Siamo al punto di non ritorno del mockumentary, un oggetto mutaforma che non è un remake eppure vive di riflesso di almeno altri venti film inseguendo un filo invisibile di dabbenaggine indisponente e prevedibile.
Nel 2007,il governo del New South Wales decise improvvisamente di interrompere un piano che prevedeva di utilizzare l’acqua nei vari tunnel della metropolitana al di sotto della stazione di St James a Sidney. Nel 2008 una giornalista di nome Natasha Warner organizzò una squadra di quattro persone con lo scopo di recarsi in quel luogo ormai abbandonato. Ecco la loro storia.
Ed eccoci all’ennesimo mockumentary. “Ancora?” domanderete voi, “Ancora” rispondero’ io. Per le poche persone non sapessero cos’è un mockumentary faro’ un brevissimo ripasso: trattasi di un film finto amatoriale, girato quindi con telecamere non professionali (o che danno quell’effetto), quello che era in tempi passati Blair witch project e quello che è stato in tempi recentissimi Rec. Pero’ stavolta il mockumentary che affronteremo è un po’ diverso, non perchè dica qualcosa di nuovo, ma perchè è il primo esperimento di film scaricabile via internet senza problemi di trovarvi la polizia o la Swat a casa con i fucili puntati sul vostro bel faccione. Per distribuire gratuitamente The Tunnel, è stata studiata una formula definita The 135k Project: dalla metà del 2010 sono stati “venduti” a 1 dollaro ognuno dei 135.000 frame del film. Gli acquirenti hanno potuto accaparrarsi fino a un secondo di lungometraggio, cioè 25 frame, via PayPal. Si è dunque di fronte a una sorta di progetto partecipativo, in cui chiunque lo desidera può contribuire a coprire le spese necessarie alla realizzazione del film, in cambio del proprio nome che troverà posto tra i sostenitori. Non solo, The tunnel ha visto pure l’interesse della Paramount nella produzione che distribuirà (questa volta a pagamento) nelle varie videoteche il dvd del film per tutti i collezionisti in un’edizione extra lusso con due dischi carichi di extra. Quindi per una volta si puo’ dire che il nemico del cinema, il peer to peer, per una volta è diventato alleato dello stesso. The tunnel, film australiano, purtroppo non risulta riuscitissimo e, al di là dell’interessante iniziativa di divulgazione, risulta sfilacciato inconcludente e poco originale. A fare la parte del leone è soprattutto la claustrofobica location, un gigantesco insieme di tunnel sotto la città di Sidney, dove un gruppo di scalcagnati giornalisti si troverà ad affrontare un sanguinario mostro. Ecco l’ambiente è pauroso, stretto abbastanza da farti sentire l’angoscia per il pericolo imminente, con quella sensazione di polvere anche nell’aria che man mano che si va avanti ti si infila in gola e cominci anche tu a guardarti indietro mentre il primo reporter scompare. Fosse stato solo un film di suggestioni The tunnel avrebbe funzionato perchè, merito anche del ritmo concitato, regala uno o due momenti di reale angoscia… Peccato che il regista Carlo Lesdema non si sia preoccupato altrettanto dello sviluppo della trama perchè anche il piu’ cretino tra gli spettatori saprebbe che se vuoi tenere viva l’attenzione del pubblico oltre ai vari bu e apparizioni terrificanti devi ricordarti di, mai e dico mai, FARE VEDERE I PRIMI MINUTI CHE PROTAGONISTI SONO QUASI TUTTI SOPRAVVISSUTI senno’ uno dice va beh che mi spavento a fare? Cioè, per farvi un esempio, si vede la reporter presa dal mostro, rumori raccapriccianti, oddio che succederà, poi ti batti la mano sulla fronte e dice “Ma no non è morta l’ho visto all’inizio!”. Poi magari uno si sforza pure di trovare una sorpresa finale all’Alta tensione (che non c’è) e dire “Magari no lei sta sognando e si vedrà l’ultimo secondo che li ha fatti tutti fuori lei” ma neanche il piu’ stronzo dei finali ad effetto ci viene regalato, no, amici miei, The tunnel è piattamente prevedibile come lo immaginavate prima di vederlo. Bisogna dire che se il mostro non si vede quasi mai, sfuocatissimo al massimo, gli attori sono tutti molto bravi e in parte, la regia sul pano tecnico fa il suo lavoro, ma vedere già la giornalista vestita come l’Angela Vidal di Rec fa cascare ogni buona premessa. Siamo al punto di non ritorno del mockumentary, un oggetto mutaforma che non è un remake eppure vive di riflesso (voluto o meno) di almeno altri venti film, dai piu’ abominevoli (Catacombs il mondo dei morti) a quelli piu’ riusciti, recenti, meno recenti, inseguendo un filo invisibile di dabbenaggine indisponente dove la prevedibilità la fa da padrona. Operazione meritevole, ma dal basso profilo qualitativo alla fine, con il dubbio leggittimo che un film cosi’, uscendo ufficialmente, non sarebbe stato visto da nessuno. Dite sono cattivo?
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.
Posted On
giu 30, 2011Posted By
Chiara Panisei stato troppo buono