La pellicola inizia con un buon ritmo e prospettive tutt’altro che disprezzabili, ma dopo un paio di allarmanti avvisaglie non appena si spinge sull’acceleratore la storia si accartoccia su se stessa per non riprendersi più.
Dopo l’ennesima sceneggiatura spietatamente bocciata dal proprio produttore, al giovane regista horror Alessio Rinaldi (Giuseppe Soleri) viene consigliato di rivolgersi allo scrittore di successo Ubaldo Terzani: la collaborazione con l’autore, universalmente riconosciuto come un maestro del brivido, potrebbe aiutare il giovane ad uscire dalla pesante impasse creativa in cui si ritrova e ad andare incontro alle richieste del proprio produttore.
Approfondita non senza crescente angoscia la ricca produzione di Terzani, Alessio si reca a casa dello scrittore per lavorare su una sceneggiatura nuova di zecca: fianco a fianco col maestro, Alessio scoprirà sulla propria pelle la terribile verità intorno all’eccezionale confidenza di Ubaldo con gli angoli più inconfessabili e oscuri dell’animo umano…
E’ difficile individuare le ragioni capaci di spingere un autore la cui giovane età professionale è denunciata, oltre che dalla carta d’identità, da un curriculum vitae cinematografico ancora tutto da costruire a dar vita a un film che, parallelamente a un’anima che si vorrebbe squisitamente horror, manifesta la necessità – o presunzione – di fare cinema horror parlando di cinema horror, delle sue dinamiche e dei sui ingranaggi, fare bilanci ed esprimere giudizi su un’intera scena, secondo un vezzo meta-cinematografico inaspettatamente tornato in voga in questo 2011, complice anche il ritorno di Wes Craven con il quarto capitolo di Scream. Ma se qualcosa ci ha insegnato l’orribile quarto capitolo della saga di Ghostface è che anche per un peso massimo come Craven l’auto-referenzialità nel genere deve fermarsi a essere componente formale, chè quando diventa colonna unica della narrazione regge per un po’, per poi crollare miseramente e con gran fragore. Quello che manca a Ubaldo Terzani Horror Show – tremendo titolo di respiro internazionale che ha sostituito il precedente Nelle Fauci di Ubaldo Terzani – sono proprio una storia, dei personaggi e delle dinamiche che funzionino sganciate da quest’urgenza meta-cinematografica che riempie la sceneggiatura del fantasma sbiadito di Fulci, di personaggiucoli della scena horror tricolore, di mestieranti disillusi e produttori spietati.
Peccato, perché la pellicola inizia con un buon ritmo e discrete prospettive, ma dopo un paio di allarmanti avvisaglie non appena si spinge sull’acceleratore la storia si accartoccia su se stessa per non riprendersi più, affossata da una sceneggiatura pretestuosa e senza reali guizzi, persa nel labirinto di specchi di un atteggiamento spocchiosetto nei confronti dello stesso cinema di genere e delle sue regole, guardato dall’alto di non si capisce quale scranno.
Soprattutto dall’arrivo di Alessio nella dimora torinese di Ubaldo, lo scopo di Albanesi è forse quello di immergere il protagonista in una realtà in costante e straniamento bilico tra reale e allucinatorio nel sempre più stretto e compromettente rapporto simbiotico tra i due, ma il risultato è piuttosto quella di una costruzione della tensione ad minchiam: non c’è crescendo nè una pur apparente normalità da contrapporre ai demoni che sempre più violenti prendono le redini della vita di Alessio, e l’Ubaldo Terzani di Paolo Sassanelli (L’Ispettore Coliandro, Moths), più che un sottile involucro umano ricettacolo delle più infami pulsioni di morte sembra un eccentrico scrittore vagamente stordito capace di esplosioni di immotivata vitalità tra eros e thanatos.
Paradossalmente è proprio in queste grottesche, inattese finestre interpretative che il personaggio di Sassanelli assume un’identità propria, legittima e in fin dei conti efficace, soprattutto se confrontato con le prove delle controparti: se l’Alessio di Giuseppe Soleri (L’Ispettore Coliandro) mantiene tra alti e bassi una complessiva sufficienza interpretativa, Laura Gigante (Albakiara) nei panni di Sara, la ragazza del protagonista, è a livelli di indecenza francamente imbarazzanti. Si salvano gli effetti di Sergio Stivaletti e un paio di scene splatter indubbiamente efficaci anche per tempi e modi, ma manca terribilmente una qualsiasi idea sostanziale di cinema a sorreggere il tutto. Cinema di genere, beninteso, quello stesso cinema di genere così clamorosamente frainteso con l’orrendo Il Bosco Fuori, rispetto al quale Ubaldo Terzani è comunque migliore quanto decisamente meno umile.
About Andrea Avvenengo
E’ nato nel terrore spiando Twin Peaks alla TV. Il tempo ha messo in fila passioni su passioni, raffinando (o imbarbarendo?) i gusti, ma senza mai scalfire la capacità del cinema fantastico di scaraventarmi indietro nel tempo, la mani davanti agli occhi, terrorizzato e fottutamente felice.