Prowl non delude le aspettative, ma anzi riesce a far scemare ogni ragionevole paura di commercializzazione del suo autore.
Amber vuole andare via di casa e cercare un appartamento in città. Parte accompagnata da alcuni amici, ma come da prassi il loro mezzo ha un problema meccanico e sono costretti a chiedere un passaggio. Li raccoglie un furgone che trasporta scatoloni, dai quali fuoriesce qualcosa che assomiglia tanto a sangue…
Triste constatare che l’America con tutti i suoi registi famosi o emergenti debba guardare all’Estero per trovare linfa vitale nella realizzazione di nuovi horror. Dopo avere arruolato registi giapponesi, cinesi, thailandesi, francesi, inglesi e pure tedeschi, (tanto per fare concorrenza alle barzellette), snobbando con la nonchalance di un centravanti la nostra bella Italia di fiction e camera cafè, ora guarda alla Norvegia, patria di alcune tra le più stupefacenti meraviglie del cinema del terrore moderno. L’esordio in terra straniera per Patrik Syversen è comunque dei più esaltanti: questo suo Prowl non delude le aspettative, ma anzi riesce a far scemare ogni ragionevole paura di commercializzazione del suo autore. Il precedente lavoro del regista, Rodvyr, è stato per tutti gli appassionati del genere una piccola sorpresa: ancora si conosceva poco sulle potenzialità di questa nuova cinematografia e, superate le ritrosie di una trama già vista mille volte, la fantasia al potere di intuizioni visive e ribaltamenti di personaggi canonici sono stati il lasciapassare per i futuri film norvegesi.
Quindi portare in America Patrik Syversen è stato come importare un pioniere, l’uomo che ha portato alla ribalta una cinematografia intera agli occhi di un pubblico internazionale. Il suo Prowl riesce a parlate di vampiri senza scadere nel banale raccontando una storia che fa terrorismo sulle premesse iniziali del plot (l’idea di stare assistendo all’ennesimo torture porn) e riuscendo dove molti horror moderni falliscono, a stupire. I vampiri raccontati da Patrik Syversen sono reietti della società, simili a barboni, un po’ come gli analoghi succhiasangue di Katrine Bigelow in Near Dark, gente allo sbando che sboccia solo dopo aver ritrovato un’identità nel sangue, il proprio essere in una società tribale e matriarcale che cannibalizza la nostra cibandosi dei nostri stessi scarti (i senzatetto) in una caccia iniziatica che non può non riportare alla mente quella del classico The Most Dangerous Game (1932). Quello che differenzia Prowl dalla maggior parte degli horror per teenagers è senza dubbio un’attenzione non banale alle psicologie dei personaggi, soprattutto l’ambigo rapporto che lega la protagonista alla sua migliore amica, merito, sia dato atto, anche del novello sceneggiatore Tim Tori, che riesce ad asservire l’anima intimista del suo regista. Prowl, pur dal budget non altissimo, è ricco di sangue, che scorre a fiumi, e riesce ad afferrare alla gola lo spettatore con un ritmo sincopato senza far uso di un montaggio demente alla MTV. Tra gli attori spicca il cammeo di Bruce Payne, volto noto come cattivo negli horror anni 90. Un film sicuramente da consigliare.
About Andrea Lanza
Si fanno molte ipotesi sulla sua genesi, tutte comunque deliranti. Quel che è certo è che ama l’horror e vive di horror, anche se molte volte ad affascinarlo sono le produzioni più becere. “Esteta del miserabile cinematografico” si autodefinisce, ma la realtà è che è sensibile a tette e sangue.