/watch?v=3-E2u6sjXJw
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