Editoria Tutto quel nero – Cristiana Astori

Tutto quel nero – Cristiana Astori

Opera dal grande fascino, scritta benissimo, ma imperfetta.

Leggere il libro di Cristiana Astori, Tutto quel nero, è uno strano viaggio, onirico, surreale, fuori dagli schemi, un’opera sfilacciata nelle sue due anime, quella commerciale e quella personale, ma anche preziosissima nel panorama della letteratura usa e getta da edicola. Pur uscendo per Giallo Mondadori infatti non si ha la sensazione di leggere la variante di un Harmony per assetati di mistero, ma un vero libro, come ai bei tempi di autori come Ellery Queen, Edgar Wallace e Agatha Christie.

Il problema della Astori è di avere un talento palpabile di poetessa, un’anima sensibile che spicca nei momenti più riusciti dell’opera, il rapporto tra l’attrice Soledad Miranda e il regista Jess Franco, le conseguenze della sua morte nelle persone amate, tutti gli squarci onirici passati e presenti che frastagliano l’opera, ma questo dono deve scontrarsi con le esigenze di una collana thriller da edicola che presuppone il rispetto delle proprie ferree leggi aristoteliche: delitti, investigazioni, risoluzioni del caso.

Ecco allora che, se abbiamo da una parte momenti riuscitissimi, dall’altra subiamo una storia abbastanza lineare che abbraccia omicidi di chiara fattura thriller alla Dario Argento. A fare da collante a queste due anime, aleggia il fantasma di un’attrice spagnola, Soledad Miranda. I fan del cinema più inenarrabile, i cultori del bis più selvaggio già conoscono Soledad, per tutti gli altri si sappia che è stata la musa del regista Jess Franco, uno dei più prolifici autori del cinema spagnolo e mondiale con sul suo curriculum artistico film di qualsiasi genere, dall’horror al sexy, dal cannibalico al film di guerra. Per Franco Soledad interpretò una serie di pellicole, diventate di culto, tra le quali il bizzarro Vampyros Lesbos, ma purtroppo una fine prematura, un incidente stradale, la proietterà presto nel paradiso delle dive che mai invecchieranno.

Da questo assunto si sviluppa una storia che omaggia il tardo capolavoro polanskiano La nona porta dove al posto di un belloccio Johnny Depp cacciatore di libri abbiamo una confusa studentessa universitaria, Susanna, che si trova, suo malgrado, a diventare ricercatrice di una pellicola maledetta, A dia in Lisbona, che ripercorreva, anni prima, la morte della Miranda. A Polanski si affianca Lynch in un revival delle atmosfere del cult Velluto blu con tanto di personaggi enigmatici e colori violentissimi sparati nelle stanze, ma non solo. Una serie di personaggi del nostro cinema di genere si trovano dietro pseudonimi più o meno velati: Renato Polselli con tanto di frusta a fustigare un’attricetta come nei nostri horror più infami, dal Boia Scarlatto al sublime brutto di Delirio Caldo, ma anche il produttore Ovidio Assonitis alla ricerca di un horror perfetto, il clichè dello snuff surclassato dall’idea, geniale e mortuaria, di un cinema che non esiste più vicino all’aggrappo disperato alla vita di un Signor Valdemar poeiano, la mesmerizzazione dei generi dopo la morte di essi.

Palpabile è l’influenza di Stuart M. Kaminsky, voluta o meno, e della sua letturatura gialla cinematografica con attori famosi a interpretare ruoli importanti, Peter Lorre, Bela Lugosi, i fratelli Marx, Errol Flynn, Mae West, Howard Hughes. La parte finale, con il balletto ripreso da Vampyros Lesbos, la metamorfosi di Susanna in Suzanne Korda (pseudonimo della Miranda), ricorda un po’ il Kubrick crepuscolare di Eyes wide shut o, per tornare ai generi, il club suicida di La vampira nuda del compianto Jean Rollin. A non funzionare non sono tanto le idee, ma la messa in scena della parte più canonica, quello che in un giallo sono le cose basilari, gli omicidi e una storia a prova di proiettile. Alcune idee anche se buone, sono indirizzate solo ad una stretta cerchia di esegeti del cinema popolare: si pensi alla sequenza della cantina di Vince dove un’atterrita Susanna urta una bobina contenente il cut originale di Zombi 3 di Fulci, chi, come per Moldoror di Cavallone, che non sia un appassionato, può cogliere in pieno la citazione omaggio di un’opera mitica se non rara?

Certo un romanzo è soprattutto qualcosa di personale, difficile comprendere la completezza di un’opera, ma è anche vero che nel libro di Cristiana Astori l’anima personale stride fortemente con quella più semplice da lettura di massa, non settoriale. Alla fine il libro scorre veloce, le 300 e passa pagine si leggono con la voracità di uno pterodattilo a Jurassic Park, ma non convince davvero del tutto, lasciandoci un certo amaro in bocca, anche all’idea di cosa sarebbe potuta essere l’opera uscendo per una casa e una collana diversa da Mondadori e i suoi gialli. Ecco, come Susanna, Cristiana si sarebbe sentita libera… Libre…

Tutto quel nero

Autrice: Cristiana Astori
Edizioni: Mondadori – Il Giallo Mondadori n. 3041
pagine 314
Prezzo 4,90 euro

About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.

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