A Sholder e Chaskin non fregava niente del Freddy Krueger “personaggio”, ma solo la possibilità di imbastire un horror duro e puro.
L’episodio più odiato e meno apprezzato di tutta la saga kruegeriana, girato nell’ormai lontano 1985 da Jack Sholder e scritto da David Chaskin.
Ai due citati autori non fregava assolutamente niente del Freddy Krueger “personaggio” né della sua mitologia, ma solo la possibilità di imbastire un horror duro e puro che incassasse almeno quanto il precedente capitolo di Craven, ai tempi non interessato allo sfruttamento commerciale della sua creatura. Missione compiuta perché, al di là delle lamentele dei fans, la pellicola in questione è un ottimo horror, senza ammiccamenti, battutine e imborghesimento del villain ustionato che rimane ancora figura inquietante e minacciosa. Un orco vero e proprio che elegge cantine, caldaie e fabbriche dismesse a sua dimora, con l’unica intenzione di uccidere e “collezionare” anime (ora siete tutti figli miei dice alle sue potenziali vittime durante la grande scena della piscina).
Jesse (Mark Patton) si trasferisce con la famiglia nella casa che fu di Nancy Thompson, ereditando sia gli incubi terribili sia la presenza ossessionante di Krueger che, in una bellissima scena, vedrà di soppiatto dalla finestra della cantina mentre brucia degli oggetti nella caldaia. Siamo quasi dalle parti di Amityville Horror (o Possession) per molti versi, la casa sembra posseduta, fa un caldo infernale, i pappagallini in gabbia impazziscono e muoiono per combustione spontanea, e poi, Jesse sogna, ha degli incubi spaventosi in cui si materializza la figura dell’uomo nero con il cappellaccio. In più, cominciano le morti, inspiegabili, tanto che Jesse comincia a credere di essere pazzo, non aiutato nemmeno da una delle famiglie più odiose e disfunzionali mai apparse sugli schermi. Plot classico, nessuna concessione all’ironia per un film che sembra viaggiare anche in territorio slasher regalando al pubblico grandi scene d’omicidio come quelle della morte sadomaso del coach Schneider (Marshall Bell) o la già citata mattanza in piscina, con un Robert Englund in gran spolvero, torreggiante, a dispetto della bassa statura, in mezzo al gruppo di teen-agers festaioli (Anthony Hickox questa sequenza l’ha vista sicuramente, guardate un po’ il massacro discotecaro di Pinhead in Hellraiser 3-Hell on Earth).
Forse gli appassionati della saga non hanno mai perdonato a Sholder il fatto di aver mostrato poco l’uomo nero di Elm Street, praticamente assente per tutta la prima parte. Vero, ma bisogna pur ammettere che tutte la apparizioni di Freddy sono straordinarie e centellinate in vista del twist finale in cui il Nostro si materializza nella “realtà” dei personaggi messi in scena letteralmente facendosi strada tra la carne del protagonista principale, ragazzo complessato in odor di omosessualità che non consuma il rapporto con la ricca fidanzata perché in simbiosi con il terribile Krueger. Scena grandiosa, orchestrata dall’effettista Mark Shostrom, regista non accreditato di tutta la sequenza di trasformazione, mentre il make-up di Englund fu affidato al bravo Kevin Yagher, destinato a divenire uno dei professionisti più apprezzati e richiesti in ambito orrorifico (la creazione di Chucky in Child’s Play su tutte). Una leggenda metropolitana, o presunta tale, vuole che il guanto artigliato sia stato rubato sul set, motivo per il quale, in alcune immagini, le lame fuoriescono direttamente dalle dita di Freddy.
Curiosità a parte, il film di Sholder (regista pure di un gioiello dimenticato come L’Alieno) è girato e fotografato in modo splendido, Jacques Haitkin fu il direttore della fotografia del capostipite, ed è un peccato relegarlo nel limbo dei seguiti indegni, non solo perché fu un buon successo al botteghino, ma perché è una pellicola in grado di camminare sulle proprie gambe. Dopo il buon Craven prenderà in mano le redini del franchise, ma questa è un’altra storia. E poi, ci sia concesso di dire che A Nightmare on Elm Street 2: Freddy’s Revenge sfodera l’incipit forse più fenomenale dell’intera serie, con la folle corsa dello schoolbus, guidato da un Robert Englund senza trucco, in una landa desolata e quasi preistorica che avrà portato all’innamoramento subitaneo una legione di giovani amanti del cinema horror. Non è poco. Da riscoprire.
httpv://www.youtube.com/watch?v=yv4AFuOY9y4
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