“Col budget del film di Hooper questi ci avrebbero pagato giusto le birre” obietterà il critichino. Ma la verità è che in questo remake, umile ma grintoso, la motosega torna a rombare alla grande.
Rimodernare un classicone come Non Aprite Quella Porta è sempre un grosso rischio: il linciaggio da parte dei fans è costantemente dietro l’angolo perchè se le sperimentazioni sono un’arrogante blasfemia, l’eccessiva fedeltà al predecessore suona come una calata di braghe. Forse non esiste modo di uscire totalmente indenni da una missione simile, ma se c’è, Marcus Nispel (Pathfinder, Venerdì 13) ci è andato vicinissimo.
Con lo sceneggiatore Scott Kosar (sue anche le rielaborazioni di Amityville Horror e La Città Verrà Distrutta All’Alba) Nispel rilancia coraggiosamente il franchise di Leatherface ed evita la gogna. Cinque ragazzi in viaggio incontrano una giovane svitata che barcolla lungo una strada provinciale texana: è il tempo della pace e della fratellanza, così le offrono supporto e passaggio. L’incontro è però esiziale un po’ per tutti: lei, terrorizzata, si fa esplodere la testa e ai ragazzi tocca rimanere in zona. Che per loro sfortuna è la zona degli Hewitt.
Non (ri)Aprite Quella Porta è pur sempre un remake, ma gli vanno riconosciuti alcuni colpi vincenti: uno dei più lampanti è la partenza sprint che non lascia tempo allo spettatore di elaborare critichette e paragoni a caldo. Come un pugile che parte all’attacco, coglie di sorpresa e non concede troppe elucubrazioni mentali. Gli eventi peggiorano e precipitano in fretta e prima di poter inquadrare il film c’è già un cervello da raschiare dai sedili del pulmino. Poi, Nispel rinuncia a replicare le scene e gli aspetti cult del film di Hooper, conscio del fatto che provarci sarebbe un harakiri in piena regola. Non ritroverete dunque la macabra cena nè il folle autostoppista. In compenso la nuova stesura cerca umilmente di creare altre situazioni memorabili e qualcosina le riesce: le incursioni del bastardissimo sceriffo Hoyt (R. Lee Ermey, Full Metal Jacket, rispolvera la divisa e la migliore crudeltà) e i primi due raid di Faccia Di Cuoio valgono abbondantemente il prezzo del noleggio. Certo a bocce ferme la mente corre indietro e alla constatazione che il pur buon remake si sistema a distanza siderale dal capolavoro del 1974 (ma c’era qualche dubbio?) e dai suoi momenti di stordimento sonoro e visivo; i diversi mezzi economici e tecnici danno un’impronta inevitabilmente differente a questo remake, horror molto più canonico, strutturato e diligente. Ciononostante, l’atmosfera è efficace e la suspence resiste fino all’ultimo.
Un cast giovane ma non sprovveduto (la Biel è più appariscente, ma il migliore è Jonathan Tucker) tiene botta in un plot con sfumature e svolte differenti dove i punti di contatto con il suo “mentore” sono la leggendaria figura del buon Leatherface e il grottesco sadismo della famigliola. “Col budget del film di Hooper questi ci avrebbero pagato giusto le birre” obietterà il critichino. Ma la motosega torna a rombare alla grande e risuona nelle orecchie anche dopo i titoli di coda di questo piacevolissimo remake, umile ma grintoso, assoluto grasso che cola visti i tempi. Almeno per stavolta, Nispel è salvo.
httpvh://www.youtube.com/watch?v=Mra_Z3cpGCM&feature=related
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lug 18, 2011Posted By
La saga di Non aprite quella porta: dal realismo al 3d | Horror.it[…] Il reboot del 2003: Dopo questo scivolone The Texas Chainsaw massacre sembrava ormai giunto al capolinea, ma ecco che arriva sua maestà Michael Bay, uno dei massimi registi specializzati in action testosteronici, che decide di produrre nel 2004 un remake del primo capolavoro hooperiano. A dire il vero più che un rifacimento il film sembra un capitolo a se stante, e anche intitolandolo Non aprite quella porta 5 sarebbe stato lo stesso. Quello che i fan non hanno perdonato a queso nuovo capitolo è la scarsa aderenza con la mitologia di Hooper, soprattutto cambiare il cognome della famiglia cannibale da Sawyer a Hewitt. Per il resto è vero che il plot è simile al primo Non aprite quella porta, ma lo stesso si potrebbe dire di ogni suo seguito (secondo capitolo a parte). Quello che si apprezza è la regia di Marcus Nispel, l’azzeccata ambientazione anni 70 e un ritmo concitato dall’inizio alla fine. Il film è comunque un successo mondiale e sarà l’apripista per nuovi remake di classici prodotti dalla Platinum dunes di Michael Bay, da Venerdì 13 a Nightmare. […]