Freddy Krueger sbarca sul piccolo schermo deciso a terrorizzare chiunque abbia la sfortuna di incrociarlo.
Nonostante l’iniziale dualismo, cinema e televisione, con l’andare degli anni, hanno stretto rapporti sempre più stretti, finendo spesso per contaminarsi a vicenda o per darsi ossigeno reciprocamente.
Negli anni si sono quindi moltiplicati i casi in cui, prendendo spunto l’uno dall’altra, sono stati prodotti adattamenti di serie tv al cinema: già nel 1983 quattro dei più grandi registi di quel periodo (Steven Spielberg, Joe Dante, John Landis e George Miller) portarono sul grande schermo Ai confini della realtà, un film a episodi ispirato alla serie ideata da Rod Serling, ma più recentemente abbiamo visto la banda capitanata da “Hannibal” Smith nel film di Joe Carnahan A-Team (2010), ma anche Hazzard (2005) diretto da Jay Chandrasekhar e Starsky and Hutch (Todd Phillips, 2004). Se è vero però che la legge del do ut des è sempre di moda, anche da film di successo sono state tratte serie tv, basti pensare a Venerdì 13 andata in onda tra il 1987 e il 1990 e ispirata alle “gesta” del Jason Voorhees cinematografico, ma soprattutto a Freddy’s Nightmares, programmata anche questa alla fine degli anni ’80 e nata dal successo del personaggio creato da Wes Craven oltre dieci anni prima.
Suddivisa in due stagioni da 22 episodi ciascuna della durata di circa quaranta minuti, la serie è un omaggio a Freddy Krueger, ma già dal secondo episodio tende a prendere una strada tutta sua, proseguendo la via già tracciata da altre importanti serie horror-fantascientifiche, come appunto la già citata Ai confini della realtà. Ogni episodio è una storia a sé e ha come protagonisti per lo più adolescenti (non peraltro perseguitati dal Freddy cinematografico) vittime dei loro stessi sogni. In tanti, se non tutti, gli episodi, infatti, l’orrore scatta nel momento in cui la mente di uno di loro valica il reale per perdersi nei meandri del sogno, dimensione dove tutto può accadere.
Il primo episodio, No More Mr. Nice Guy, diretto da Tobe Hooper (Non aprite quella porta, Le notti di Salem, The Mangler), è un vero must per gli appassionati del personaggio interpretato da Robert Englund per ben nove volte: finalmente si conosce cosa è successo prima che Freddy entrasse di prepotenza negli incubi degli adolescenti americani. Hooper ci racconta il processo da cui l’avvocato lo tira fuori per un cavillo, la susseguente caccia che si scatena una volta di nuovo libero e l’esecuzione sommaria (Freddy viene bruciato vivo) da cui si evince che in fondo Krueger avesse da sempre desiderato la morte per liberarsi della zavorra umana e dare libero sfogo al demone che porta dentro di sé, agendo non più nel mondo reale dove qualsiasi mortale avrebbe potuto combatterlo, ma in quello dei sogni, dove è sovrano assoluto.
Nel complesso, la serie risente parecchio della precedente esperienza di prodotti simili (Ai confini della realtà su tutti) e anche la struttura degli episodi segue la falsa riga di altre serie tv di quel periodo: puntate indipendenti, personaggi diversi, storie differenti, accomunati dalla presenza del diabolico Freddy che si ritaglia un ruolo alla Alfred Hitchcock nella serie Alfred Hitchcock presenta in cui apre e chiude ogni episodio, commentando e strizzando l’occhio al telespettatore, riservandosi comunque qualche apparizione in alcuni episodi nel suo ruolo principe: l’incubo.
All’epoca della messa in onda, la serie fu criticata per l’eccessiva violenza rappresentata, soprattutto se legato al mondo adolescenziale, una scelta quasi obbligata per gli autori vista l’epopea che lo splatter stava vivendo in quegli anni (era stato George A. Romero nel 1978 a coniare per la prima volta il termine a proposito del suo Zombie), ma che comunque non passa di certo inosservata. Le storie sono spesso crude, già dalle prime puntate assistiamo a uno spettacolo tragico e atroce in cui i ragazzi sono assoluti protagonisti: nel terzo episodio della prima stagione, Killer Instinct, una ragazza arriva addirittura a uccidere (decapitandola col nastro d’arrivo usato in atletica) la propria concorrente sportiva per conservare il suo primato, salvo poi essere tormentata dal suo fantasma.
Già allora la violenza stava avviandosi a diventare spettacolo, puro intrattenimento, e i registi sembrarono subito adeguarsi alla moda del momento. I vari Mick Garris (Critters 2, Psycho IV e varie trasposizioni cinematografiche ispirate a Stephen King), John Lafia (La bambola assassina 2), Tom McLoughlin (Venerdì 13: Jason vive), Ken Wiederhom (Il ritorno dei morti viventi 2), Dwight H. Little (Halloween IV: Il ritorno di Michael Myers) e lo stesso Robert Englund che oltre a interpretare per l’ennesima volta Freddy girò anche qualche episodio, misero in campo tutta la loro esperienza e passione per l’horror. Fecero un utilizzo massiccio della slow motion, la macchina da presa è spesso utilizzata per confondere lo spettatore, quasi fosse uno strumento che possa agire sulla percezione umana, e infarcirono gli episodi di sangue e di inserti macabri dove il mondo onirico spesso soverchia quello reale, tanto da potersi trovare il fantasma della propria migliore amica (con lembi di carne penzolanti dalla faccia) seduta accanto mentre si mangia.
About Marcello Gagliani Caputo
Giornalista pubblicista, scrive racconti (Finestra Segreta Vita Segreta), saggi sul cinema di genere, articoli per blog e siti di critica e informazione letterario cinematografica, e trova pure il tempo per scrivere romanzi (Il Sentiero di Rose).