La suggestiva cornice delle Alpi francesi, già teatro dello splendido “Le Radici del Male” di Maurice Dantec, è ancora una volta insanguinata da barbari omicidi.
Le vittime vengono ritrovate conficcate nella roccia, o nel ghiaccio. Due detective, il primo inviato apposta da Parigi e l’altro proveniente da una cittadina a poca distanza dal luogo dei ritrovamenti si trovano di fronte all’inesplicabile. Personaggi misteriosi e accadimenti del passato sembrano intrecciarsi in un misterioso gioco di specchi dove nessuno è ciò che appare…
I fiumi di porpora sono fiumi di sangue, in cui il delirio e il razzismo sembrano l’unica chiave di lettura possibile, dove una bambina morta potrebbe essere la soluzione e contemporaneamente il problema. Il tutto avviene nell’arco di ventiquattr’ore, nelle quali la realtà sembra un concetto filosofico, dilatato nel tempo e, contemporaneamente labile come un sogno.
Non è facile esprimere un giudizio su questo romanzo, poiché gli ingredienti di base sono quelli di un buon noir e ciò rende legittimo aspettarsi più di quello che alla fine si scoprirà. L’ambientazione è di sicuro il punto di forza dell’intero romanzo, Grenoble come nel testo di Dantec è il teatro ammantato di nevi e di ghiaccio in cui il tutto si svolge e, come per osmosi la neve sembra rivestire anche il pensiero di chi legge… il tutto risulta lontano, suggestivo come in una fiaba. Leggendo si riesce quasi a vedere questo ghiacciaio eterno, custode di un folle segreto in cui ogni azione sembra essere rallentata ed ogni reazione risulta esagerata. I personaggi spiccano per contrasto in tanta pace, sono violenti quasi cattivi, come eroi negativi in cerca di un’affermazione del sé oltre la legge ed oltre la morale. Il commissario parigino risulta quasi odioso nella sua boria da giustiziere e il poliziotto algerino sembra un pochino stereotipato, quasi caricaturale nel suo odio immotivato, anche se in alcuni momenti, come nell’episodio coi naziskin, tutto sommato comprensibile. Nel complesso il racconto si dipana lento e poco avvincente, sono troppe le possibilità di capire sin dall’inizio ciò che è realmente accaduto. Nonostante un buon avvio e una suggestiva cornice, direi che il limite del romanzo di Grange’ è una certa pochezza nel finale, un po’ scontato e una caratterizzazione tutto sommato stereotipata dei personaggi.
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