Lo stimolo a pensare “oltre” c’è e accompagna fino alla fine: per un titolo che si prospettava come la fuga dal maiale assassino non è affatto male.
Un animale difende il proprio territorio da una spocchiosa famiglia di cacciatori: può questo essere considerato uno spunto horror? Per quanto mi riguarda non è altro che un romantico e felice scorcio agreste ma evidentemente per i più (e per il francese Antoine Blossier, che dirige le operazioni) potrebbe essere un pensiero angosciante. Eccoci così a raccontare Proie, survival thriller con contaminazioni drammatiche.
Il pacifico Nathan (Grégoire Colin, La Vita Sognata Degli Angeli) è angosciato dall’imminente riunione della famiglia di Claire, sua moglie. Quest’ultima dovrà annunciare la gravidanza allo scontrosissimo padre Eric (Fred Ulysse, Vidocq), che ha già i suoi grattacapi con l’azienda di pesticidi che presiede e che vede sull’orlo del fallimento. La stessa sera però lo stesso Eric subisce un bizzarro e immotivato attacco da parte di un branco di cervi atterriti: per scoprire cos’abbia scatenato tale reazione, il capofamiglia, provetto cacciatore, trascina figlio e genero nei boschi circostanti per scoprire la causa di tale scompiglio. L’uso scriteriato di sostanze chimiche è una delle cause più gettonate per spiegare le horror-catastrofi cinematografiche, qui a farne le spese sono prima i porcellini della foresta, tramutati in orribili mega-suini aggressivi, poi i diretti responsabili dell’inquinamento.
Loro, nella lenta e pericolosa immersione forestale, non dovranno affrontare solo la natura matrigna, ma anche le loro beghe familiari, forse più letali e distruttive del pericolo animale. La mia speranza è fin da subito quella di un grandioso e fulmineo 3-0 per i maiali (figli di effetti speciali e non di computer grafica, il realismo ringrazia), ma la cosa non è congeniale alle esigenze narrative, che portano invece al già citato gorgo di frizioni tra i membri della problematica famiglia: passino orgoglio, gelosie e speculazioni, ma checcavolo, braccati da creature geneticamente alterate si potrebbe pure ristabilire l’ordine delle priorità! O forse Blossier ci tiene a parlare del mostro dentro all’essere umano, così laido da essere comunque la “bestia” più pericolosa. Che il flipper di riflessioni sia volontario o meno, poco importa: lo stimolo a pensare “oltre” c’è ed accompagna fino alla fine.
Per un titolo che si prospettava come fuga dal maiale assassino non è affatto male. L’ambizioso e tutto sommato riuscito tentativo di Proie è quello di braccare i bracconieri, di stritolarli in un contesto più sfaccettato di quanto sembri dove la lancetta si sposta progressivamente dall’orrore al dramma senza mai dimenticare il fattore ematico, che provenga da fauci o fucili fa lo stesso. Nella morsa di altarini, scelte di vita e maiali rabbiosi, la sopravvivenza si complica e la tensione sale. Proie, pur simile ad altri titoli (tra cui Profezia – 1979 – che con le stesse premesse lanciava nella mischia un super-orso mutante), preserva qualche momento di vero brivido fra le frasche oscure, eludendo abilmente la mia becera speranza di definirlo una “porcata”.
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