Vloody Mary – Iliade necrolesbo di una deejay rock in una nera giostra di licantropi, morti viventi e amori terminali che insanguinano Roma.
Dallo scorso 7 luglio, la Coniglio Editore ha iniziato la distribuzione del nuovo romanzo di Paolo di Orazio, autore di molti libri, considerato uno dei pionieri dell’horror made in Italy.
Vloody Mary è un’opera necro-romantica, tra urban fantasy e horror, tra noir e splatter, tra giallo investigativo e gotico. Analizza le paure più intime e profonde dei protagonisti. Vittime massacrate crudelmente, un misterioso assassino antropofago, una giovane e famosa DJ, Vloody Mary appunto, che eccita con la sua musica gli ascoltatori di Radio Rock (nota emittente romana) e i fanatici di heavy metal nelle discoteche di Roma, la sua compagna ossessionata da un passato morboso, un prete malato di porfiria che si ciba di anime di coloro che stanno per morire e un commissario che indaga sugli omicidi per le vie della capitale.
Ce n’è veramente per tutti i gusti in questo libro dove il rosso del sangue e il nero della notte si fondono in colori cromatici che annebbiano la mente del lettore conducendolo in un universo paranormale tra le vie della capitale. Da cardiopalma gli episodi che si susseguono come scene filmiche. I protagonisti si avvicendano sullo “schermo” della mente con una velocità ritmica e incalzante. Con maestria l’autore snoda le storie attigue e contemporaneamente separate di ogni personaggio creando un mosaico che, tassello dopo tassello, aiuta il lettore a costruire il puzzle della storia.
Il linguaggio, talvolta volutamente ricercato ma prevalentemente moderno e giovanile, crea una suspance asfissiante che obbliga il fruitore a rimanere incollato a quelle righe tra cui si celano i parametri dell’intreccio narrativo. I protagonisti, ben strutturati nella forma e nell’assetto psicologico, presentano caratteristiche che li rendono reali e attuali: nevrotici, ossessivi, appassionati, addolorati, capaci di pulsioni intime e istinti rivelati senza tabù. E se Quantin Tarantino usa lo stratagemma del film animato per raccontare l’infanzia di O-Ren Ishii (オーレン 石井) nel film Kill Bill vol. 1, Paolo Di Orazio per narrare una scena cruenta dal forte impatto visivo ne usa uno altrettanto geniale: inserisce una sequenza di fumetti (tre tavole: sceneggiature di Paolo Di Orazio; matite di Diana Mercolini; chine Piergiorgio Mantini).
Un libro da leggere tutto d’un fiato per lasciarsi travolgere dal delirio e il pathos che solo un professionista come Di Orazio sa regalare.
IL PIONIERE DELL’HORROR ITALIANO – Intervista a Paolo Di Orazio
Paolo Di Orazio è un artista eclettico e passionale, la sua creatività spazia dalla letteratura al disegno fumettistico e la pittura, dalla sceneggiatura alla musica. Considerato il pioniere dell’horror made in Italy, è oggi caporedattore di Kawama e alle prese con la promozione di Vloody Mary, sua ultima fatica letteraria.
Tu sei una personalità dinamica, assolutamente un artista a tutto tondo. Come ti definisci?
Grazie a te per la disponibilità. Mi definisco un visionario anarchico. Non voglio stare alle regole, non inseguo mode, cliché o i direttori editoriali, gli agenti, i luoghi, i circoli elitari. Setaccio le oscurità, come un segugio figlio di nessuno alla ricerca delle mie vette. Sono un ragazzino che fabbrica giocattoli per sempre.
Iniziamo ad analizzare le tue passioni che negli anni hai reso attività lavorativa. Venti anni fa eri il batterista dei “Latte e i suoi derivati”, parlaci dell’esperienza musicale di quegli anni.
Ho fondato la band mettendo assieme i due frontman (che non si conoscevano, ma loro ammettono il contrario), coi quali stavamo mettendo in piedi una rivista di fumetti demenziali. La carriera musicale è esplosa come una bomba e si è dipanata dal 1991 al 2000. Ho coordinato la band, facendo il booking delle date e interfacciandomi col produttore e gli impresari. 1500 concerti dal vivo, 3 Cd ufficiali, 2 commedie teatrali e la partecipazione alle più importanti radio e tv show d’Italia, tra cui Sanremo e il concertone del Primomaggio davanti a 500mila persone. Sono stati anni grandiosi, di enormi soddisfazioni e crescita. Ma da una parte, era impossibile portare avanti la mia attività di scrittura. I due cantanti-attori, come vuole la psicoevoluzione del rock, si sono sbarazzati del gruppo, una volta acquisita la fama, ed io sono potuto tornare alle caverne dell’anima, tra fumetto e scrittura. Certo, mi mancano le folle oceaniche (a Roma i nostri concerti chiamavano 10/12mila fans a serata), l’adrenalina delle dirette televisive, gli alberghi e i viaggi, le conquiste facili, ma credo che questa fase della vita sia giusta nel passato, per un mio ritorno riflessivo e arricchito sulla parola scritta (anche perché le mie orecchie ne sono uscite ammaccate). Ho suonato anche con altre formazioni, totalizzando nella mia vita 2000 concerti dal vivo. Scrivere è più solitario, è più mio. Sono regista totale del mio lavoro ed è ciò che preferisco.
Hai iniziato la tua attività di scrittore presso una casa editrice che si occupava di scrittura erotica e porno. Esperienza che ti ha causato delle denunce ma che sicuramente ha portato il tuo nome all’attenzione del pubblico. La consideri una parentesi di vita o un trampolino di lancio?
Assolutamente un trampolino di lancio. La mia passione per l’horror è nativa: già da bambino progettavo film e scarabocchiavo fumetti horror, usando involontariamente la parodia come approccio. Il porno è stato un passaggio lavorativo che mi ha formato, sia per la quantità di impegno quotidiano per la scrittura, sia per la liberazione dai tabù morali. La disinibizione scrittoria (non solo sessual-porno) è fondamentale per far sì che le parole diventino un fuoco vivo e autonomo per lo sconosciuto che è al di là della pagina scritta. La denuncia giudiziaria non ha avuto una risonanza pubblica, ma privata, poiché le riviste che dirigevo e scrivevo (11 mensili hard) non pubblicavano la mia firma. Ha avuto luogo in quanto la polizia ha fatto irruzione in casa editrice, trovandomi alla scrivania (stavo facendo colazione con un panforte e sul tavolo c’era zucchero a velo dappertutto: in un impeto di paranoia ho spazzolato la polvere biancastra, e ho fatto in tempo a evitare che la situazione degenerasse). Scrivere tanta pornografia mi ha dato un imprinting focale sulle mie abilità descrittive odierne.
Grazie ad una proposta editoriale hai trovato la tua strada: scrittore di romanzi e sceneggiatore di fumetti horror. Raccontaci di quegli anni, dei libri e delle riviste che hai diretto.
Dopo l’esperienza nel settore porno, arriva finalmente la mia materia: l’horror. Francesco Coniglio mi aveva già messo sotto osservazione dai tempi del mio corso nel suo laboratorio del fumetto (1984). Quindi mi affida la guida di «Splatter» e «Mostri» per la Acme, a fianco di Roberto Dal Pra’ (1989). È il mio battesimo, non propriamente nell’horror, ma nel territorio attiguo, lo splatternoir. Avevo presentato un mio progetto a fumetti pseudo-seriale, soggetti che poi divennero i miei racconti in formato libro (Primi delitti), successivamente ridotti a fumetto da Vincenzo Perrone per i disegni di Marco Soldi. Il successo fu immediato. Piovvero lettere in redazione a dirotto. Un evento clamoroso. Il rapporto coi lettori divenne il fulcro della gloria di queste riviste. Primi Delitti e «Splatter» furono fulminati da un’interrogazione parlamentare nel 1990 per via delle crudeltà raccontate: fui tacciato di istigazione a delinquere. Le vendite del mio libro svettarono con la denuncia al doppio del venduto già ottenuto e il titolo totalizzò 12mila copie. Pubblicai in seguito dei veri horror: Madre Mostro, Prigioniero del buio, Il dipinto ucciso, racconti e romanzi Acme e Granata Press dove mossi i miei virtuosismi nel sovrannaturale influenzato da King, Barker, HPL, Poe, Cronenberg, Salvador Dalì e Oliver Sachs.
Oggi sei caporedattore di Kawama, puoi spiegare ai lettori che ancora non la conoscono cos’è e di cosa si occupa?
La Kawama è un giovane marchio fondato da Dino Caterini, patròn trentennale della Scuola Internazionale di Comics e Roberto Dal Pra’, sceneggiatore di caratura internazionale. Ha iniziato nel 2010 con «iComics», bimestrale di fumetti da edicola, rivista contenitore di nuovi talenti e maestri con racconti a fumetti inediti e preziose riscoperte del passato. Col mio inserimento in Kawama, è stato anche accolto il mio vecchio progetto renaissance di rivista horror, «Shinigami», che non ha avuto granché fortuna. Senza dilungarci nei perché e i percome della disfatta, anche questa rivista voleva essere un contenitore ma di storie inedite e con stili eterogenei.
Il sette luglio è uscita la tua ultima strabiliante opera, Vloody Mary. Entriamo nel vivo del tuo lavoro e svelaci, se puoi, la trama e qualche particolarità.
Volevo infestare Roma di cadaveri ed esasperare il senso di caos dispersivo, dove ognuno di noi è un granello di sabbia nella tempesta continua e nessuno si accorge di nulla. Questi cadaveri hanno la misteriosa facoltà di risvegliarsi dopo aver subito un’aggressione mortale da parte del loro feroce assassino che li squarta con artigli e li sbrana selvaggiamente durante le notti di Luna piena. E al successivo ciclo lunare, i morti, dopo aver vagato, muoiono definitivamente perché il loro cranio esplode. Non a caso, il commissario Alfredo Red Vanacura ha aperto il caso Scanners, ma le cose si complicano quando al massacro si aggiungono altri ritrovamenti di cadaveri dissanguati e mutilati del cuore. Tutto questo porta ad una seducente, nervosa, algida ragazza, Vloody Mary, una deejay che offrirà grosse grane al commissario. Mary è una donna realmente esistente e di cui ho provato una potente attrazione in passato. Era oscura, fragile come vetro, pallida e ossuta. Una sorta di spirito, una persona magica e, pertanto, materialmente intoccabile. Molti miei amici sono deceduti in questo romanzo, tra cui gli scrittori Alberto Corradi e Antonio Veneziani. Realismo totale coi deejay di Radio Rock e i noti locali romani dove Vloody Mary porta la musica e le masse dei fan.
Come è nata l’idea di un horror tanto originale?
Tutto intorno al gioco di assonanze Bloody/Vladi che ci permette la simbiosi tra i personaggi Mary Worth, lo spettro meglio noto come Bloody Mary, e Vlad Drakul non-morto ematofago. Tra l’altro, il personaggio di Mary Worth condivide con la mia Vloody un problema di specchi (e anche col vampiro). L’idea del romanzo è nata durante l’ultimo assalto globale dei vampiri, nel 2009, anno in cui ho cominciato a prevedere che in capo a due anni avremmo avuto un’ondata zombi. Ho tramato qualcosa di adeguato per essere al passo coi tempi, per una volta. Vloody Mary era perfetta, e volevo dotarla di una maschera atipica che non fosse il vampiro o lo zombi romeriano e quindi le ho cucito addosso un’attività artistica, prettamente musicale, attingendo dalle mie esperienze di musicista. La migliore poteva essere solo l’attività dj: solitaria, massiva e, soprattutto, di tendenza. Il risultato è un horror punk-wave. La musica e l’elemento investigativo amalgamano l’horror, ricoprendolo di soluzioni gore e psichedeliche. Una volta tanto, questioni soap di amore. Naturalmente a modo mio.
Come sviluppi una scacchiera di vicende con tante storie e personaggi?
Prima a mente. È come organizzare una band musicale e l’arrangiamento delle loro partiture. Appena avuta l’idea di Vloody Mary, ne è seguito un collasso durato un anno. Non avevo coraggio di mettermi a sviluppare un tale incastro. Vloody ha voluto una co-protagonista, poi due con il commissario e tre con la sua necessaria spalla (il coroner). Ma non bastava, poiché desideravo recuperare Sebastiano, il prete porfiriaco cannibale di anime, il quale ha due relativi comprimari. Ogni elemento era necessario e voleva partecipare alla storia. Volevo anche fornire un mondo completo, quindi i personaggi secondari sono più del doppio, anche se focalizzati in poche righe (all’inseguimento del grande HP Lovecraft che descrive New York in 11 parole). Quindi mi sono preso un’anticamera congetturale piuttosto lunga: fatto un quadro mentale preciso, mi sono precipitato a stilare una sinossi scalettata, più volte rimaneggiata per un montaggio armonioso, fino a che ho rovesciato il romanzo nel computer in una settimana. Il colpo di scena finale è nato poco prima di mandare il libro in stampa.
E ora la domanda di rito: quali sono i tuoi progetti futuri?
Naturalmente due romanzi sequel di Vloody. Poi un progetto corale di narrativa di autori vari come curatore, due graphic novel a fumetti. Difficile dire quando tutto ciò prenderà forma, poiché non ho accordi editoriali precisi. Ma lo farò.
Paolo, ti ringrazio per questa intervista e consigliando ai nostri lettori il tuo “Vloody Mary” ci auguriamo di ritrovarti presto con un nuovo romanzo.
Grazie a te e a voi. Sinceramente Vostro.
About Filomena Cecere
FILOMENA CECERE
È autrice di romanzi fantasy e gotici che miscela con forti tinte noir. È Consulente editoriale per la casa editrice Edizioni della Sera e Direttrice editoriale della sezione gotica per il marchio Nocturna.
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