Apocalittico L’ora nera

L’ora nera

L’ora nera naufraga nel mare della mediocrità più profonda.

Atterrati a Mosca con la prospettiva di vendere un’innovativa applicazione per telefoni cellulari a dei magnati russi, i due giovani programmatori Sean e Ben scoprono che un collega svedese si è appropriato dell’idea e ha concluso l’affare prima di loro. Per consolarsi, decidono di passare la serata in uno dei locali più glamour della capitale, dove stringono amicizia con due turiste americane. Fra una vodka e l’altra, all’improvviso la città viene paralizzata da un gigantesco black out e dal cielo cominciano a scendere degli strani fasci di luce…

L’ora nera è fondamentalmente un’occasione mancata, un film che inizia bene e poi si perde nei tortuosi labirinti dell’illogicità narrativa. Eppure dietro questo scifi dai toni vagamente horror c’erano due nomi che potevano garantire, grazie a prove passate, uno spettacolo se non eccellente per lo meno godibile. Stiamo parlando di Chris Gorak (alla regia), autore di un interessante film indipendente di qualche anno fa, Right at your door, sul tema dell’apocalisse e della contaminazione, e di Timur Bekmambetov (in produzione), cineasta russo famoso per il fantasy vampirico I guardiani della notte. Non aiutano neppure le distratte prove degli attori, sempre, senza continuità, col pilota automatico schiacciato o in modalità “perenne stato catatonico” o su quella “esagitata e isterica”.

Eppure soprattutto Emile Hirsch ci aveva piacevolmente sorpreso con film come Into the wild o Milk, una promessa giovane di Hollywood con tutte le carte in regola (e la capacità) di sfondare e farsi un nome, che speriamo vivamente non insista in passi clamorosamente falsi come questo L’ora nera. Perchè è vero che esiste una sospensione dell’incredulità quando si assiste a un horror o a un film di fantascienza, comunque su uno spettacolo che non fonda le radici nel realismo, ma bisogna non farsi esageratamente beffe di regole, magari non scritte, di coerenza logica che sanciscono il tacito rispetto verso lo spettatore. Si perchè esiste il non sense, esiste il sacrosanto gusto del surreale, ma davvero sei disonesto, tu, regista o sceneggiatore, se, in un impianto tutto sommato verosimile, mi fai muovere i tuoi personaggi in uno stato di continua cretineria assurda quasi per dare ragione a Kevin Williamson e alle regole aristoteliche di imbecilllità filmica enunciate in Scream. Non hai rispetto per me, spettatore, ma neanche per la tua dignità di autore, anche perchè a nessuno piace essere preso per il sedere.

L’ora nera con i suoi personaggi che scelgono di correre incontro alla morte senza motivo quando la salvezza era lì lì a due passi, con i suoi dialoghi totalmente scemi, con una dose di sano patrottismo che vede, visto che siamo in coproduzione, America e Russia uniti e vittoriosi contro un nemico invincibile (“Insieme si può vincere” manco fossimo in Rocky 4), con gli alieni feroci quanto i Rubacchiotti del film omonimo, è il manifesto di un’insistita stupidità che troneggia in molti (troppi) film di genere americani. Eppure all’inizio un po’ speravamo in qualcosa di dignitoso soprattutto nell’idea non disprezzabile di una fantascienza di sottrazione più che di accumulo in un cinema agli antipodi dalla coattaggine spettacolare di un blockbuster tipo alla World invasion, seguendo un po’ la scuola di Brad Anderson e il suo sottovalutato Vanishing on 7 street. La visione di una Mosca quasi romeriana, abbandonata e mossa da un vento perenne, è di quelle che lasciano il segno, come la scelta azzeccata di scegliere la notte per far spostare i propri personaggi e non più banalmente di giorno. Peccato perchè a parte queste intuizioni positive il film naufraga nel mare della mediocrità più profonda. Trascurabile ed evitabile: noi vi abbiamo avvertito.

L’ora nera

Regia: Chris Gorak
Interpreti: Olivia Thirlby, Emile Hirsch, Rachael Taylor, Joel Kinnaman
Durata: 90 min. (USA/Russia)
Uscita nei cinema italiani:  20 Gennaio 2012

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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