Con tutti i rifacimenti statunitensi di film orientali c’era da aspettarsi un contrappasso, prima o poi. Ma di Paranormal Activity, fenomeno più per marketing che per meriti, serviva davvero un clone?
Una telecamera a monitorare una stanza da letto, sede di fatti inspiegabili. Era lo scarno ma ingegnoso quadretto di Paranormal Activity, anno 2007, il più grande fenomeno mockumentary dai tempi della strega di Blair.
Il plot si ripeteva carta carbone style in Paranormal Activity 2, prequel lampo a sfruttare l’inerzia di successo del primo capitolo. La stessa minestrina, ma in salsa giapponese, ritorna in questo Paranormal Activity: Tokyo Night, che non è un sequel bensì un remake del capostipite statunitense, con microscopiche variazioni stilistiche e narrative. Koichi (Aoi Nakamura) e la sorella Haruka (Noriko Aoyama) abitano nella classica casetta giapponese a due piani che, garantito!, prima o poi viene infestata e diventa scenario di fatti tragici (perchè vi ostinate a viverci???). Lei ha le gambe ingessate per i postumi di un brutto incidente, lui se ne prende cura. Una notte la carrozzina di Haruka si sposta misteriosamente. Allarmati, i due ragazzi piazzano una telecamera di sorveglianza, che notte dopo notte documenterà una sinistra escalation di spostamenti di oggetti, rumori inspiegabili e presenze spiritiche sempre più invadenti, sempre più minacciose. Con tutti i rifacimenti statunitensi c’era da aspettarsi un contrappasso, prima o poi; peccato accada con un titolo che aveva già esaurito sui titoli di coda l’effetto sorpresa e lo charme, e il cui successo era figlio di un’astuta strategia pubblicitaria più che di altri fattori. Ma la tradizione nipponica, si sa, vive di ghost stories e Paranormal Activity i fantasmi li immortalava in un modo originale e, tutto sommato, fastidiosamente inquietante nel gioco di attesa e di suspence. Senza annegare nelle perverse logiche di mercato, di un clone di Paranormal Activity qui in Europa non se ne sentiva certo la mancanza. Anche perchè la sostanza, nella serie “paranormale”, è sempre stata poca e per giunta in Tokyo Night l’impatto è più debole, mancando la curiosità di inizio saga e le sornione tattiche mediatiche a sostegno. Nel gioco del “trova le differenze” c’è da appuntare qualche brividino in meno e un epilogo leggermente differente, forse un po’ più inquietante. La fetta di horror-fans che nel 2007 gridò al miracolo passi anche dalle parti di Tokyo Night, anche se agli occhi del pubblico europeo il film rischia di avere l’utilità di un sottobicchiere.
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