E’ stato battezzato l’enfant prodige del nuovo cinema horror e ora Rob Zombie, dopo il folgorante esordio del ticket HOUSE OF 1000 CORPS e THE DEVIL’S REJECTS, è chiamato alla prova della consacrazione definitiva con HALLOWEEN, ambizioso progetto di rifacimento di uno dei più importanti classici della cinematografia horror all time.
Grazie alla gentile concessione di Mike C. Bacon della Icons of Fright abbiamo la possibilità di confrontarci con lo Zombie-pensiero, spaziando dal film in questione al modo estremamente personale con cui Rob intende il genere da noi preferito…
Che cosa ha rappresentato per te l’opportunità di girare il prequel di un cult del cinema horror all time come HALLOWEEN?
Una grande opportunità. Sono sempre stato un vero fan della saga horror di Michael Myers e cimentarmi con la vicenda delle origini della sua follia è stata una sfida che mi ha affascinato fin da subito.
Come nacque il progetto?
Queste cose spesso nascono in modi strani, inaspettati. Dopo aver terminato di girare THE DEVIL’S REJECTS incontrai un sacco di persone: produttori, sceneggiatori, attori. Mi proposero numerosi remakes di soggetti horror realizzati venti o trent’anni prima ma nessuna di queste idee riusciva davvero a interessarmi. In un paio di occasioni mi spinsi ad approfondire l’input iniziale del produttore ma ben presto mi accorsi che la produzione voleva indirizzare il film verso strade che non mi piacevano, quelle esclusivamente commerciali, per cui lasciai perdere. Un giorno mi contattò Bob Weinstein, in città per la premiazione dei Golden Globe, chiedendomi di incontrarlo. Accettai, ripromettendomi però che fosse l’ultima volta perché ne avevo le scatole piene di sorbirmi idee e progetti senza capo né coda. Quando lo incontrai mi rivelò subito che la Dimension aveva appena acquistato i diritti di HALLOWEEN. Rimasi a bocca aperta. La Dimension oltretutto non voleva realizzare un remake, aveva acquistato i diritti per realizzare un film, un prequel, sfruttando i nomi e i personaggi creati dal genio di Carpenter. Solo che non sapevano bene che farne, l’unica cosa di cui erano certi è che non volevano realizzare l’ennesimo, prevedibile sequel.
Accettasti subito?
Ad essere sincero all’inizio ero un po’ titubante, per due motivi: primo perché si trattava di andare a “toccare” un film culto, con tutti i rischi connessi. Secondo perché non mi persuadeva molto l’idea di fare un semplice prequel… Ci voleva qualcosa di più, avendo a che fare con una delle più famose icone horror dei tempi moderni: Michael Myers!
Da ciò che dici sembrerebbe tu non abbia una grande opinione dei remakes. Ma in questi ultimi anni alcuni bravi registi come Zack Snyder, Marcus Nispel ed Alexander Aja, rispettivamente con DAWN OF THE DEAD, NON APRITE QUELLA PORTA e LE COLLINE HANNO GLI OCCHI, hanno dimostrato che anche da un remake si possono tirare fuori cose interessanti.
Vero ma in questo caso non ritenevo particolarmente accattivante l’idea di limitarmi a rifare HALLOWEEN. Voglio dire che cominciai a pensarci per giorni e giorni. Ero consapevole di avere tra le mani una grossa occasione di nome Michael Myers ossia una delle poche, vere moderne icone horror della cinematografia all time. Potevo sfruttare questa opportunità “solo” rifacendo il film di Carpenter? Dopo parecchie settimane ebbi l’intuizione: perché non indagare sul lato ancora oscuro della figura di Michael Myers, la sua infanzia? Ecco come poter aggiungere un capitolo non banale né ininfluente alla saga epica di Myers, raccontare il suo passato, la sua non-vita, indagare come, quando e perché il male ha fatto di quel bambino un suo alfiere sulla terra. E da qui in poi innestare invece tutta la vicenda della notte di Halloween e del massacro di Haddonfield: quindi una commistione tra prequel e remake.
Che ne pensarono alla Dimension? Erano disposti a darti carta bianca?
Al 100%. Weinstein era entusiasta dell’idea e mi confermò totale libertà di manovra per la sua realizzazione. Anche perché se non fosse stato così non avrei accettato: non mi piace che si imbrigli la mia creatività.
E’ stata dura realizzare il film? Voglio dire che tra HOUSE OF 1000 CORPS e THE DEVIL’S REJECTS tu hai avuto un po’ di tempo a disposizione mentre HALLOWEEN fu annunciato nel giugno del 2006 e in uscita ad agosto 2007…
No, i tempi ristretti non costituirono un grosso problema anche se subito dopo aver accettato mi posi questo dilemma: come lo faccio? Sai, ho visto HALLOWEEN di Carpenter un sacco di volte ma non l’avevo mai guardato con gli occhi di chi si accingeva a girarne un remake. Improvvisamente tutto mi appariva diverso, cominciai a pormi gli stessi dubbi che sarebbero potuti venire in mente ai fan della pellicola: come potrei cambiare questo dettaglio? Sarò in grado di realizzare questo passaggio narrativo con la stessa intensità di Carpenter? Soprattutto ero preoccupato dall’idea di riuscire a conservare il magnetismo malefico del primo Michael Myers…
Decisi dunque di smetterla con questa sorta di brain storming legato alla pellicola originale, smisi di proiettarla e mi concentrai su quella che sarebbe stata la mia interpretazione della vicenda di Michael Myers.
Entriamo nel dettaglio del plot. Quali sono stati i momenti più ardui da gestire, ossia dove hai potuto muoverti con maggiore libertà e dove invece ti sei sentito maggiormente “imbrigliato” dal soggetto originale di Carpenter?
Certamente per me le difficoltà si sono concentrate più verso il finale. L’inizio del film dove è narrata tutta l’infanzia di Michael Myers è stato un passaggio decisamente più gestibile semplicemente perché nella pellicola di Carpenter non c’era alcun riferimento esplicito: Carpenter dedicò al Michael bambino solo il proscenio del folgorante incipit, in cui il biondo demonio non spiaccica una sola parola e dietro la maschera da clown svela un viso assolutamente normale. Questò porto tutti gli spettatori a pensare che fosse un bambino normale, generando ancora di più un senso di sgomento e smarrimento di fronte all’atto bestiale che aveva appena compiuto. Ma questa idea era semplicemente una supposizione del pubblico. Decisi ovviamente di assumere questa prospettiva come punto di partenza per sviluppare però alcuni aspetti del carattere di Michael bambino non propriamente normali: disadattamento, asocialità, difficoltà relazionali. Insomma i prodromi di ciò che sarebbe divenuto poi.
Anche per la nemesi di Michael Myers, ossia il Dottor Loomis, apri squarci interessanti sulle sue vicende passate…
Esatto, tutta la parte in cui vediamo Loomis al manicomio di Smiths Grove è frutto della nostra creatività. Diciamo che fino al terzo atto del film sono stato decisamente libero, mentre quando la vicenda si sposta ad Haddonfield ho dovuto irrigidirmi un po’ sullo schema del film originale. Voglio dire che ho fatto miei gli elementi classici della pellicola di Carpenter, cercando di raffigurarli in modo differente, personale. E’ un po’ come per BATMAN BEGINS di Nolan: c’è Wayne’s Manor, c’è il costume di Batman, c’è Bruce Wayne, c’è Alfred, ci sono insomma tutti gli elementi storici della vicenda, ma è il modo in cui sono raffigurati a essere differente.
Che ci puoi dire del cast? Cosa hai preteso da parte degli attori per l’interpretazione del tuo Michael, del tuo Loomis e della tua Laurie Strode?
Ho preteso la stessa cosa che chiedo sempre ai miei attori e cioè di prendere la cosa sul serio. La mancanza di serietà è una cosa che non riesco a sopportare: spesso gli attori che girano un horror credono di poter gigioneggiare proprio perché si tratta di un horror. Si formano la convinzione che tanto i fan ameranno lo stesso la vicenda. In realtà io credo che ci sia un ampia fetta di popolazione che proprio a causa di situazioni come questa abbiano maturato il pregiudizio tipico, ossia <<che ti vuoi aspettare? E’ soltanto un horror…>>.
Dai miei attori pretendo credibilità, voglio che loro recitino come se stessero affrontando una vicenda realmente accaduta. Perché spesso l’horror movie vive o muore proprio sulla capacità degli attori di essere credibili. D’altronde non possiamo accettare l’idea che un horror si regga solo sul realismo degli effetti speciali.
Quanto credi abbia giovato in tal senso il fatto che molti degli attori del cast non conoscessero la pellicola originale? Ad esempio Malcolm McDowell ha riferito di recente di non aver mai visto il film di Carpenter…
Credo sia una buona cosa per l’economia del film perché non avrei voluto avere a che fare con attori presi a imitare le interpretazioni di Pleasance e della Curtis. D’altronde gli attori della pellicola originale non imitarono proprio nessuno e proprio la loro spontaneità li rese credibili… L’imitazione è rischiosa perché ti espone al paragone e se non sei un fenomeno rischi di fare una figuraccia. Questo vale anche per il sottoscritto ed è il motivo per cui ho sempre guardato con un po’ di sospetto il remake completamente identico all’originale, fotogramma per fotogramma. Tornando agli attori ho chiesto loro di essere loro stessi non qualcun altro. Ho chiesto a Malcolm di essere Malcolm McDowell, ossia un grande attore, non di imitare Pleasance.
Cosa puoi dirci del fatto che hai scritturato Danielle Harris già comparsa in altri episodi della saga di HALLOWEEN?
Il suo ingaggio è una faccenda un po’ particolare. Molti attori che hanno recitato nei capitoli precedenti mi hanno contattato pregandomi di scritturarli, magari anche solo per un cammeo ma io ho sempre rifiutato categoricamente perché temevo che queste apparizioni rischiassero di compromettere la credibilità del film trasformandolo in un veicolo di citazioni autoreferenziali. Quando Danielle si presentò al casting la mia prima reazione fu negativa, pensai che il fatto che lei avesse preso parte, con ruoli importanti, ad HALLOWEEN 4 e HALLOWEEN 5 rappresentasse un condizionamento negativo per il mio film. Prenderla avrebbe rischiato di fare del mio HALLOWEEN un semplice omaggio alle altre pellicole della serie? Questo era il mio dubbio. Tuttavia Danielle fu talmente brava e soprattutto convincente nella parte che le assegnai al provino da convincermi a prenderla con noi.
Hai fatto molto casting per la scelta degli attori, tra l’altro quasi tutti volti molto noti?
No, il casting si è limitato essenzialmente ai ruoli delle tre ragazze, Laurie, Annie e Linda e al giovane Michael Myers. Mi servivano anche volti nuovi e freschi per questi ruoli e quindi il casting mi sembrò la strada più corretta da intraprendere. Per il resto ho scelto personalmente sia Malcolm Mc Dowell che William Forsythe perché volevo loro per quei ruoli. Anche per la parte di Michael Myers ho sempre saputo che Tyler Mane fosse l’uomo giusto.
Scout Taylor Compton, che interpreta il ruolo di Laurie Strode, ha fatto davvero bene…
Concordo, è stata grande. Quando la vidi al provino mi folgorò e capì subito che la parte di Laurie avrebbe dovuto essere sua. Non mi ha deluso, una vera rivelazione.
Tornando a McDowell, quale è stato il tuo rapporto con lui sul set?
Malcolm è un attore davvero particolare, sinistro nel senso che anche quando interpreta parti da “buono” non riesce a scrollarsi di dosso quell’aura di sottile ambiguità maligna che lo caratterizza. E’ una cosa che apprezzo molto in un attore, la capacità di rappresentare al meglio l’eterna, innata dicotomia umana: il bene e il male. Pensate alla sua interpretazione in ARANCIA MECCANICA dove nella prima parte del film è un vero figlio di puttana mentre dopo il trattamento diventa un santarellino sfigato. Il Male e il Bene, e lui è credibilissimo in entrambi i momenti. In HALLOWEEN ciò che abbiamo cercato di fare, io e Malcolm, è stato quello di costruire il carattere del Loomis giovane, più idealista e meno disincantato rispetto al Loomis di Pleasance, segnato dalla orribile vicenda di Michael Myers. Per tratteggiare il rapporto che si insatura tra Loomis e Michael mi sono ispirato alla vicenda di Vincent Buglioli, il famoso psichiatra che tentò di comprendere la follia di Charles Manson e che nel corso di tanti anni costruì con il suo “mostro” quel legame di reciprocità psicologica che volevo fosse il link tra Loomis e Michael.
Donald Pleasance ha sempre detto che Loomis è stato il suo ruolo preferito. Anche McDowell ha adorato il suo personaggio?
Bisognerebbe chiederlo a lui però credo di non sbagliare affermando che Malcolm interpreterebbe volentieri Loomis ancora in futuro. Perché ci ha messo passione nella sua performance, la stessa che ci mise per l’Alex di ARANCIA MECCANICA. Almeno così è ciò che mi ha detto lui.
Parlando di attori sinistri che ci dici di Brad Dourif? Lo vedi per 5 minuti sullo schermo ma riesce sempre e comunque a lasciare una traccia di sé…
Mi piace molto scritturare attori con queste doti, la complessità, la stratificazione… Ho scelto Brad per la parte dello sceriffo Brackett perché era il tipo giusto proprio per i motivi che dicevi tu. Per tutta la costruzione del cast ho voluto sparigliare un po’ le carte: ho scelto Danny Trejo per la parte del “simpaticone” e Clint Howard per il dottore serioso… ho voluto piazzare attori di spessore per ruoli diversi rispetto a quelli solitamente interpretati. E per tutti loro, in tal senso, HALLOWEEN è stata una sfida in più, la sfida di uscire dal ruolo-clichè che si sono trovati cuciti addosso.
Brad è stato grande. Si è davvero immedesimato e ci ha offerto una ottima performance. Lui ha spesso fatto parti da cattivo, da psicopatico. Io lo dirigo nel ruolo del buono, della legge che si oppone al caos. Intrigante e lui stesso ha concordato con questa mia visione del suo ruolo nell’economia del film.
Nel cast ci sono attori che fanno parte della tua factory come Sheri Moon, Sid Haig, William Forsythe, Ken Foree e Leslie Easterbrook…
Non sono attori che fanno parte della mia factory, sono bravi attori ed ottimi professionisti con cui mi trovo in perfetta sintonia nel lavoro. E’ per questo che li chiamo sempre. Poi vabbeh Sheri è anche mia moglie e se non l’avessi chiamata per HALLOWEEN, che pure lei adora, mi avrebbe di certo ucciso (ride)!
Fai tornare sullo schermo alcuni interpreti storici del cinema horror, da Udo Kier ad Adrienne Barbeu a Sybil Danning…
Vero. Per quel che riguarda Sybil la incontrai sul set di GRINDHOUSE. Il mio progetto originale per il corto con le tre donne naziste prevedeva in quel ruolo il ritorno della grande Dyanne Thorne, l’irresistibile ILSA. Purtroppo Dyanne non accettò e quindi scegliemmo Sybil che lavorò egregiamente. Mentre giravo GRINDHOUSE ero già impegnato nella pre-produzione di HALLOWEEN e fu lei a dirsi disposta a fare di tutto pur di apparire nel film. Così decisi di scritturarla per la parte dell’infermiera.
Adrienne è un mito personale, una vera e propria scream queen degli anni ottanta, non ho mai dimenticato le sue performances in FOG , 1997 FUGA DA NEW YORK e CREEPSHOW. E riportarla a recitare in un horror era quasi un mio desiderio personale.
Lo stesso vale per Udo Kier, ottimo professionista che ho avuto la possibilità di testare in GRINDHOUSE.
In America si dice che durante la lavorazione del film sei stato particolarmente attento a saggiare gli umori dei fans di HALLOWEEN attraverso il tuo blog su MySpace. Davvero queste opinioni hanno influenzato le tue scelte?
Non è assolutamente vero anche perché sarebbe assurdo farsi influenzare da opinioni basate su cose non conosciute. Ho dialogato sul blog anche durante la lavorazione ma i fans non potevano esprimere commenti su un film che non avevano ancora visto! Comunque durante la produzione ho volutamente disertato internet il più possibile per isolarmi e portare avanti la mia idea della storia.
Nemmeno Carpenter ha influenzato il tuo modo di pensare a come rinarrare la storia di HALLOWEEN?
Ho chiamato John il giorno prima che la notizia del remake divenisse pubblica. Conoscevo John già da tempo così lo chiamai e semplicemente gli dissi che avevo accettato il progetto di rifare HALLOWEEN. Lui mi disse: <Fallo bene!>. Essenziale e molto cool! (ride)
Ma che cosa ha voluto davvero dire per un aficionado dell’horror come te rifare uno dei più importanti film horror di sempre?
Una cosa davvero surreale. Mi sono capitati alcuni momenti surreali nella mia vita, tipo quando mi trovai a suonare coi KISS, veri e propri miti di gioventù. Per HALLOWEEN è stato lo stesso, una cosa strana e indimenticabile allo stesso tempo, come infrangere le barriere del tempo e ritrovarsi a rivivere emozioni che credevo perdute nel passato.
C’era molta attesa attorno a questo tuo film. I remakes nell’horror hanno una lunga tradizione e tu che sei un fan del genere lo sai perfettamente: i monster movies della Universal sono stati rifatti dalla Hammer negli anni 50, alcune perle horror degli anni 70 sono attualmente oggetto di remaking… tu cosa ne pensi?
Credo che i remake siano e debbano essere frutto soprattutto della passione per il genere. Non condivido le operazioni imperniate solo alla logica del profitto commerciale. Essere una grande fan della saga di Michael Myers, così come tante altre persone, mi ha “costretto” ad assistere alla degenerazione del personaggio originale attraverso i sette sequels: nessuno di quei film ha aggiunto qualcosa di interessante al personaggio, ne hanno semplicemente sfruttato il nome e la “mise en scène” per fare un po’ di quattrini. Io ho voluto fare qualcosa di diverso. Certo la gente penserà che io abbia accettato solo per i soldi ma non è così: vi garantisco che avrei potuto accettare tanti altri progetti ben più remunerativi di questo.
Tu ami i film horror e credo sia significativo il fatto che un remake di un horror finisca nelle mani di un fanatico del genere…
Precisiamo una cosa: io credo che i remakes non siano in grado di offrire le stesse emozioni degli originali. Mai. Non importa quanto ben fatto sia il remake di DAWN OF THE DEAD perché comunque non mi darà mai le stesse forti emozioni dell’originale DAWN OF THE DEAD. E così sarà sicuramente anche per il mio film. Con questo non voglio insultare i miei colleghi che si sono cimentati nel remaking, credo anzi abbiano fatto pellicole più che dignitose. Dico semplicemente che il bagaglio di emozioni che gli originali hanno regalato a me e ai milioni di fan dell’epoca non potrà essere sostituito da nulla. Vuoi perché erano altri anni, perché eravamo più giovani…
Poi c’è il discorso relativo allo sviluppo di un personaggio nel corso dei decenni, prendiamo ad esempio il Dracula di Stoker…
Giusto! Se noi ci fermassimo al magnifico NOSFERATU di Murnau non potremmo più accettare altro. Invece sulla figura del vampiro, del principe delle tenebre, si sono fatte centinaia di pellicole, tante mediocri ma alcune davvero irresistibili. Ed è giusto che siano state fatte. Non c’è nulla di sbagliato in ciò.
Non pensi dunque che il problema sia la serializzazione fine a sé stessa che poi costituisce spesso la morte del genere perché lo trasforma in parodia? Noi in Italia ne sappiamo qualcosa, il thriller e l’horror nostrani sono morti proprio così…
Concordo in pieno. Sai perché non ho voluto fare semplicemente un HALLOWEEN parte 9? Perché già HALLOWEEN parte 8 mi dava la sensazione di un GIANNI E PINOTTO CONTRO FRANKESTEIN! Voglio dire che si era arrivati alla totale parodizzazione della figura di Michael Myers che da raffigurazione del male assoluto era ormai divenuto un bamboccione senza la minima personalità. Questo per me è ciò che va evitato ed è ciò che non ho voluto fare del mio film.
About Davide Ottini
Twitter •