A Nightmare In Las Cruces

Il lavoro di Charlie Minn, a dispetto di titolo e copertina (ingannevoli) è un documentario sugli agghiaccianti avvenimenti del 10 febbraio 1990.

Quel giorno, nella città statunitense di Las Cruces, due individui fecero irruzione in un bowling e aprirono il fuoco… Nonostante il riferimento craveniano, A Nightmare In Las Cruces non ha nulla a che vedere con Elm Street nè con l’horror inteso come genere cinematografico.

Il lavoro di Charlie Minn, a dispetto di titolo e copertina (ingannevoli) è un documentario molto “televisivo” sugli agghiaccianti avvenimenti del 10 febbraio 1990: quel giorno, nella città statunitense di Las Cruces, New Mexico, due individui fecero irruzione in un bowling e aprirono il fuoco sulle sette persone presenti, uccidendone quattro (tre di loro erano bambini) in quella che ebbe il macabro aspetto di una glaciale e disumana esecuzione. Una delle innumerevoli follie americane, ma con l’aggravante della mancanza di un chiaro movente: frettolosamente catalogata come rapina “casuale”, la vicenda è controversa e lascia interrogativi che pesano come macigni: perchè gli assassini fecero irruzione a volto scoperto? E perchè accanirsi su una bambina di due anni, chiaramente incapace di qualsivoglia identificazione dei criminali? Il massacro del Las Cruces Bowl rimane un caso aperto, con i colpevoli mai identificati e dunque tuttora a piede libero. Siamo di fronte ad un puro documentario, composto da numerose interviste ai superstiti, ai parenti delle vittime, agli agenti di polizia coinvolti nelle indagini ed altre persone collegate all’evento (su tutte, l’ambiguo proprietario del bowling Ronald C. Senac), ma anche da reperti audio-video e fotografici della scena del crimine e, in piccola parte, da ricostruzioni “drammatizzate” dei concitati momenti all’interno del bowling. Un giudizio tecnico sul prodotto è insensato, va però sottolineato che la ricerca di Minn è onesta e meritevole nell’intento, inevitabilmente commossa e struggente, a volte – come nel caso della riproposizione delle riprese ai funerali – un po’ ficcanaso. Ma è utile: se la prima parte del documentario offre contributi “emotivi”, la seconda si tuffa sul dossier e scava nelle indagini, ipotizzando moventi alternativi a quello (debole) della rapina. Si chiude con un’esortazione a contattare anonimamente le autorità locali qualora si avessero informazioni utili a identificare i due uomini ispanici autori del massacro. A questo “docufilm” va riconosciuto il merito di raccontare e riproporre fatti di cronaca finiti troppo rapidamente sotto una coltre di polvere. Quella di Las Cruces è una cronaca che scuote la spina dorsale, che terrorizza e purtroppo si fregia di quel “based on true events” tanto caro ai cineasti, con un finale aperto che non dà il là a un sequel ma solo ad inquietudine. Non è cinema.