Dal terrificante videogame del 1996, la prima trasposizione filmica è già culto.Azione, horror e sci-fi si mescolano sapientemente in una miscela esplosiva e trascinante. L’inizio di una saga che resterà nell’immaginario collettivo.
E’ passata tanta acqua sotto i ponti, dall’ormai lontanissimo 1972, anno che vide la nascita della Atari e il lancio del mitico Pong, il videogioco (piuttosto alienante, in realtà), che emulava l’omonimo sport da tavolo con racchette e pallini: schermo nero, due tasselli bianchi in movimento, una pallina.
Dapprima intrattenimento da bar o sala giochi, il videogame conobbe un’evoluzione rapida e di dimensioni immense, fino a diventare, nelle sue versioni più sofisticate, una vera e propria nuova forma artistica (basti pensare al recentissimo “L.A. Noire”, film interattivo o “videogame cinematografico” secondo la definizione dei suoi stessi creatori della Rockstar Games). Storie complesse e affascinanti (nomi del calibro di Stephen King e soprattutto Clive Barker si sono cimentati nelle sceneggiature videoludiche), grafiche sempre più realistiche: era dunque inevitabile che l’oggetto videogioco approdasse anche sul grande schermo. Con risultati per lo più scadenti (Tomb Raider, Alone In The Dark), in rari casi apprezzabili (la bellissima trasposizione filmica di Silent Hill).
Resident Evil, il gioco, nasce nel 1996 dalla mente del giapponese Shinji Mikami, diventando in breve un successo mondiale: zombies, atmosfere tetre, un solido canovaccio narrativo. Evidente l’ispirazione agli zombies Romeriani, al punto che Romero stesso fu chiamato a dirigere gli spot pubblicitari per il lancio del videogame. Avrebbe dovuto dirigere lui il film in oggetto, del quale scrisse una bellissima sceneggiatura, restando assai fedele allo spirito dell’oggetto ludico; le cose purtroppo andarono in modo diverso, e per motivi chiaramente commerciali la regia della pellicola venne affidata al britannico Paul W.S. Anderson (Mortal Kombat e soprattutto il bel Punto Di Non Ritorno).
L’atteggiamento col quale ci si pone verso questo film ha un peso piuttosto determinante nel giudizio che ne può conseguire: se si resta agganciati al videogioco, ci si ritrova delusi. E accade la stessa cosa se si resta con l’idea fissa che questo film “avrebbe dovuto farlo Romero”: certo, sarebbe stata un’altra cosa. Il film dunque, va preso per ciò che è: basato sul videogame, ne è un’evoluzione; il taglio horror diventa più prettamente sci-fi, nella sua accezione più action e patinata. Zeppo di citazioni, molte ovviamente da Romero (il finale su tutto), ma comunque dai film più disparati: i mostri mutanti dal sapore Barkeriano, le ambientazioni alla Nostromo di Alien, il tema dell’apocalisse batteriologica di 28 Giorni Dopo, ricorrenti echi da The Cube, l’elenco sarebbe davvero molto lungo. Alcune di esse sono più sottili, come ad esempio le porte con le maniglie alte di Suspiria, o i ripetuti riferimenti ad Alice In Wonderland (già dal nome della protagonista).
La storia è nota: un virus, il cosidetto “Virus T”, ha infestato “l’Alveare”, base sotterranea di segretissimi esperimenti scientifici e genetici (non propriamente puliti, è ovvio) di proprietà dell’Umbrella Corporation, multinazionale che controlla la quasi totalità del mercato, ovviamente in forme dall’apparenza legale, per coprire le sue reali e a dir poco luride attività. Il cuore dell’Alveare è la Regina Rossa, un’altissima forma di intelligenza artficiale che si presenta come ologramma di una ragazzina, realizzato sulle sembianze della figlia del programmatore. Una squadra speciale viene incaricata di risolvere la situazione di emergenza, per usare un termine assai semplicistico.
Il fattore incognita arriva, sotto forma di morti viventi contagiati dal Virus T: i dipendenti dell’Alveare, i ricercatori, gli scienziati, tutti coloro che lavoravano e vivevano in questo mondo sotterraneo, si sono trasformati. A essi si aggiungono anche strane creature mutanti, altro frutto dei segretissimi e azzardati esperimenti. Gli zombies sono fortemente Romeriani: lenti, senza volontà, ben lontani dai morti viventi-scheggia di film come 28 Giorni Dopo o il remake di Dawn Of The Dead. E si sa, ogni buon orrorofilo non riuscirà mai a concepire degli zombies veloci. Il non-morto si muove lentamente poiché lo fa per inerzia, per riflesso di ciò che era in vita, in un vagare inesorabile e ipnotico.
Il film è dominato dalla figura della splendida Milla Jovovich, che interpreta Alice, soldato speciale dell’Umbrella che ha subito una perdita di memoria a causa del gas nervino rilasciato nella villa usata come ingresso d’emergenza dell’Alveare, e della quale Alice è uno dei guardiani. Con lo svolgersi degli eventi, Alice prende coscienza, ricorda o crede di ricordare: bravi flash, che si ricomporranno a dare le risposte, a fine film. Altra presenza importante è Michelle Rodriguez, nella parte di Rain Ocampo: contraltare della Jovovich sia nel fisico (l’algida Milla e l’ispanica Michelle) che nel personaggio (Rain è sanguigna, aggressiva, Alice è spaesata, timida, quasi incantata ma non per questo meno forte e meno lottatrice). I personaggi maschili sono a dire il vero messi un po’ in ombra, eccezion fatta per il leader James ‘One’ Shade (un assai efficace Colin Salmon) e per il carismatico Spence Parks (James Purefoy) , ambiguo personaggio chiave. I characters sono completamente diversi rispetto al gioco, e ciò suscitò non poche proteste da parte dei fan; ma comunque, convincono.
Il film dunque, è il tipico prodotto ad alto budget, estremamente ben realizzato in ogni dettaglio, dalla splendida fotografia allo score musicale forte e ad hoc (composto a quattro mani da Marilyn Manson e Marco Beltrami), dotato di un’ottimo montaggio, di una regia astuta e sapiente, e carico di tensione al punto giusto. La sceneggiatura regge e mescola il pattern classico dell’action movie con l’horror, a scapito però della componente orrorifica, che è mortificata rispetto al gioco (il quale era sinceramente spaventoso). Resta sempre e comunque un prodotto europeo, nonostante l’impostazione da film USA, il tocco del Vecchio Continente per fortuna c’è, e si vede.
E’ una pellicola che può piacere o non piacere, troppo patinata per alcuni, con pochissimo gore e tanta azione; ma a lei va comunque il merito di aver sdoganato l’oggetto videogame nel mondo cinematografico a pieno titolo, creando anch’essa, come il gioco stesso, una saga dalle alterne fortune ma di forte impatto. Il primo film sul “Male Residente” resterà dunque, nell’immaginario collettivo, con la sua commistione di generi e il suo essere blockbuster senza svendersi. Questo, probabilmente, il suo più grande merito. E Milla Jovovich/Alice col suo vestitino rosso, è già icona.
Trailer originale
httpv://www.youtube.com/watch?v=u6uDnd_v5Bw
About Chiara Pani
Conosciuta anche come Araknex, tesse inesorabile la sua tela, nutrendosi maniacalmente di horror,musica goth e industrial e saggi di criminologia. Odia la luce del sole e si mormora che possa neutralizzarla, ma l’ interessata smentisce, forse per non rendere noto il suo unico punto debole. L’ horror è per lei territorio ideale, culla nella quale si rifugia, in fuga da un orripilante mondo reale. Degna rappresentante della specie Vedova Nera, è però fervente animalista, unico tratto che la rende (quasi) umana. Avvicinatevi a vostro rischio.