Il tema del fantasma assetato di vendetta ce le ha fatte cubiche, soprattutto quando mancano un contorno narrativo come si deve e un’atmosfera vincente.
Una rudimentale sovraimpressione ci accoglie ed informa che il film (ispirato a una storia vera???) ha luogo su un’isola nei pressi della grande scogliera corallina del nord-est australiano, una delle sette meraviglie naturali del mondo. 80 minuti dopo, i fatti ci aggiungono che Uninhabited è uno dei sette film horror più insulsi e banali del mondo. Pari e patta.
Sarà pure una meraviglia naturale, ma quando Harry e Beth vengono lasciati sull’isoletta disabitata per dieci giorni di relax dovrebbero notare l’espressione corrucciata e le continue raccomandazioni del marinaio Jackson, il loro contatto e traghettatore. Dopo un inizio di vacanza all’insegna del bieco pomiciare (la lunga sequenza di coccoline in apertura è più stucchevole di una slavina di miele), i due turisti iniziano ad avvertire una fastidiosa presenza. I segnali, stereotipati e mai inquietanti, vanno da lamenti e pianti che sembrano filtrare dalla vegetazione a spostamenti e sparizioni di oggetti personali. Il disagio aumenta, l’incontro con due truci e sospetti pescatori è ruvido ma è solo il preludio di un altro pericolosissimo rendez-vous: Coral vive sull’isola, ha le palle di traverso e un solidissimo motivo per avercela con i visitatori. Turista fai da te? Ahi ahi ahi ahi ahi!
Il regista australiano Bill Bennett non ha mai avuto successo nella sua lunga e poco ispirata carriera. Non sarà certo Uninhabited, esangue ghost story balneare, a risollevare le sorti del quasi sessantenne cineasta, perché neanche il più brillante avvocato del foro riuscirebbe a salvare il film dalla totale e impietosa condanna. Il tema del fantasma assetato di vendetta, vittima a sua volta di angherie nel mondo dei vivi, ce le ha fatte cubiche, in particolare in assenza di un contorno narrativo come si deve, o di un’atmosfera vincente. Questi fattori, come anche il sangue, sono assenti ingiustificati senza un po’ di stile (o anche paraculaggine, perché no?) a riempirne le lacune. E che dire dei due giovani protagonisti? Recitano (malissimo lui, meno peggio lei) ruoli fragili e battute malferme, apparendo poco spaventati proprio come chi guarda. Così, conscio del fatto che gli scenari idilliaci sono l’unica cosa da salvare, Bennett li mostra in lungo e in largo anche quando non serve spezzando ulteriormente un ritmo mummificante.
Pietoso anche il ricorso al meccanismo del nemico umano che precede quello soprannaturale più potente: se per alcuni è stato il jolly vincente (Dal Tramonto All’Alba, La Horde tanto per fare due nomi “reperibili”), qui la fugace presenza dei pescatori cattivoni sembra solo un altro brufolazzo in una sceneggiatura disastrata. Troppo cattivo? No perché la sopravvivenza del genere è messa a dura prova dalla sfilza di titoli derivativi e anonimi come questo, un oceano di mediocrità dove diventa ancora più difficile cogliere, recuperare (e finanziare!) le buone idee e i lampi di genio. Qui non troverete inventiva, spaventi o sorprese: solo la piccola beffa finale dà una punta di sapore, sempre ammesso che ce la facciate a non premere “stop” fino ad allora.
httpv://www.youtube.com/watch?v=gdmg5nm2iCM
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