«Avevo 5 anni, quando vidi in tv per la prima volta il Dracula di Tod Browning, interpretato da Bela Lugosi. Me ne innamorai e decisi fin d’allora che sarei diventato un regista horror»
Dopo la carriera come assistente di produzione, che gli ha permesso di lavorare e collaborare a capolavori come Il padrino – Parte terza, l’eclettico e multitasking Tim Sullivan si sperimenta (egregiamente) come regista di genere… Superando l’esame a pieni voti!
Hai lavorato per anni come assistente di produzione. Che tipo di esperienza è stata e quanto ti ha aiutato, poi, nel tuo lavoro come regista?
È stata un’esperienza incredibile. Mi sono laureato alla New York University in cinema ed ho cominciato subito a lavorare come assistente di produzione. È un lavoro molto interessante. Lavorare per Il padrino III è stato perfino un onore, non solo perché mi ha permesso di misurarmi in situazioni davvero estreme (lavorare in giacca e cravatta in piena estate non è il massimo della comodità!), ma anche perché mi ha permesso di comprendere il rispetto che gli italiani hanno nei confronti della macchina cinematografica, del set cinematografico. Ho lavorato per diversi anni come assistente di produzione, e in quegli anni ho ricoperto numerosi ruoli come supporto: conosco alla perfezione praticamente ogni reparto di un set! Quando giro, dunque, so perfettamente quello di cui una troupe ha bisogno, so cosa si può e si deve fare su un set e i reparti interagiscono bene con il mio perché percepiscono che so quello che voglio.
Ami molto comparire nei tuoi film. È una sorta di firma, oppure ti piace davvero recitare?
Ho una confessione da fare: quando studiavo all’università uno dei miei sogni era proprio quello di fare l’attore!
Nel 2005 hai diretto 2001 Maniacs, remake del celebre 2000 Maniacs. Raccontaci com’è nato il progetto.
Ho deciso di girare 2001 Maniacs senza commissioni o influenza alcuna. È un film totalmente indipendente raccontato in pieno rispetto del suo predecessore. È un film diverso, particolare, molto più vicino, per certi versi, alla commedia: lo definirei “splatstick comedy”!
Com’è stato lavorare con Robert Englund, una delle icone horror più amate al cinema?
È stato un onore, decisamente un onore. Conoscevo benissimo Englund già da un po’ di tempo perché ho lavorato come assistente di produzione anche per la New Line Cinema. Quando ho scritto 2001 Maniacs sapevo che lui sarebbe stato adatto a quel ruolo e quando gliel’ho proposto… Lui ha accettato! È un uomo incredibile, Englund. Un vero artista, ma anche un uomo molto
intelligente e con una grandissima cultura in ambito cinematografico.
Che rapporto ha con il cinema horror italiano?
Ci sono praticamente cresciuto! Da piccolino ho visto per la prima volta Black Sabbath di Mario Bava e me ne sono innamorato. Negli anni non ho mai più rivisto in capolavoro di quella portata. A quei tempi quei film mi spaventavano terribilmente, ma confesso che continuano a farlo ancora adesso!
Quand’è che hai deciso: ok, diventerò un regista horror?
Avevo 5 anni. Vidi in tv per la prima volta il Dracula di Tod Browning, interpretato da Bela Lugosi. Me ne innamorai e decisi fin d’allora che sarei diventato un regista horror.
Cosa ne pensi del cinema 3D?
In generale i film in 3D mi fanno venire il mal di testa… E francamente non tollero neppure i germi sugli occhiali che ti danno al cinema! A parte gli scherzi… Credo semplicemente che se un film ha una buona storia non ha bisogno di essere girato in 3D. Per questa ragione è un formato che non amo particolarmente.
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Appassionata, maniacale, artisticamente onnivora, anche se l’horror in ogni sua forma e sostanza è entrato a far parte della sua vita fin dalla più tenera età e oggi cinema e letteratura (horror e non solo) più che una passione, forse, sono diventati una vera e propria ragione di vita.
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