I topi invadono Milano. Sbucano a frotte dalla metropolitana, azzannano i passanti, mordono e scarnificano qualsiasi essere vivente. Le autorità sono impotenti e non sanno come far fronte all’emergenza.
Fortuitamente arriva in città un enigmatico uomo, che stringe un patto con la Giunta: scaccerà le bestiole in cambio di dieci donne. Un patto, che il sindaco non avrebbe mai potuto rispettare. L’uomo mantiene la parola scaccia via i topi ma le sue richieste non saranno soddisfatte. L’uomo lascia la città promettendo vendetta. Passano dieci anni.
Giordano insegna scrittura creativa, al termine della lezione si trova in strada in trappola nel piazzale, Elettra in macchina raggiunge lo stesso piazzale e sente un urlo, Max si trova in centro capisce quanto accade e capisce di essere in trappola, Pietro fa il camionista riesce a evitare un passante ma si schianta contro un autobus, sta per scappare quando capisce che il periocolo è ben diverso da quello immaginato da lui. Giulia salta l’esame di Francese trascinata per negozi, dalla sua amiche Caterina. E poi c’è Valentino, Nicola, Corrado, Enrico. Dieci persone all’inferno, nel centro di Milano. La città è invasa da schiere di zombie famelici che costringono gli abitanti a nascondersi dietro qualsiasi cosa, inutilmente Riescono a radunarsi dentro alla stazione, e anche se decimati riescono comunque ad allontanare i ritornanti, e a capire da dove provenivano. Insieme ai ritornanti era tornato anche lui. Il grande Notturno. L’unico a riconoscerlo è Giordano, presente agli eventi di dieci anni prima, è anche il primo che muore. Il grande notturno vuole per sé Elettra bella e fiera come la dea della guerra che riuscirà a capire l’uomo che non è più uomo, fino a quando il suo scopo non sarà ultimato.
Se è vero che è un libro che parla di morti viventi, non è un libro sugli zombie. La lotta con i non morti è presente, riusciamo quasi a sentirne il tanfo, ma la vera attrattiva del libro è senz’altro la seconda parte. Il grande notturno racconta ad Elettra chi è, da dove viene, racconta alla donna la sua vita, come fa a dominare le Ombre..
[…] Il fuoco evidenziava i lineamenti della creatura, rendendoli ancora più sinistri. La figura sorrise. “Quello che mi hai chiesto”, rispose,
quasi con candore. “Solo un Grande Notturno può riportare in vita i morti… ora sei diventato come me”.
“Un demone?” chiese l’uomo che non era più uomo. Incredulità e sconcerto danzavano nella sua voce. La creatura scosse la
testa. “Né dio né demone. Costretto a vagare tra le Ombre, e a dominarle”. “Che… che cosa sono queste forme?”
“Non hai capito? Sono Ombre. Noi oscilliamo tra i due mondi. […]
Ian Delacroix non è nuovo a simili exploit. Il suo libro bello e trascinante come l’orda dei topi, è incisivo e incalzante. Ha una storia originale, anche se se prende spunto da grandi classici, e nell’insieme funziona. Delocroix studia, dal libro emerge autocritica e pignoleria. Alcuni tratti sembrano pesantemente rivisti rispetto al resto del libro e per eccesso di zelo l’autore ha inserito diverse delucidazioni non necessarie, che comunque non interrompono il flusso della lettura.
I personaggi sono tutti ben caratterizzati, anche quelli più marginali. Ma ammaliante è il Grande Notturno, un personaggio affascinante, un cattivo che non riusciamo a detestare, un cattivo che ha agito in nome dell’amore e che è costretto a carpire la Bellezza per sopravvivere, che con la sua musica, le sue parole e il suo sguardo riesce a rubare al lettore un minuto della sua vita. Un minuto, un giorno, non si sa bene perché il tempo della storia è piacevolmente onirico, che diventa ancora più indefinito quando il Grande Notturno comincia a narrare la sua storia e il lettore viene accompagnato in un salto indietro nel tempo. Un secolo, mille anni, non fa differenza. Sprofondiamo nella tristezza, dimentichiamo i morti, vaghiamo di città in città con “l’ uomo che non è più uomo”.
Un elemento che mi ha fatto sorridere leggendo il romanzo è la presenza incombente di Delacroix in quasi ogni pagina. Sebbene l’autore sia piuttosto schivo, e abbia il terrore di “scoprisi” anche ai suoi lettori, il suo libro ci racconta molto della sua personalità e della sua cultura. Che Delacroix abbia studiato scrivendo il libro è palese, ma alcune metafore e alcune descrizioni rivelano invece una certa attenzione e una certa sensibilità, anche artistica. Ian Delacroix ci racconta una fantastica, drammatica storia, se volete fare un favore all’autore evitate di chiamarla favola nera, meglio ancora sarebbe non categorizzarla affatto, basterebbe caratterizzare la sua come una storia romantica, nell’accezione originale del termine, ovviamente.
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