Il film sembra ideato da una suora orsolina, stitico di sangue oltre che di idee.
Maledetto 3D! Suffisso che rende più costoso il biglietto del cinema e che fa sembrare più prezioso il film a cui si allega. Nel caso di Shark Night c’era da aspettarselo: quale elemento esalta la minaccia tridimensionale meglio dell’aguzzo campionario dentale di uno squalo incazzato che punta verso l’audience?
Del resto Alexandre Aja, che pollo non è, aveva capito l’antifona e si era accaparrato la regia di Piranha 3D, altri denti aguzzi per altri sobbalzi e tanto, tanto sangue&divertimento. Per chi (come lo scrivente) aveva apprezzato i suddetti piranha mutanti, dunque, Shark Night rappresenta(va) un nuovo potenziale giro sulla giostra dell’esagerazione e dello splatteraccio d’altri tempi. Invece alla resa dei conti il film sembra diretto da una suora orsolina (in realtà si tratta di David R. Ellis, The Final Destination 3D, Snakes On A Plane), stitico di sangue e di idee; resta una delusione grossa come il pesciolone protagonista del film e profonda come i fondali marini lungo i quali la creatura dovrebbe aggirarsi. Dovrebbe, già, perché in realtà l’azione si dipana nelle solitamente calme acque di un lago della Louisiana, dove Sara (Sara Paxton, L’Ultima Casa A Sinistra) e i suoi amici si apprestano a godere quello che dovrebbe essere un weekend di puro divertimento.
Ovviamente, ben presto un’inconfondibile pinna modificherà i piani e altrettanto ovviamente si scoprirà (ma solo dopo vari cicli di sonno) il losco motivo che ha trascinato uno (?) squalo in habitat lacustre. E’ incredibile la quantità di gitarelle giovanili stroncate da disastri vari, ma ancor più incredibile è la quantità di cine-stereotipi quotidianamente infilati in esse. Qui non ci si fa mancare nulla: c’è la bella biondina con un passato traumatico (che emergerà? Chissà!), la ciurma di muscolosi imbecilli, i bifolchi incontrati strada facendo, l’eroe che non t’aspetti e che molto probabilmente si emanciperà dal ruolo di sfigato per tutti i secoli dei secoli, amen. E per restare in tema, requiem per Shark Night. Senza contare questo stuolo di clichés, il film è avaro di apparizioni ittiche e di mutilazioni, di acqua insanguinata e degli auspicabili momenti di martellante suspence. C’è invece l’immancabile momento “Darwin Award”, quando il prode Malik, già senza un braccio a causa di uno scontro con lo squalo, nottetempo decide di prendersi la rivincita e spingersi nell’acqua alta in cerca dell’animale.
Indovinate l’esito, su! In aggiunta, attori sotto tono dal primo all’ultimo, squalo compreso: le riprese sott’acqua saranno suggestive, ma inquadrano solo fauci finte che fanno meno paura di quelle di Nemo. La tecnologia 3D risulta perfettamente inutile, ma permette di scucire un supplementare paio di lire a chi guarda. Come? Si parla di un film “squalistico” e non si è ancora fatto il nome di Spielberg? Inutile scomodare il top di fronte al flop, Shark Night merita un paragone assai meno lusinghiero, col delirante Mega Shark Vs Giant Octopus. Che, fra parentesi, perlomeno fa ridere. Il film non è stato distribuito per le canoniche anteprime riservate ai critici. Col senno di poi, facile intuire il perché. Bassissima (s)qualità.
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