Cinema STIGMATE (Stigmata)

STIGMATE (Stigmata)

Chiariamo subito una cosa: la versione di STIGMATA che è circolata nelle sale italiane proviene dalla copia inglese, ed è censurata di circa un minuto: manca, tra l’altro, una scena ambientata in Vaticano.

Inoltre, prima dell’uscita USA la produzione aveva apportato alcuni tagli e rigirato in maniera diversa alcune scene, recuperabili sul DVD statunitense (un prologo inedito, un nudo della Arquette, una scena gore ed un finale alquanto diverso da quello attuale). Come al solito tocca segnalare l’ottusità diffusa di fronte a opere di fiction che hanno il solo torto di affrontare un argomento ‘adulto’: sorte analoga ha dovuto subire il sudcoreano LIES, giudicato troppo scabroso per un pubblico maturo – il film è comunque vietato ai minori di 18 anni – e tagliato dal distributore italiano, la Keyfilms.

Detto questo, il film del videoclipparo Rupert Wainwright è davvero poca cosa. Dopo un inquietante prologo brasiliano in cui il funerale di un sant’uomo è punteggiato da una serie di segnali inspiegabili (una statua della Madonna che piange sangue), la vicenda di Frankie Paige (Patricia Arquette), giovane parrucchiera che improvvisamente si ritrova a dover portare sul proprio corpo i segni del martirio di Cristo, diviene il pretesto per una serie di bellurie visive molto up-to-date celebrate dalla fotografia di Jeffrey Kimball. I paragoni col Carpenter ‘eretico’ di IL SIGNORE DEL MALE e VAMPYRES, che pure si sono sprecati, paiono del tutto fuori luogo: ché l’idea – intrigante sulla carta – di un vangelo apocrifo (realmente esistente: il c.d. Vangelo di Tommaso) contenente le vere parole pronunciate da Gesù in vita, ‘rivelato’ attraverso la possessione di Frankie, è nulla più che un McGuffin, un traballante escamotage narrativo esibito all’ultimo momento per legare assieme i fili di una storia che non va da nessuna parte: la Chiesa oscurantista e cospiratrice rappresentata nel film sembra uscire da fantapolitici di serie C come RUSSICUM o MORTE IN VATICANO, con tanto di mefistofelici cardinali (Jonathan Pryce) che tramano nell’ombra e ambigui pretini vagolanti lungo i corridoi delle biblioteche Vaticane, per non parlare del prete-investigatore (un legnoso, monoespressivo Gabriel Byrne) che avvicina la povera Frankie e disvela il mistero.

Del resto, non ci è mai dato partecipare ai tormenti di un personaggio sbozzato rozzamente quale è Frankie, ma solo prenderne atto, in un susseguirsi di sequenze ad effetto di imbarazzante letteralità: la Arquette si dimena come una tarantolata mentre invisibili chiodi le trapassano mani e piedi e staffilate le segnano la schiena; più che estasi religiosa, il suo sembra un delirio sadomaso. E le cose non migliorano quando il serioso Wainwright decide di esplicitare il debito con L’ESORCISTA.

Sarebbe stato assai più coraggioso e interessante, STIGMATA, se avesse tentato la carta della metafora, esplorando il tormento di un martire metropolitano contemporaneo come avrebbero fatto un Abel Ferrara o un Paul Schrader (pensiamo allo script dell’ultimo, metafisico Scorsese, BRINGING OUT THE DEAD). Così, invece, il film resta un ibrido irrisolto, superficiale (si veda l’accenno all’ateismo di Frankie), ancorato ad un immaginario traslucido fatto apposta per la MTV generation:e difatti l’immagine-chiave del film, quella di Patricia Arquette con una corona di spine, pare la copertina di un disco di Madonna.

Stigmata (Stigmate)

(1999)
Regia: Rupert Wainwright
Sceneggiatura: Tom Lazarus (storia), Tom Lazarus (screenplay)
Cast: Patricia Arquette, Gabriel Byrne and Jonathan Pryce
Durata: 103 min

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